Il cantautore torna finalmente a stupire al Power Hits Estate con una dose di energia
Chi è nato e cresciuto, come me, negli anni ’90 da sempre fatica ad immaginare e vedere in Renato Zero il manifesto dell’eccessività, della stravaganza, di un pop talmente sottile da essere scambiato, se non attentamente messo a fuoco, come futile e poco profondo. E, invece, il Re dei Sorcini è stato, prima di diventare abile comunicatore e profondo poeta della quotidianità, anche un immenso intrattenitore, uno stravagante showman e musicista.
Da anni, però, mancava un ritorno a quel passato glorioso, a quell’immagine priva di veli di Maya che, ahimè, negli ultimi anni sempre più spesso Zero ha imposto a sè stesso, alla propria musica e al proprio pubblico quasi a volersi limitare, a lasciare che siano altri a far la storia ora. E così, con lui, anche celebri manifesti della sua epoca più “farfallona” sono diventati opachi assumendo contorni che, originalmente, non portavano con sè. Persino Triangolo o Mi vendo non riuscivano più a risplendere di quell’energia della fine degli anni ’70 risuonando come poco più che karaoke nostalgici a cui manca sempre qualche strumento nella base midi.
In occasione del Power Hits Estate del 2018, organizzato da RTL 102.5 all’Arena di Verona la scorsa settimana, finalmente Zero è tornato ad essere se stesso, a tirare fuori almeno un pizzico di quella sua genialità originaria ultimamente messa fin troppo in soffitta in favore di un repertorio più misurato, adulto e rispettoso.
In una versione tutta remixata del celebre classico, che proprio quest’anno compie i suoi primi 40 anni di storia, Renato Zero è tornato a ricordare al pubblico chi è stato e chi può ancora essere pur facendo a meno di paillette e lustrini. La speranza è che nel prossimo futuro il grande artista romano torni a ricordarsi, e a ricordare al pubblico, tutte le sue sfaccettature dando ancora prova di lungimiranza e quel pizzico di “pazzia” che anche nelle giornate d’inverno sa sconvolgere l’atmosfera musicale come un raggio di sole fa in una stanza buia e spenta.
Ilario Luisetto
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