L’incontro con la giovanissima cantautrice piemontese, tra i protagonisti dell’ultima edizione di Musicultura
A partire dal 12 gennaio è in rotazione radiofonica il nuovo singolo di Francesca Sarasso, intitolato “Leggimi la mano”, che arriva a distanza di pochi mesi dal precedente successo di “Non c’incontriamo mai”, brano in concorso a Musicultura 2017, uno dei Festival musicali più interessanti del nostro Paese. Dopo essersi aggiudicata il Premio della Critica e il Premio per la Miglior Musica, l’artista torna con una canzone ispirata e fortemente influenzata dall’incertezza che preoccupa i giovani d’oggi, il tutto rivisitato in chiave positiva, con quel tocco di cinismo che non guasta.
Ciao Francesca, nel tuo nuovo singolo “Leggimi la mano” affronti la paura del domani con ironia e leggerezza. Com’è nata l’intuizione del testo?
«Avevo nel cassetto da un po’ di tempo un arrangiamento di Giulio Nenna che mi piaceva particolarmente, per il testo ero alla ricerca della giusta ispirazione per esprimere con leggerezza e al meglio la mia attuale incertezza. L’ho scritto dopo l’incontro con una donna che, da assoluta profana del mondo esoterico, potrei definire molto semplicisticamente come ‘dotata di una sensibilità particolare’. Ricordo perfettamente il momento in cui le ho chiesto di leggermi la mano, ero combattuta tra la voglia e la curiosità di ottenere risposte e la paura del loro contenuto. Così ho scritto questo pezzo che mi è servito per esorcizzare le mie paure, al punto da arrivare alla conclusione che la vita merita di essere vissuta senza sapere cosa ci accadrà domani. Non a caso, a quella donna, pur avendola reincontrata con piacere, non ho più chiesto nulla del mio futuro».
Secondo te, la voglia che ha ogni essere umano nel ricevere spoiler del proprio futuro, è semplice curiosità oppure più desiderio di cambiare in qualche modo le carte in tavola a proprio favore?
«Assolutamente per cambiare le carte in tavola, questo vale anche per me ovviamente. Se mi fossi fatta leggere la mano avrei sicuramente fatto di tutto per cambiare le notizie non gradite, penso sia normale e naturale. Il mio intento era quello di sentirmi dire quello che volevo (ride, ndr), per paura che così non fosse ho fatto un passo indietro».
Nell’ironico videoclip, diretto da Mario Silvestrone e Valerio Di Filippo, sei assoluta protagonista in una sorta di film incentrato sui versi della canzone. Un modo di raccontare anche con le immagini il senso del brano?
«Si, certo. Sono molto contenta di questo videoclip, volevo che supportasse la canzone con una vena ironica ma, al tempo stesso, che ne raccontasse in maniera chiara e nitida il significato più profondo. Se la canzone ha un tocco cinico e scettico sull’argomento, con il video ho voluto sdrammatizzarne ancora di più il senso».
Facciamo un salto indietro nel tempo, quando e come è nata la tua passione per la musica?
«Da bambina, grazie a mio padre, grandissimo appassionato di musica che mi ha avvicinato allo studio del pianoforte per poi, verso i sedici anni, cominciare anche con il canto, perché desideravo sentirmi più completa».
Come mai proprio il pianoforte e non un altro strumento?
«Dal mio punto di vista il pianoforte è lo strumento più completo, perché ti dà a disposizione un tappeto di suoni infiniti, il tutto con estrema eleganza e, soprattutto, non passa mai di moda, perché è presente nelle nostre vite da secoli, dai salotti degli aristocratici ai peggiori saloon di quart’ordine. Il pianoforte è uno strumento per tutti, saperlo suonare è un privilegio, oltre che una grande fortuna perché ti dà molto».
Quali artisti o generi musicali hanno ispirato e accompagnato la tua crescita?
