La recensione del secondo album di Riki
È stato presentato come un disco più cupo e invernale e, in effetti, ascoltando “Mania“, il secondo capitolo discografico della carriera del giovane Riki, questa volontà appare chiara fin da subito. Gli up-tempo danzerecci ed estivi, totalizzanti del primo fortunato lavoro, sono stati drasticamente ridotti per far spazio a qualche ballata pop caratterizzata, comunque sia, da quei suoni elettronici che mantengono alto il mood sonoro.
Ad aprire e a chiudere ci sono un’intro e un outro che, tra suoni sintetici e voci distorte, costituiscono un buon manifesto del lavoro. Tra i brani più rivoluzionari nel repertorio del giovane milanese ci sono le classiche ballate pop come il primo singolo “Se parlassero di noi” che, dopo strofe misurate vocalmente, si apre in un inciso cantato a tutta voce. La più riuscita tra le ballate è indubbiamente “Aspetterò lo stesso” in cui anche il testo risulta più attento e la voce trova finalmente la volontà di non esagerare mantenendosi morbida e misurata. Stesso tema adottato anche da “Tremo“, in cui il testo assume i contorni di un dialogo incentrato sulla auto-analisi ma la voce risulta quanto mai debole nell’escalation vocale incontrollata e a tratti stridente, e da “Rumore di fondo” cantata su di una base poco invadente che, pur se elettronica, rende il brano il più intimo dell’album.
Tutto il resto dell’album estremizza le sonorità elettroniche rendendole “ossessive” a partire da “Frena” dove la voce si dota della distorsione dell’auto-tune lasciando all’arrangiamento, e non alla voce, il compito di donare dinamica al pezzo che, di conseguenza, risulta diverso dai soliti brani dove Riki nell’inciso è solito esasperare l’uso della vocalità salendo di tonalità. “In equilibrio” si candida, d’altra parte, alla rotazione radiofonica estiva con quel suo martellante ritornello che, più di ogni altro, richiama il precedente progetto.
La conclusione dell’album è riservata tutto ad up-tempo dotate di un ampio uso di elettronica e di una vocalità che ricerca continuamente il ritornello cantato a squarciagola come avviene in “Il tempo intorno” e in “Credi in te” dove, talvolta, la ricerca d’estensione cozza con la volontà di donare ai brani un mood intimo e delicato. “Dentro la notte” e “Vendicativa” adottano un mix tra l’energico up-tempo e il mondo delle ballate tenendo i piedi in entrambe le scarpe non scegliendo un autonomo mondo.
Quello di Riki è un album che ha il pregio di cercare un’evoluzione rispetto al primo fortunato episodio che, senza ombra di dubbio, sarebbe stato più semplice replicare. Il difetto, però, sta nel fatto che questa evoluzione non risulta su di Riki allo stesso modo della precedente dimensione sonora: le ballate serie che parlano d’amori difficili non danno al giovane Marcuzzo la stessa credibilità che davano le feste in discoteca o le polaroid; i ritornelli melodici che cercano l’effetto strappalacrime non sono potenti quanto quelli martellanti di “Perdo le parole” o “Diverso” e le scelte di arrangiamento di certo non aiutano a completare questa transizione al pop tradizionale mantenendo un ampio uso dell’elettronica che indubbiamente meglio si adatta ad una spensieratezza tematica che questo album, volutamente, non intende affrontare. Mania, in sostanza, è un album dall’intento chiaro e lodevole ma, contemporaneamente, anche un album fin troppo debole rispetto a quella credibilità che i brani del primo album avevano saputo dare a Riki confinandolo nella sua dimensione ideale.
Migliori tracce: Aspetterò lo stesso – Se parlassero di noi
Voto complessivo: 6/10
Video-recensione:
Ilario Luisetto
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