venerdì 22 Novembre 2024

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Christian Tipaldi e le sue “Soundtracks” sotto il segno del rock – INTERVISTA

Collaborazione internazionali per il noto pianista e compositore, al suo esordio discografico

Soundtracks Christian TipaldiE’ disponibile dal 15 giugno nella versione in cofanetto con cd+dvd+booklet 40 facciate e in vinile a tiratura limitata in Italia e il 29 giugno in digital download e su tutte le piattaforme streaming mondiali “Soundtracks”, l’album di debutto di Christian Tipaldi. Un lavoro scritto, arrangiato e prodotto dallo stesso artista, che ha acceso l’attenzione di major ed etichette straniere e che ha già riscosso buon successo oltreoceano, in particolar modo negli States.

Ciao Christian, partiamo dal tuo album d’esordio “Soundtracks”, da quale idea iniziale sei partito?

«Sono partito dal fatto che avevo in testa molti suoni, avevo finito il tour con Vasco Rossi ed ero pieno di adrenalina, carica emotiva e voglia di suonare, così dopo il tour sono partito per la Grande Mela dove vivo una parte dell’anno in completo solitudine, ed è proprio a New York che ho scritto il 90 % dell’album. Poi ho pensato, una mattina mentre passeggiavo per Manhattan, che avevo scritto una colonna sonora perfetta per quello che New York offre, perché è già di per se una location straordinaria per i film, con una colonna sonora “Soundtracks” avevo trovato anche il nome giusto dell’album».

Hai voluto dare una veste precisa alle undici tracce presenti, sia a livello di sonorità che di testi? 

«Sì, tutti i brani inseriti sono in linea con quello che vedevo e scrivevo. L’intero album ha una linea guida, un cordone che unisce tutti i pezzi l’uno all’altro. La sonorità e proprio il suono potente del disco è volutamente ricercata perchè erano anni che non ascoltavo più cose del genere! Gli studi americani e i suoni dei grandi chitarristi americani sono diversi da quelli italiani. In America la cultura del rock è viva e vende tantissimo, in Italia sempre meno e sempre più messa da parte per dar spazio ai talent e programmi televisivi ed una radio che sta scomparendo se calcoliamo che anche le più grandi riproducono 20 volte lo stesso brano nell’arco dell’intera giornata…».

Al disco ha collaborato un team internazionale di musicisti davvero eccezionali. Com’è stato lavorare con tutti loro?

«Una grandissima esperienza, ho imparato tanto e sono riuscito ad instaurare un rapporto non solo lavorativo ma personale, desideravo che ognuno dei musicisti suonasse con il cuore oltre che con le proprie grandi capacità, ho voluto descrivere loro ogni brano, dettagliatamente, proprio perché desideravo che il tutto prendesse quella strada che avevo in testa io…e con piacere posso dire di esserci riuscito.  Passata l’emozione dei primi minuti, tutto è andato liscio sia in studio sia nella fase successiva di mix e mastering. Sono sicuramente fortunato ad aver lavorato con delle vere e proprie leggende, che ringrazio ancora e sono ancora un po’ “stordito” dal fatto che abbiano accettato di partecipare a questo disco di uno “sconosciuto” ..queste sono persone che tre giorni prima di suonare per me erano in tour con Eric Clapton o Bob Dylan o con Vasco Rossi, quindi puoi immaginare come io mi sentissi e che pressione avessi la notte prima dell’incisione…la musica comunque ha preso il sopravvento di tutto, il pieno controllo delle emozioni sono state interamente scaricate dentro questo album».

C’è un incontro che reputi fondamentale per la tua carriera?

«Per la mia carriera diciamo pubblica che sta nascendo dico certamente che è stato quello con Vasco. È stato poter essere sul palco con lui, andare in tour incontrare molti professionisti che mi ha sicuramente aiutato e reso più attento a certe dinamiche che difficilmente puoi comprendere se non all’interno di questo ambiente.  Loro sono musicisti che da 40 anni suonano per suonare…con una platea infinita e lì non si scherza, diciamo che il “cazzeggio” termina quando si salgono le scalette del “Ferro” (come si chiama il palco nel gergo).  Guido Elmi, storico produttore di Vasco (scomparso lo scorso anno) mi ha aiutato e voluto partecipare alla produzione artistica iniziale dell’album, non sapeva suonassi e che avessi scritto questi brani e rimase stupito e volle a tutti i costi partecipare, poi purtroppo la sua improvvisa scomparsa ha lasciato tutti a bocca aperta e lo ringrazio, ovunque lui adesso si trovi di cuore».

Da cosa trai principalmente ispirazione per le tue produzioni?

«Traggo ispirazione dalle molte situazioni che vivo e dagli ambienti che frequento. Sono un viaggiatore, mi considero un cittadino del mondo, dedico il mio tempo a viaggiare tutte le volte che posso e non avendo figli né moglie sono abbastanza libero di muovermi spesso.  Negli ultimi 4 anni ho pubblicato e scritto 3 libri di ufficiali su Vasco Rossi, poi l’ultimo anno sono stato in giro tra San Francisco, Los Angeles, Bangkok, New York, Ferrara, Bologna, Roma per il disco…e diciamo che in questo anno ne ho seguito tutti i termini e i dettagli, ecco perché mi piace affermare che Soundtracks è davvero un album fatto a mano. La produzione di questo disco è stata potente anche dal punto di vista economico, ma ho creduto fin dall’inizio dei miei demo, nel fatto che stava per accadere qualcosa di importante, stranamente tutto cominciava a girare per il verso giusto, si stavano incastrando tessera dopo tessera a formare un mosaico molte emozioni, incontri, suoni, di idee, voglia di far bene, poi sai…il fatto che entri in studio e trovi Colaiuta, Landau, il Gallo insieme…beh…è una emozione che poche persone possono vantare nella vita….spero solo che il concetto di base del disco attraversi l’attenzione del pubblico, perché in questo progetto ho davvero metto tutto me stesso».

