Viaggio nella storia e nell’evoluzione dell’hip hop italiano, tra derive, evoluzioni e sottogeneri. A cura di Mattia Cantarutti
Nato nei ghetti d’America come espressione di ribellione e rivalsa sociale, l’hip hop ha attraversato l’oceano per piantare le sue radici anche in Italia. Quello che inizialmente era visto come un fenomeno d’importazione, con il tempo è stato assorbito e trasformato, diventando qualcosa di profondamente nostro. Club Dogo
Dalle rime grezze dei pionieri fino alla conquista delle classifiche, il rap italiano ha saputo imporsi come una nuova forma di cantautorato contemporaneo, capace di raccontare le sfide e i sogni di un’intera generazione. In questa rubrica, Mattia Cantarutti ci guiderà attraverso la storia e l’evoluzione di un genere che, da sottocultura, è diventato parte integrante della nostra identità musicale.
Rap Italy, la rinascita del genere e l’ascesa dei Club Dogo
La rubrica Rap Italy, dopo la parentesi rap-pop dei Gemelli DiVersi, riprende il discorso sulla rinascita del rap italiano. Eravamo rimasti all’ascesa di Fabri Fibra e dei Club Dogo. E proprio dal cane a tre teste vogliamo continuare il discorso.
Come spiegato precedentemente, il gruppo nasce come evoluzione del progetto Sacre Scuole, a cui si aggiunge definitivamente il dj Don Joe, precedentemente facente parte del progetto The Italian Job con altri due producer molto noti per chi ascolta la band milanese e il rap italiano in generale, Shablo (il cui percorso artistico e manageriale meriterà un approfondimento a parte) e la leggenda dell’hip-hop Dj Shocca.
Dalle prime rime nello stesso studio condiviso con Danti dei Two Fingerz, i Club Dogo realizzarono tutto il percorso già narrato due approfondimenti fa.
Dall’inizio culto con “Mi Fist” per poi passare agli altrettanti classici “Penna Capitale”, uscito nel 2006, arriveranno “Vile Denaro” del 2007 con uno dei brani più importanti del rap italiano, “Puro Bogotà”, “Dogocrazia” (2009), “Che bello essere noi” (2010), “Noi siamo il club” del 2012, trascinata dalla hit nazionalpopolare “P.E.S.” con Giuliano Palma, ed infine il disco dal nome alquanto provocatorio, “Non siamo più quelli di Mi Fist”.
Dopo circa dieci anni di pausa, nel 2024 la band tornerà con l’album “Club Dogo” e un tour sold out di dieci date al Forum di Milano e una data allo stadio San Siro.
Ciò che rese speciali i Club Dogo non fu solo l’immenso talento da parte di Jake La Furia, Guè Pequeno e Don Joe, ma anche un nuovo approccio al genere che portò un nuovo lifestyle e un nuovo modo di fare rap.
Sebbene in alcuni brani parlassero di tematiche sociali, estremamente comuni e canoniche nel rap di quegli anni, i Club Dogo si distaccarono in parte dalla scena del periodo. I loro testi affrontavano aspetti differenti della vita e raccontavano storie personali con un linguaggio diverso da quello dei colleghi. Il loro gangsta-rap, l’uso di argomenti populisti e la caratterizzazione di Milano, mai descritta in quel modo prima, contribuirono enormemente a rendere la città lombarda la capitale del rap italiano.
Di brani meritevoli di nota da parte dei Club Dogo ne troviamo una miriade, se però abbiamo citato “Puro Bogotà” è per un semplice motivo, la Dogo Gang.
La crew, fondata nel 2005, includeva, oltre ai Club Dogo, i seguenti artisti: Marracash, Vincenzo da Via Anfossi, Emi Lo Zio, Ted Bee, Deleterio e Dj Harsh (che con Guè realizzerà l’iconica saga mixtape dei “Fastlife”). L’album ufficiale del collettivo sarà nel 2008 con “Benvenuti nella giungla”. La crew creerà un immaginario molto potente per i ragazzini di allora e che ancora oggi gode di un certo rispetto e influenza.
Il brano citato del 2007 ha come protagonisti i Club Dogo, Vincenzo da Via Anfossi e Marracash e sarà uno dei pezzi simbolo del collettivo, venendo addirittura omaggiato nel 2020 da Ernia in “Puro Sinaloa” nel suo album “Gemelli”. L’omaggio conterà la collaborazione di Tedua, Rkomi e Lazza e darà un ennesimo slancio all’originale.
Impossibile quindi non soffermarsi su colui che il prossimo anno farà il suo primo tour negli stadi, il king del rap italiano, Marracash. Il rapper della Barona dopo anni di amicizia con Guè e Jake esordì nel mixtape del 2004 “PMC vs Club Dogo- The Official Mixtape”. Seguirono varie collaborazioni con tutti i membri del collettivo e proprio con loro realizzerà nel 2005 il mixtape Roccia Music I (il sequel arriverà nel 2011, come progetto della sua etichetta Roccia Music).
Abbiamo quindi nel 2008 il suo esordio ufficiale, l’album Universal “Marracash”. Anche in questo caso sostanzialmente i pezzi da citare sarebbero tutte le tracce del disco, è oggettivamente indispensabile però fare riferimento alla gloriosa hit “Badabum ChaCha” e l’epico video con gli elefanti in Barona, il videoclip, realizzato in pellicola, già da solo basterebbe a proiettare Marracash nell’olimpo del genere italiano, come sappiamo però la sua strada sarà ancora molto lunga e proficua. Sempre all’interno del primo disco, è d’obbligo di citazione alla profonda “Ci bastavano le briciole”, uno dei primi capolavori del rapper.
Il proseguimento della carriera di Marracash vedrà conseguentemente gli album “Fino a qui tutto bene” nel 2010 e “King del rap” nel 2011 (citiamo “Marrageddon” con un giovane Salmo, nome che verrà usato poi per un enorme progetto live nel 2023).
Arriverà poi nel 2015 il sottovalutatissimo “Status”, variegatissimo e profondo album con al suo interno pezzi molto diversi tra loro ma tutti estremamente efficaci. Dalla hit “Nella macchina” in compagnia di Neffa, l’underground “Don” con un primordiale Achille Lauro, l’attualissima “Sindrome da social network” e la toccante e pop “In radio”.
La deluxe dell’album, “Vendetta edition” avrà tra le aggiunte “Niente canzoni d’amore” in feat con l’autrice multiplatino Federica Abbate e il remix con Luchè (già presente nella prima parte del disco) di “XDVR”, brano con due artisti all’epoca agli inizi come Sfera Ebbasta e Charlie Charles. Ma questa è decisamente un’altra storia….
Il percorso di Marracash proseguirà con il successo nazionale del joint album in coppia con l’amico e solidale Guè in “Santeria” e i definitivi “Persona” e “Noi, loro, gli altri”. Di questi tre progetti però riprenderemo il discorso nei prossimi appuntamenti della rubrica, essendo lavori troppo importanti cronologicamente per essere inseriti in questa fase della rubrica.
Ci rivediamo quindi settimana prossima per parlare di un periodo poco successivo alla rinascita del rap condotta dai giganti Fabri Fibra, Club Dogo e Marracash, l’esplosione mainstream di Fedez ed Emis Killa. Ma questa è un’altra storia…
Mattia Cantarutti
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