Recensione del nuovo ed atteso album dei due rapper milanesi
Che tra i due ci fosse un’alchimia speciale non era di certo una novità, le reciproche parole al miele spese negli anni ne sono semplicemente una conferma: Emis Killa e Jake La Furia (qui la nostra recente intervista) sono due artisti uniti da idee simili ma non solo, sono anche due “pesi massimi” della scena rap italiana, due che si sono fatti strada accumulando rime e sudore, due che hanno saputo capire i tempi, abbracciando il successo e alle volte cedendo alle richieste del mercato.
Per tutti questi motivi, oltre che per il talento dei due interpreti, le premesse erano ottime e 17, nuovo disco disponibile ovunque da venerdì 18 settembre per Sony Music Italy, pareva come un luccichio di speranza nel buio attuale della musica italiana, fatto di progetti copia e incolla destinati a durare il tempo di una stagione. Ecco, sembra brutto da dire, ma nel 2020 si ha la sensazione che nessun artista abbia più la volontà di creare qualcosa che vada oltre ai primati e alle certificazioni, specialmente nel mondo rap, dove i progetti vengono incartati e scartati in tempi ormai record. Proprio al netto della sovrapproduzione o superproduzione di questi anni nel mondo rap, il punto è che da due artisti del calibro di Killa e Jake era lecito aspettarsi qualcosa di grosso, qualcosa che mirasse di più al solito “primo posto, disco di platino… ecc ecc… missione compiuta”.
La sensazione più netta è che i due artisti all’interno di questo album abbiano abbracciato una filosofia per certi aspetti integralista, dove il sottotitolo potrebbe benissimo essere: “questo è il rap che piace a noi e che sappiamo fare… non ti piace? Pace…”. 17 è un album che parla di tante cose e lo fa con spunti di riflessione differenti, c’è la strada e la rivalsa, ci sono gli esempi buoni e da seguire ma ci sono anche e soprattutto tutti gli altri, quelli “cattivi”. Dalla vita malsana accennata nel primo singolo Malandrino, passando per l’introspezione di pezzi come Medaglia o La mia prigione, Emis e Jake si dimostrano artisti totali, capaci di scavare a fondo nelle emozioni ma anche di divertirsi. Se Broken Language, prima traccia del progetto, arriva dritta in faccia come un pugno, sono anche pezzi come Renè e Francis o Toro Loco a dare spazio alla parte “leggera” dei due.
Ci sono anche tanti ospiti di assoluto livello: Lazza, che si diverte e si dimostra uno dei rapper più in forma del periodo comparendo addirittura in due tracce, Fibra e Salmo nella violenta Sparami, Tedua e la sua personalissima poetica in Cowboy e soprattutto Massimo Pericolo nel brano L’ultima volta che forse meglio di tutti gli altri ingloba al suo interno le abilità dei suoi interpreti, dimostrando il loro talento nel narrare con assoluta sincerità una storia dal sapore malinconico.
Si lasciano spazio tra loro, ma si completano anche a vicenda dimostrando di conoscere al meglio i propri punti di forza e quelli dell’altro, il tutto appoggiandosi ad un tappeto sonoro capace di arricchire in maniera saggia ed intelligente tutto il lavoro, senza snaturare e soprattutto senza trasformare i due artisti in qualcosa che non sono e non vogliono essere per piacere a tutti costi al pubblico capriccioso di oggi. Finito di ascoltare 17 la sensazione è quella di aver ascoltato un disco fuori dal tempo, in cui due grandi artisti hanno saputo raccontarsi alternando sana spocchia ad introspezione, dimostrando che alla fine questo tipo di linguaggio non è (ancora) morto. Almeno finché viene proposto così.
Migliori tracce: L’ultima volta, Quello che non ho
Voto complessivo: 7.9/10
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