Soundtracks Christian TipaldiFacciamo un salto indietro nel tempo, come e quando ti sei avvicinato alla musica?

«A sei anni mi regalarono una tastiera Bontempi, passavo i pomeriggi ad ascoltare i tanti vinili di mio padre, da Mozart alla lirica, dai Led Zeppelin ai Dire Straits, il giorno dopo suonavo perfettamente tutto ciò che sentivo in tv o alla radio, i miei genitori mi fecero fare una sorta di provino da un maestro di musica che mi indicò una scuola a Roma. Cominciai con la scuola tristemente famosa per il rapimento di Emanuela Orlandi, nella stessa classe, e lì mi segnalarono al conservatorio, entrai primo assoluto in graduatoria e poi ho proseguito gli studi non solo classici, ma canto, recitazione, teatro e orchestrazione. Contemporaneamente però studiavo fotografia e giornalismo, che poi sono diventate i miei lavori e che in “Soundtracks” ho voluto fondere con la musica, credo una sorta di ibrido artistico».

Quali ascolti hanno ispirato e accompagnato il tuo percorso?

«Musica italiana, ho amato ed amo i cantautori, Vasco in primis (una malattia), Litfiba, Timoria, Zucchero, Renato Zero, Venditti ecc…mi hanno accompagnato durante gli studi classici, una sorta di boccata d’ossigeno dall’ambiente molto chiuso e circoscritto del conservatorio. I concerti, ne ho visti tantissimi, tantissima musica scaricata, ascoltata, trasformata, tutto ha sempre girato intorno alla musica, senza fare divisioni, dall’elettronica, alla lounge, alla fusion, al rock, dalla classica al Rap americano pesante, fino ad alcune band metal. Come si fa a non ascoltare almeno una volta al mese un disco dei Dire Straits? Come fai a non avere in auto un disco dei Litfiba o di Vasco e non gridare?».

Con quale spirito ti affacci al mercato discografico e come valuti il livello generale dell’attuale settore?

«Dal punto di vista personale entro in punta di piedi, sono l’ultimo arrivato e non ho presunzioni se non di gridare un po’ di attenzione per questo lavoro che è “Soundtracks”. Questo non è un disco che può passare sottogamba, mai nella storia discografica una così grande quantità di musicisti di questo calibro hanno suonato insieme, tutto è stato curato nei minimi dettagli, non è un disco tanto per, è un passo importante per me come artista o musicista, chiamami come vuoi, ma di una cosa sono certo e ogni giorno dalla critica giornalistica mi arrivano dei feedback incredibilmente generosi, il disco è davvero molto potente, è qualcosa che non c’era prima, lo dico senza malizia e senza cercare di essere inutilmente umile, abbiamo raggiunto un livello altissimo per un album che lascia sicuramente un segno a quel pubblico attento, colto che ama una certo tipo di musica e che ne comprende tutte le sfumature. Ovviamente Soundtracks è un album rivolto a tutti, anche se il livello attuale di ascolto di questo tipo di musica sia in radio che in tv e dal vivo è ridotto ormai a pochi addetti, La chiusura dei locali un po’ in giro per tutta Italia, le cover band a migliaia, i tanti concerti di stranieri, una radio che io definisco quasi inascoltabile non rendono la vita facile a chi ha qualcosa da dire nuovo e con talento».

Un aspetto positivo e uno negativo del fare musica oggi?

«L’aspetto positivo è senza dubbio la possibilità di farsi vedere, notare, ascoltare grazie all’uso giusto dei social, a livello produttivo si può far molto con pochi soldi anche creandosi un home studio tranquillamente in casa propria, e quindi presentarsi ad una etichetta discografica con un prodotto di livello, unito ovviamente al proprio talento e qualità. L’aspetto negativo è che sono in molti a fare musica, o tentare di fare musica, molto più per divertimento che per studio o passione o amore verso di essa, e quindi c’è tanto pressapochismo, mascherato da effetti straordinari, c’è poca “gavetta” e tanta voglia di spaccare subito dopo 10 minuti…il che se avviene ahò…complimenti..!».

Soundtracks Christian TipaldiQual è l’insegnamento più grande che hai appreso dal tuo mestiere?

«Dare il massimo per qualsiasi cosa tu stia facendo, impegnarti, non limitarti a fare, ma fare bene, studiare i particolari, la risoluzione dei problemi che immancabilmente arrivano, essere coinvolti emotivamente e fisicamente in tutto ciò che si vuole realizzare. Non accontentarsi ma rimanendo vigili su quello che davvero possiamo offrire…abbiamo una forza enorme, ognuno di noi, la tiriamo fuori in momenti inaspettati o quando siamo feriti nell’animo…catturare questa energia e metterla sul binario giusto credo che sia la strada giusta per questo mestiere». 

Alla luce di tutto quello che ci siamo detti, per concludere, quale messaggio vorresti trasmettere al pubblico, oggi, attraverso la tua musica?

«Il messaggio che vorrei dare è che un buon disco merita un ascolto attento, Soundtracks secondo me è perfetto ascoltarlo in due maniere o live, o in auto…di sicuro non sul divano, lasciatevi trascinare dalle emozioni e mi darete ragione….spero!».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.