9ova: “La musica mi ha insegnato a stare al mondo” – INTERVISTA

A tu per tu con 9ova per parlare del suo Ep d’esordio intitolato “L’estremità del cerchio”. Ecco la nostra intervista alla giovane artista di Varese
Partire dalla provincia ma sognare di fuggire e trovare il proprio posto nel mondo: questo è 9ova e parte del suo percorso è contenuto nel suo primo Ep intitolato “L’estremità del cerchio”, fuori dal 14 marzo per No Face / Warner Music Italy. Otto le canzoni che compongono la tracklist del progetto, tra cui spiccano le collaborazioni con Tormento e Quentin40.
Si tratta di un viaggio autentico: ogni barra rappresenta un frammento di vita, un’istantanea di pensieri ed emozioni che parlano a chi sa ascoltare. Un progetto completo, che spazia da brani più rap, che riportano alle origini di 9ova, a pezzi più sperimentali. Ecco cosa ci ha raccontato.
Quattro chiacchiere con 9ova, l’intervista
Quali riflessioni e quali elementi hai voluto inserire in questo tuo primo Ep che rappresenta il tuo biglietto da visita discografico?
«In “L’estremità del cerchio” ho voluto inserire gli elementi principali della provincia, impersonando il lago, le vallate e la vita di cortile quando ce n’era bisogno, per far sentir ancora più mio il racconto. Volevo restituire delle immagini realistiche che tutti potessero vedere e fare proprie, questo penso che racchiuda anche un po’ il mio biglietto da visita».
“L’estremità del cerchio” è molto evocativo, a cosa si deve la scelta di questo titolo?
«Essere emarginati, all’estremità, fuori dal focus di tutti i giorni: mi sembrava perfetto, è il racconto di ciò che non sta nel cerchio, da qui: “L’estremità del cerchio”».
Ogni traccia del tuo Ep racconta un frammento di vita e un’emozione diversa. C’è un filo conduttore che le lega tra loro?
«Il filo conduttore è proprio il mio vissuto, sono tutte storie vere, questo è l’elemento che le fa suonare compatte. Queste storie hanno lo stesso impasto e lo stesso intento, il beat accompagna e segue di conseguenza».
Come sono nate le collaborazioni con Tormento e con Quentin40 e cosa ti hanno lasciato questi incontri?
«Le collaborazioni con loro sono nate in modo molto naturale, la ricerca di due artisti che potessero fare loro il mio racconto non era facile, doveva per forza nascere tutto in questo modo. Torme ha preso proprio sotto la sua ala il progetto, mi ha dato alcuni consigli e diverse “chicche” e lo ha fatto suo. Con Vitto (Quentin) invece ho tirato fuori il mio brano preferito dell’EP, lui lo ha reso gigante, da lì è nata una grande amicizia».
Hai dichiarato che la tua musica è un mix tra rap e sonorità sperimentali, che tipo di lavoro c’è stato dietro la ricerca del sound?
«Non amo catalogare la mia musica: per un racconto, il rap è il linguaggio che mi aiuta più a fare mie le cose, ma non penso alle sonorità quando ho un qualcosa da dire. Il suono segue di conseguenza ciò che voglio esprimere, più che sperimentale direi che a volte abbiamo pensieri folli, e magari arrivano così per caso».
Quali skills pensi di aver acquisito durante la lavorazione de “L’estremità del cerchio”?
«Ho scritto veramente tanto nell’ultimo periodo, chiudevo quattro brani a settimana, cerco di migliorarmi giorno dopo giorno e l’EP mi ha dato chiarezza e consapevolezza di ciò che abbiamo sempre visto e vissuto. Torme dice che le persone come noi hanno un lungo lavoro da fare su se stessi, e questo ep mi ha dato modo di studiare me stesso e migliorare le mie skills nella scrittura».
Per concludere, qual è l’insegnamento più importante che pensi di aver acquisito fino ad oggi dalla musica?
«La musica mi ha insegnato a stare al mondo, mi ha mostrato il giusto e lo sbagliato, l’esagerazione e la solitudine. Mi insegna tutt’oggi, e credo che il valore più grande che mi abbia trasmesso è la determinazione, solo così se ne può uscire».