A tu per tu con il duo brianzolo, in radio dal 15 giugno con il loro singolo d’esordio “Italia ridi”
Propongono una musica senza filtri gli Insonia Rosa, al secolo Sonia Rosa e Massimo Lucia, compagni sia in musica che nella vita, che debuttano sul mercato con “Italia ridi”, un brano funzionale all’ascolto che racchiude al suo interno un’analisi ironica del nostro Paese, un invito a non prendersi mai troppo sul serio. In occasione di questo battesimo discografico, che anticipa di pochi mesi la pubblicazione del loro primo EP, abbiamo incontrato i due artisti in un caldo pomeriggio milanese, per condividere con loro una bella chiacchierata di vita e di musica.
Ciao ragazzi, partiamo naturalmente da “Italia Ridi”, com’è nato e cosa rappresenta per voi questo pezzo?
«E’ un brano che abbiano iniziato a scrivere sei anni fa, in seguito ad un nostro viaggio a Roma, città che rappresenta al meglio la bellezza del nostro Paese. Siamo partiti da questo e lo abbiamo esteso capovolgendone il concetto, raccontando con ironia anche il rovescio della medaglia. Non proponiamo una soluzione ai tanti problemi ormai noti a tutti, ma abbiamo voluto sdrammatizzare e invitare tutti ad indossare più spesso il colore dell’autoironia, il primo passo per ottenere la piena consapevolezza».
Quale veste avete voluto donare al brano sia a livello di sonorità che dal punto di vista del testo?
«In questi anni il pezzo ha avuto più vesti, ma il messaggio iniziale non è stato mai snaturato. Non abbiamo voluto fare una predica, ma analizzare con leggerezza sdrammatizzando il più possibile. A livello di sound la canzone ha cambiato più volte pelle, inizialmente aveva un arrangiamento molto più pop ma tradizionale, con il tempo abbiamo sperimentato tantissimo e l’elettronica ci ha aiutati a rendere il tutto molto più attuale».
Chi sono gli Insonia Rosa? Come vi descrivereste?
«Siamo due cantautori che cercano di dare voce alle loro emozioni, un bisogno che accomuna in genere un po’ tutti gli artisti e che ci spinge a tirare fuori sempre il meglio. L’ispirazione è alla base di tutto, poi da quel semplice input comincia il vero e proprio lavoro, per trasformare l’idea in una vera e propria canzone».
Insieme in scena e nella vita, ci sono più vantaggi o svantaggi a condividere sia la professione che il quotidiano?
«Sicuramente più vantaggi, perché non condividere una passione fondamentale come la musica sarebbe per noi inconcepibile. La musica è diventato il nostro linguaggio, il collante che ci lega e ci unisce giorno per giorno. Ci siamo conosciuti in un palco e, dopo qualche anno, abbiamo deciso di condividerlo insieme. Sono passati circa otto anni e, con il senno di poi, rifaremmo tutto quello che abbiamo realizzato».
Quali ascolti hanno ispirato e accompagnato il vostro percorso?
«Veniamo da mondi diversi, il punto comune che lega entrambi è comunque il cantautorato italiano, che ci ha accompagnato e continua ad influenzarci. Da Fabrizio De Andrè a Lucio Battisti, passando per Lucio Dalla, Luigi Tenco, Ivano Fossati e tanti altri. A livello di scrittura tutti questi artisti hanno nobilitato l’arte del nostro Paese, rappresentando una vera e propria eccellenza poetica».
Con quale spirito vi affacciate al mercato e come valutate il livello generale dell’attuale settore discografico?
«Stiamo cercando di studiare anche noi questa risposta da tempo (sorridono, ndr), non è facile perché lo scenario è molto confuso, ma noi siamo convinti di avere qualcosa da dire, questo è fondamentale per fare musica oggi, perché mancano i messaggi, i riferimenti e, forse, anche un pochino di autenticità. Sinceramente, stiamo cercando la strada migliore per arrivare al pubblico con la massima spontaneità e la giusta adrenalina, ma la voglia di fare cose belle c’è. La musica vince sempre, se un pezzo è bello merita di esistere, ce lo insegna la storia, ancora oggi canticchiamo brani meravigliosi di artisti memorabili, perciò se deve succedere succede».
Personalmente, vi collocate in un genere particolare?
«Ci destreggiamo tra il pop e il rock, ma non vogliamo clusterizzarci, altrimenti si finisce imprigionati in un etichetta o in un sottobosco musicale che, a lungo andare, potrebbe starci stretto. Il nostro scopo è arrivare alla gente in maniera più chiara possibile, magari emozionando. Apparteniamo alla scuola dell’autenticità, che ti spinge a seguire la direzione naturale di ogni brano, senza impostare il navigatore o studiare troppo a tavolino la sua struttura, è la canzone che ispira ogni singolo viaggio».
Credibilità e sperimentazione possono convivere in musica?
«Assolutamente si, ma crediamo appartengano a fasi diverse, nel senso che personalmente abbiamo già sperimentato tanto, certo continueremo a farlo, ma con il tempo arrivi ad una sorta di consapevolezza che ti spinge a puntare di più sulla credibilità, sulla riconoscibilità, sulla tua identità di artista. Con il nostro produttore Fabio Moretti c’è stata un grande ricerca, la voglia di mettere le fondamenta, di aspettare il momento giusto».
Quanto conta per voi la dimensione live?
«Tantissimo, in questo momento soffriamo un po’ la mancanza dei concerti, che per anni hanno riempito le nostre serate, ma in questa fase stiamo lavorando molto in studio, suonando tra di noi con la nostra band, ma senza il pubblico. Subito dopo l’uscita del nostro EP, finalmente, torneremo ad esibirci e non vediamo davvero l’ora».
In conclusione, quale messaggio vorresti trasmettere al pubblico, oggi, attraverso la tua musica?
«Crederci sempre, non mollare mai, perseguire i propri sogni perché tutto è possibile nella vita. E’ facile arrendersi, non dare ascolto al richiamo del proprio inconscio, accontentarsi di fare altro, ma la voglia di realizzare i nostri desideri deve essere più forte e contrastare ogni singola perplessità».
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Nico Donvito
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