giovedì 21 Novembre 2024

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Renato Caruso presenta il suo “Pitagora pensaci tu” – INTERVISTA

A tu per tu con il compositore calabrese, in uscita con un nuovo album strumentale solo guitar

Renato Caruso Pitagora pensaci tuCiao Renato, Partiamo naturalmente da “Pitagora pensaci tu”, pubblicato lo scorso 11 maggio, cosa hai voluto esprimere in questo tuo ultimo progetto discografico?

«Per due motivi: per omaggiare la mia città, Crotone, Pitagora si trasferì a 40 anni in questa cittadina per poi fondare la scuola pitagorica e tante altre meraviglie; perché fu uno dei primi musicologi, colui che si interessò alla musica come scienza facendo numerose scoperte. Forse un po’ mi ritrovo in lui, avendo una formazione sia scientifica che musicale».

Con quale criterio hai selezionato le tracce? Sia per quanto riguarda gli inediti che le due cover presenti

«Ho fatto una cernita di numerosi brani che avevo sul mio Mac, ho scelto quelli che più rappresentavano una sorta di mini colonna sonora del mio percorso umano e professionale. Le cover sono di Pino Daniele ed Eric Clapton. Per quanto riguarda Pino posso dire che è sempre stato il mio Maestro Nascosto, sono cresciuto con le sue canzoni e ‘Quando’ rappresenta un buon punto di convergenza tra armonia, melodia e testo. ‘Tears in Heaven’ l’ho scelta perché ha fatto sempre parte di me nei miei concerti e la trovo di una bellezza sconvolgente».

Durante l’ascolto ci si rende conto delle numerose influenze musicali presenti, quanto conta per te la contaminazione in un processo creativo? 

«È tutto. Bisogna saperlo fare altrimenti si rischia di incorrere in guai seri. A me piace molto mescolare diversi genere, differenti culture, perché viviamo in un mondo contaminato».

Facciamo un salto indietro nel tempo, quando e come è nata la tua passione per la musica?

«Mio padre ha sempre suonato per hobby, aveva i suoi gruppetti, andava in giro a suonare, quindi sono cresciuto con un padre che dalla mattina alla sera suonava i Beatles e il rock degli anni ’60. Io mi nutrivo di questo. A cinque anni mi ha spinto ad imparare a suonare la chitarra e da lì è partito tutto».

Cos’ha la chitarra che gli altri strumenti non hanno, cosa la rende così speciale per te?

«Direi che sono figlio di un chitarrista, quindi la chitarra è un organo supplementare del mio corpo. Ma ogni strumento ha la sua bellezza, tornassi indietro studierei anche piano. Di certo la chitarra è uno strumento completo perché ha sia il lato percussivo che armonico e poi te la puoi portare ovunque. Sfido chiunque a portare in giro un pianoforte!».

C’è un momento che reputi fondamentale per il tuo percorso artistico?

«Sì, quando ho deciso di rischiare per diventare musicista. È stata dura perché ho mollato un lavoro in banca per un percorso all’inizio tutto in salita, poi le cose sono andate per il verso giusto, hanno iniziato a credere a me ed ora eccomi qui».

Come valuti l’attuale situazione discografica del nostro Paese e il livello generale delle attuali proposte che il mercato ci offre?

«Il mercato oggi è molto più ampio e offre molta più scelta rispetto a qualche anno fa. Anche le radio si sono accorte di questo cambiamento: fino a qualche anno fa proponevano solo un certo tipo di musica, ora si stanno affacciando a tanti generi diversi tra loro. Internet però è lo strumento chiave di questa rivoluzione musicale e mette a disposizione dell’ascoltatore ogni giorno migliaia di brani uno diverso dall’altro. Il mondo è bello perché è vario anche nella musica!».

Oltre che di musica sei un appassionato di informatica, il web è sicuramente uno strumento importante, secondo te, in ambito musicale viene utilizzato al meglio delle sue potenzialità?

«Al momento direi proprio di sì. Poi ci saranno altre novità ma negli anni in cui viviamo si può fare praticamente tutto. Dai contatti con agenti a far un brano in casa propria. L’informatica è un mezzo attraverso cui si può crescere ma il contatto poi con la persona è fondamentale. Non basta il digitale. Forse quando le macchine inizieranno a pensare!».

(si ringrazia Fabio Ricci di Eventi Milanesi per questa interessante video intervista)

Compositore, scrittore, docente, web designer, come riesci a coniugare tutte queste attività?

«Ho fatto un po’ di gavetta, tanto studio, ora mi sto concentrando solo sulla composizione. L’imbuto al contrario si sta restringendo. Diciamo che sono molto curioso e tutto ciò che riguarda la musica, a 360 gradi, mi dà forza per conoscere sempre più a fondo quello che esiste». 

Tra gli artisti con cui collabori, figurano alcuni interessanti e talentuosi emergenti come Ylenia Lucisano, Mara Bosisio Pietro Baffa e Adolfo Durante. Cosa li accomuna?

«Sono persone semplici, umili, che hanno voglia di crescere insieme a me. Siamo partiti dalla stessa zattera e pian pianino arriveremo dall’altra parte del lago».

Sei un grande appassionato di Pino Daniele, uno dei pochi artisti al mondo in grado di essere universalmente riconosciuto sia come un cantante che come chitarrista. Quale eredità ci ha lasciato?

«Pino ci ha lasciato la musicalità di un vero napoletano, la poesia e tante altre belle cose. Chi suona la chitarra non può non imparare almeno un brano di Pino nella sua vita. La tecnica che aveva, lo stile, il cuore, Pino Daniele rappresenta tante cose, tra cui anche la a forza di una rinascita della musica napoletana ad alto livello».

Sei il fondatore di un nuovo genere musicale che hai chiamato “Fujabocla”, di cosa si tratta esattamente?

«FuJaBoCla è l’acronimo di Funk, Jazz, Bossa, Classico. Questi rappresentano le diverse influenze culturali musicali del mondo. Ne mancano sicuramente altre come il Rock, il Pop, che non tratto in quanto suonare FuJaBoCla porta ad un Pop contaminato e, se vogliamo, anche Rock che parte dall’Europa e arriva in America settentrionale e latina. Credo che il mondo sia dominato da idee di vario colore, ormai fuori casa si trova cultura cinese, pakistana, indiana, giapponese, marocchina, brasiliana e così cambia anche il nostro modo di agire, di pensare, di interpretare. Anche le nostre abitudini primarie sono cambiate, non molto tempo fa avevi la scelta di vari ristoranti italiani e pizza, ora tutto è cambiato, è diverso, trovi cucina giapponese, cinese, marocchina, indiana, greca e tutto quello che vuoi. Tutto ciò sta portando ad un cambiamento, spesso inconsapevole, del nostro pensiero. È quello che succede nella musica di oggi, si arriva ad un traguardo che è la poliedricità del ritmo, della melodia, dell’arte musicale in generale. FuJaBoCla ha una buona base classica, credo che nel principio delle cose si ha sempre una buona dose di cultura classica, così come Einstein ad un certo punto della vita si mise a studiare la matematica classica per capirne segreti ed errori, anche io mi sono proposto di mettere una buona dose di musica classica nel mondo della musica». 

Alla luce di tutto quello che ci siamo detti, per concludere, quale messaggio vorresti trasmettere, oggi, attraverso la tua musica?

«Di un ritorno alla semplicità e di non perdersi in questa giungla confusa e triste delle apparenze. Tornare a studiare seriamente e credere in quello che si fa». 

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.