Un secolo di voci, musica e storie che hanno fatto grande la radio, tra passato e attualità, davanti e dietro il microfono. A cura di Pio Russo
Benvenuti a “Century Radio”, la rubrica dedicata ai cento anni della radio. In questo spazio esploreremo l’affascinante mondo della radiofonia, non solo attraverso ciò che ascoltiamo, ma anche svelando cosa accade quando i microfoni si spengono. Federico l’Olandese Volante
Pio Russo racconta l’evoluzione e l’involuzione di un mezzo che ha segnato intere generazioni, portando musica, voci e storie nelle case di tutto il mondo. Dal fascino delle prime trasmissioni fino all’era del digitale, in un viaggio tra passato, presente e futuro della radiofonia.
Century Radio, intervista a Federico l’Olandese Volante
La nostra chiacchierata con Federico l’Olandese Volante, un veterano della radio italiana con una carriera iniziata negli anni ’70, discute la sua decisione di ritirarsi dalle trasmissioni radiofoniche tradizionali per dedicarsi ai podcast.
Spiega il suo disagio con la radio moderna, dominata dalla pubblicità e da generi musicali che non gli appartengono, pur apprezzando alcuni artisti contemporanei. Descrive la sua esperienza con la radiovisione e le innovazioni tecnologiche nel settore radiofonico, attribuendo a Lorenzo Suraci l’invenzione della radiovisione e della frequenza unica italiana.
Infine, ripercorre la sua carriera, i suoi libri (tra cui un giallo ambientato a Sanremo di prossima uscita), e offre consigli ai giovani aspiranti radio speaker, sottolineando l’importanza della preparazione e della serietà professionale.
Ciao Federico e benvenuto sulle frequenze di Century Radio. Grazie per aver accettato il nostro invito.
«Ciao ragazzi, a tutti quelli che sono su Century Radio, è un piacere essere con voi e magari illustrarvi qualche piccolo pezzettino del meraviglioso mondo della radio».
Partiamo però dalla fine. Hai detto nell’ultima tua diretta che avresti appeso le cuffie al chiodo. Ti posso chiedere quando è nata questa decisione? Quando l’hai maturata?
«L’ho maturata l’anno scorso perché ero arrivato ai 50 anni. Io, come ben sai, ho iniziato nel 73 a Radio Montecarlo, ancora prima dell’avvento delle radio libere e niente, sono un po’ stufo di fare i programmi, anche perché secondo me la radio è cambiata molto e non mi trovo più tanto bene in questo tipo di radio, la solita radio di fatta di pubblicità e di dischi che non fanno parte del mio mondo. Con questo non critico la musica di adesso, dei rapper, dei trapper e di tutti gli altri, anzi sono un grosso ammiratore di Geolier, anche di Marracash, ma per me molti potrebbero stare anche a casa, perciò in mezzo a questo contesto io ho deciso di andare a fare i podcast, cioè di sfruttare tutta la mia memoria storica di musica, di interviste che ho fatto nella mia vita e di programmi che ho fatto nella mia vita, di esperienza di radio, 50 anni e di metterli in una serie di podcast che poi andranno in onda su diverse radio italiane, tra cui RTL e poi probabilmente anche altri altri nomi, ma siccome non ho ancora firmato i contratti, preferisco non dire i nomi».
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A proposito del cambiamento della radio, C’è una cosa che io sopporto poco, la radiovisione. Tu hai concluso la tua carriera in radiovisione, su Radio Norba, ma cosa ne pensi?
«Sì, io ho assistito alla nascita perché la radiovisione è un’invenzione di Lorenzo Suraci che aveva messo su un canale televisivo che non era era parallelo a RTL Radio, non era la diretta praticamente. E ci lavoravano un po’ paio di star nascenti dell’epoca, tra cui anche DJ Francesco eccetera. Avendo poi DJ Francesco così tanto successo, lui ha deciso di mettere su anche il canale televisivo e di abbinarlo alla radio. Il problema era il sincrono. Allora, attraverso un ingegnere tedesco e attraverso tecnologia, questo video channel è diventato RTL TV con all’inizio grossi problemi di ritardi, perché ovviamente molte cose non quadravano, ma poi piano piano l’hanno risolto, c’è voluto un anno, un anno e mezzo, hanno cominciato nel 2002, nel 2004 tutto era diventato efficiente, per così dire. Poi una volta funzionante tutte le altre radio hanno cominciato a c fare la la stessa cosa, però l’inventore della cosiddetta radiovisione, come la chiama lui, è anche una parola brevettata, è appunto Lorenzo Suraci, non si può dire altro, come poi Suraci è stato anche l’inventore della della frequenza unica italiana, perché sai l’FM se si scontra sulla stessa frequenza tra due trasmettitori il segnale si annulla. Con un ingegnere tedesco della Siemens, anche lui aveva risolto questo problema su tutti i suoi trasmettitori e perciò il il segnale rimaneva 102,5 e anche questo è è stata un’invenzione della radiofonia, ma qui parliamo degli anni 90, ecco».
Comunque possiamo dire che non appendi le cuffie al chiodo come hai anticipato prima…
«Io non appendo le cuffie al chiodo, anzi vado a vivere in Tunisia Hammamet e li ho preso casa, ho uno studio da dove poi mi collegherò con le varie radio per fare i miei podcast».
