sabato 23 Novembre 2024

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Sanremo 2023 – La ripetizione nelle canzoni, un nuovo modo di scrivere?

La consuetudine di ripetere le parole nelle canzoni

Chiedersi se di una canzone nasce prima il testo o la melodia è come voler sapere se “è nato prima l’uovo o la gallina”. Chi scrive le canzoni deve fare in modo che musica e parole, meglio dire note e sillabe, combacino perfettamente, perciò può partire sia dal testo sia dalla melodia. In diverse canzoni dell’ultimo Festival di Sanremo, abbiamo osservato la ripetizione di una o più parole nel testo come figura retorica ricorrente.

La composizione testuale ha già conosciuto dei cambiamenti in anni recenti, soprattutto nelle penne di nuova generazione, caratterizzandosi per l’utilizzo di un maggior numero di parole nei versi, come nei pezzi scritti da Mahmood, o per un uso innovativo delle parole e delle metrica, come nel caso di Madame, che introduce nel testo parole spezzate, accenti spostati, prestiti dialettali e neologismi. Su canzoni scritte da loro si sono cimentate artiste del calibro di Elisa (Rubini), Giorgia (Normale), Noemi (Ti amo non lo so dire), non senza qualche esitazione dal vivo o scivolone ritmico nelle esibizioni dal vivo.

Per la settantatreesima kermesse sanremese, invece, è stato evidente il ricorso all’anafora e all’epifora: due figure retoriche analoghe, che consistono nella ripetizione di una parola o di una espressione o di una proposizione principale, all’inizio del verso, nel caso dell’anafora; alla fine di frase o dei versi successivi, nel caso dell’epifora. L’obiettivo per queste due figure retoriche è quello di enfatizzare il messaggio o di rinforzare un concetto. Alla ripetizione delle parole corrisponde anche quella musicale, che contribuisce a dare al pezzo intensità e colore.

Così, Marco Mengoni canta “dove vai Quando la vita poi esagera Tutte le corse gli schiaffi gli sbagli che fai Quando qualcosa ti agita Tanto lo so che tu non dormi dormi dormi dormi dormi mai Che giri fanno due vite” (Due vite). Ancora Madame “ti ho rivisto dopo Tanto tanto tanto tanto tempo E come previsto tu eri Tanto tanto tanto tanto bello come un tempo Hai cominciato a parlare Mi aspettavo un «mi mancavi» Invece hai parlato Tanto tanto tanto tanto Tanto amore quello che ti ho dato (…) Dopo tanto tanto tanto tanto tempo Era tanto tanto tanto tanto tempo Dopo tanto tanto tanto tanto tempo Era tanto… (…) Perché di tutto quello che ti ho dato Potevi tenerti tanto tanto tanto Di quel bene nel male Di bene nel male Bebe di bene nel male Di bene nel male Un po’ di bene nel male Di bene nel male Da chi ti è dato non è importante È sempre del bene, nel male Amore” (Il bene nel male).

I “perché” di Levante ci trasmettono tutta l’inquietudine psichica e le emozioni contrastanti di una persona depressa, “o sorrido o piango Non so fare altro (…)Vivo come viene Vivo il male, vivo il bene Vivo come piace a me Vivo per chi resta e chi scompare Vivo il digitale Vivo l’uomo e l’animale Vivo l’attimo che c’è Vivo per la mia liberazione Vivo un sogno erotico (…) Addio A tutti i “dovrei” A tutti i “se poi” A tutti i miei “perché? Perché? Perché? Perché? Perché? Perché? Perché?Perché? Perché?” (Vivo).

Ripetere, per Anna Oxa, è incoraggiamento e certezza di una vita nuova per quella “arca dell’umanità andata a fondo Cuori puri mangiati dall’avidità”; perciò, “sali e poi un’altra vita tu Vivrai, Vivrai, Vivrai, Vivrai, Vivrai, Vivrai, Vivrai, Vivrai, Vivrai” (Sali (Canto dell’anima)). In fondo, tutto dipende da come viviamo il mondo che troppe volte ci fa stare male, e i Colla Zio lo sanno che “non voglio stare male Cos’hanno più di me? Non voglio stare male, male, male Non voglio stare male Cos’hanno più di me? Non voglio stare male, male, male Non voglio stare male Cos’hanno più di me? Non voglio stare male, male, male” (Non mi va).

La ripetizione diventa come l’azione di un artigiano che crea pezzi senza calchi o stampini, ma con l’ingegno, il cuore e le mani: un minuzioso lavoro di sapienza e cura per un prodotto unico e inimitabile. Abbiamo la stessa sensazione, ascoltando le canzoni festivaliere? A ben pensare, la risposta non è così scontata, anzi potrebbe spiazzarci.

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Francesco Penta

Appassionato della parola in tutte le sue forme; prediligo, in particolar modo, la poesia a schema metrico libero. Strizzo l'occhio all'ironico, all'onirico e al bizzarro. Insieme alla musica sia la parola. Dopo la musica si ascolti il silenzio; da questo "vuoto sonoro" nasca un nuovo concerto.