Il racconto a posteriori del Festival di Sanremo 2023
“Dare a Cesare, quello che è di Cesare … e Cesare si è preso tutto”! Potremmo sintetizzare così il 73° Festival di Sanremo, con Marco Mengoni trionfatore, anzi imperatore della kermesse sia nella serata duetti sia nella finale. I “no” della platea mentre Amadeus scala la classifica, di nome in nome, diventa l’ovazione e il consenso unanime per il primo posto praticamente indiscusso, ma comunque discutibile, forse per essere stato troppo preannunciato.
Bravo e bello lui e “giusta” la canzone “Due vite”, a tema d’amore con le sue relative complicazioni: una su tutte l’insonnia. “E tu non dormi E dove sarai? Dove vai quando la vita poi esagera Tutte le corse, gli schiaffi, gli sbagli che fai Quando qualcosa ti agita Tanto lo so che tu non dormi, dormi, dormi, dormi, dormi mai Che giri fanno due vite”. L’insonnia ha accompagnato le nostre recenti cinque notti, per amore di uno spettacolo che abbiamo nel cuore, perché lo sentiamo “di famiglia” e che poteva essere anche più snello, al netto di siparietti, baci fluidi “rubati” e rivelazioni di remota piccantezza, di cui poco ci importa se improvvisati o pensati, in un contesto, che come ogni medaglia, ha avuto anche altri risvolti, aprendoci a finestre di riflessione sociale e di memoria storica.
Per oggi concediamoci di giocare ancora con la classifica finale; con le previsioni su come cambieranno tra un mese grazie alle vendite; con i dubbi e le millantazioni sul televoto. Tutto questo è Sanremo: appuntamento imperdibile per il costume popolare italiano, che tanti passi ha fatto in termini di apertura ed educazione al complesso e al plurale delle identità, ma che si mostra non del tutto pronto a una reale accettazione. Fino a quando il diverso dovrà mostrarsi diverso e, magari eccessivo, per rompere il pregiudizio o lo schema dei “normali”, anche Sanremo sarà un contenitore di esibizionismi, perfino un po’ forzati, perché poi “fanno notizia” e fanno lievitare gli ascolti.
Invece, quello che resta davvero sono le canzoni, ad intrattenere, a farci ballare, a essere sprone per guardarci dentro, dandoci un punto di vista nuovo, magari impensato, per metterci in contatto rigenerato con il mondo fuori da noi. E finché avremo bisogno di cantare la vita, avremo bisogno anche di un festival come quello su cui è appena calato il sipario. Siamo già pronti per la prossima edizione? Tempo al tempo, perché ora dobbiamo prenderci cura delle canzoni appena nate e sostenere Marco Mengoni all’Eurovision Song Contest.
Francesco Penta
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