Facciamo un attimo un salto indietro. Quando hai capito che la radio sarebbe stata la tua strada?
«Mah, quando ero bambino, io già da bambino ascoltavo Radio Lussemburgo e mi interessava tutto quello che c’era. Avevo un apparecchio radio che nascondevo sotto le coperte la notte per non far sentire il rumore ai miei e ascoltavo tutte le radio di notte, ascoltavo non solo Radio Lussemburgo, ma la BBC e le altre le radio francesi. La radiofonia è stata prima una specie di hobby che poi è diventato il mio mestiere. HO seguito il consiglio di mio padre che m’ha detto “Guarda, se vuoi fare un mestiere e lavorare poco, fai il mestiere che ti piace”. è che è il tuo hobby. E allora io ho pensato bene di fare quello invece che andare a fare l’architetto. Ero iscritto all’università, però poi non ho neanche mai raggiunto la laurea perché ho cominciato a lavorare in radio, guadagnavo talmente tanti soldi che non avevo più intenzione di diventare architetto. È vero, meglio un buon DJ che è un pessimo architetto che fa crollare i grattacieli».
Tre canzoni che avresti voluto trasmettere sempre?
«”Along the watch Tower” di Jimmy Hendrix, “Rebel Yell” di Billy Idol e “We got tonight” di Bob Seger and the Silver Bullet Band».
Ho saputo o meglio, hai detto che stai scrivendo anche dei libri, uno sul Festival di Sanremo in cui c’è un assassino che uccide i vari cantanti in gara. Hai detto anche che il primo a morire dovrebbe essere Claudio Baglioni. Puoi darci altre notizie?
«Questo è il mio quarto libro, non è ancora pubblicato, sarà pubblicato da Mondadori. Il primo libro era un libro tecnico sulla radio. Il secondo libro si chiama “Il principato” e parla del mio periodo a Radio Montecarlo, che è molto bello. è un giallo, una storia particolare veramente. E il terzo libro parla della vita di mio fratello che è fondatore di uno dei primi coffee shop di Amsterdam e di tutta la storia che c’è dietro i coffee shop dove milioni di ragazzi tutti gli anni si riversano per fumare. L’Olanda è stata la il primo paese al mondo che ha liberalizzato le droghe leggere, però è stato un periodo anche abbastanza complesso che racconto tutto ed è edito sempre da Mondadori. Eì più un romanzo ispirato appunto alla vita di mio fratello che purtroppo non c’è più. Adesso sto scrivendo questo su Sanremo, ma poi vediamo chi muore veramente e chi no».
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Che consiglio daresti a chi si vuole approcciare, adesso, al mondo della radio?
«Io consiglierei soprattutto di informarsi, di non fidarsi solo di informazioni superficiali che prendi in internet che molte volte non sono esatte, e invece di consultare anche qualche libro serio, nel senso innanzitutto di comprare le bibbie, “La musica degli anni 70″, ” La musica degli anni 80″, “La musica degli anni 90 e 2000” sono cinque volumi dove praticamente c’è tutto quello che è stato pubblicato e che ogni DJ dovrebbe avere, per una conoscenza completa, perché troppe volte sento dei ragazzi giovani, magari anche bravi, anche talentuosi, per così dire, che però sparano di quelle cazzate assurde che non dovrebbero fare, perché poi in radio fai delle figuracce e la gente poi non non ti ascolta più e comunque non ti reputa serio. Perciò dico di impegnarsi un po’ di più e di non prendere questo mestiere troppo alla leggera. È un mestiere serio, dove bisogna essere sempre puntuali, bisogna avere i ritmi, i tempi, conoscere bene la radio e se poi uno ha voglia di andare avanti puoi fare anche carriera. Non pensate mai se fate lo speaker di diventare ricchi perché non è così. Gli editori non pagano più le cifre che pagavano una volta a me, a Claudio Cecchetto, a Alex Peroni, a Gianni Riso, a Jocelyn, a tutte tutti questi personaggi, e a tutte queste persone che lavoravano nella radio che all’epoca guadagnavano tantissimo. Poi il trend è cambiato, dei vecchi se ne sono andati e assumendo quelli giovani gli hanno dato prima la metà, poi la metà della metà e adesso uno speaker medio guadagna sui €2000, €2.500 al mese che vivere a Milano non è il massimo perché non ce la fai».
Ultima domanda: che cos’è per te la radio?
«Cos’è per me la radio? Beh, l’ho già detto, è tutto, cioè da quando sono ragazzino che la faccio, non l’ho mai abbandonata. e non la abbandono nemmeno adesso perché vado appunto avanti con questa storia dei podcast e chissà se mai qualcuno me lo offre, farei qualche programmino così in remoto dal mio studio di Hammamet».
Grazie mille Federico per essere stato con noi…
«Ok, ci sentiamo senz’altro su qualche radio in Italia, senz’altro con i miei podcast e la storia della musica, dove tra l’altro ci sono anche tutte le interviste che ho fatto tra Paul McCartney, Freddie Mercury, John Lennon, Robert Plant, insomma la lista è infinita. Va bene, saluto a tutti».