«Sicuramente il pop, una parola che al giorno d’oggi vuol dire tutto e vuol dire niente, perché è totalmente contaminato da altre correnti musicali. Tra tutti cito Cesare Cremonini, in assoluto l’artista a cui guardo con maggiore ammirazione, per ciò che scrive e per l’incredibile evoluzione che ha avuto. A livello internazionale, senza ombra di dubbio, i Coldplay. Io mi definisco un’ascoltatrice onnivora, cerco sempre di carpire il più possibile da ogni tipo di musica, ci sono davvero tanti generi nel mio iPod, ma la costante verte sempre sul pop».
Arriviamo alla tua partecipazione a Musicultura 2017 con “Non c’incontriamo mai”, dove ti sei aggiudicata il Premio della Critica e il Premio per la Miglior Musica. Due bei riconoscimenti, in qualche modo diversi tra loro?
«Si, due bellissimi riconoscimenti di cui vado fiera, il Premio della Critica lo sento tanto mio perché riguarda principalmente la struttura del brano, la costruzione melodica e armonica che è avvenuta in solitudine, mentre il Premio per la Miglior Musica mi ha altrettanto gratificato perché rappresenta il nostro lavoro di squadra, un riconoscimento che è andato a certificare il sodalizio artistico con il mio team di collaboratori».
Una rassegna di cui non si parla mai abbastanza, come descriveresti personalmente questa esperienza?
«Incredibile, perché le persone che ci lavorano ti trattano come un artista affermato, non ci sono differenziazioni di alcun tipo, c’è un grande rispetto per ogni singola persona e per l’arte che rappresenta. E’ stato un percorso graduale che mi ha portato ad esibirmi nella serata finale davanti a 3.000 persone, io tutta quella gente insieme non l’avevo mai vista, più le telecamere e il pubblico da casa… diciamo che un po’ di ansia sicuramente l’ho avuta».
Il rapporto con i tuoi compagni di viaggio? C’è qualcuno con cui hai stretto particolare sintonia?
«Con alcuni si, con altri non c’è stato modo. I legami veri si sono creati sul finale dell’intera esperienza, ho avuto il piacere di conoscere e di scambiare molte chiacchiere con Bob Messini, che ormai è diventato un amico perché ci sentiamo un giorno si e l’altro pure, ma anche Francesco Papageorgiou, che per me aveva un brano bellissimo. Sono grata a Musicultura e alla vita per questi incontri umanamente e professionalmente importanti».
Insieme a te c’era anche Mirkoeilcane, che ritroveremo presto sul palco dell’Ariston con un brano di forte peso. Cosa pensi della sua canzone, la trovi adatta per un palco più nazional-popolare come Sanremo?
«Si, la trovo assolutamente adatta. Nei brani di Mirko c’è sempre lo stesso filo conduttore che è quello di dipingere la società in cui viviamo, in maniera assolutamente credibile e coerente. E’ un brano che sicuramente verrà ascoltato molto attentamente dal pubblico sanremese, notoriamente abbastanza maturo, quindi credo l’abbia presentato nel giusto contesto».
Tornando alla tua musica, “Leggimi la mano” anticipa l’uscita del tuo nuovo progetto discografico, attualmente in lavorazione. Cosa puoi anticiparci a riguardo?
«Tutti i brani che saranno presenti nel disco raccontano qualcosa di me, nella maniera più vera possibile. Non è per egocentrismo, ma credo che oggigiorno la spontaneità sia il modo migliore per farsi conoscere e distinguersi nel mercato discografico».
Alla luce di tutto quello che ci siamo detti, per concludere, quale messaggio vorresti trasmettere al pubblico, oggi, attraverso la tua musica?
«Vorrei dare un messaggio positivo, soprattutto nei confronti dei giovani che, come me, hanno poche certezze nella vita. Mi sono imposta di raccontare la realtà che stiamo vivendo in maniera leggera e senza alcuna pretenziosità, mi viene in mente la ‘la leggerezza della pensosità’ di Calvino, quel saper affrontare la vita e il nostro domani nella maniera più autoironica possibile, per cercare di non piangersi troppo addosso. Io sono totalmente innamorata della vita e, proprio per questa ragione, preferisco assaporarmela giorno dopo giorno senza alcun tipo di anticipazione».
Nico Donvito
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