sabato 23 Novembre 2024

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Caterina: “Non ti ho detto mai” è un dialogo con me stessa – INTERVISTA

A tu per tu con la giovane cantautrice trentina, ex concorrente della decima edizione italiana di X Factor

Caterina Non ti ho detto maiCiao Caterina, partiamo da “Non ti ho detto mai”, com’è nato e cosa rappresenta per te questo brano?

«E’ nato in maniera molto istintiva, di getto, hai presente quando hai bisogno di sentirti dire delle cose? “Non ti ho detto mai” è un dialogo con me stessa, in cui mi autoinvito a lasciar andare le cose che mi hanno fatto stare male, dal rancore alla rabbia, passando per l’amarezza, tutte sensazioni che appartengono al quotidiano di ognuno di noi. Subito dopo lo sconforto, arriva quel momento in cui desideri trasformare la negatività in qualcosa di buono. Mi piace paragonare la nostra vita ad una nave, l’augurio che rivolgo a tutti è che possa presto salpare dal proprio porto».

Interessante come metafora, ascoltando la canzone ho avvertito esattamente questa sensazione, il bisogno di gettare via ogni zavorra, che in questo caso può essere rappresentata dall’ancora…

«Esattamente, con questo brano ho gettato la mia ancora, mi sono liberata di ogni peso per partire per l’oceano. Sai, è bello tornare al porto, ma è anche vero che le navi sono fatte per navigare nel mare aperto, io mi sento proprio così, senza alcuna bussola».

C’è una veste precisa che hai voluto dare al pezzo, sia a livello di sonorità che dal punto di vista testuale? 

«E’ nato per caso, dopo aver trascorso una giornata intera con alcuni bambini, mi sono ritrovata la sera a scrivere e tutto è arrivato con leggerezza, perché con loro avevo respirato tanta purezza e sincerità. Ecco, la canzone ha seguito il suo percorso spontaneo senza andare in alcuna direzione, accompagnata soltanto dall’ispirazione di quel momento. Proprio come ti dicevo, senza bussola… infatti mi perdo spesso, ma poi mi ritrovo sempre (sorride, ndr)».

Giustamente l’arte dev’essere questo, senza troppi preconcetti o percorsi semplificati studiati a tavolino. Il brano parla di cose non dette, secondo te, questo aspetto è una peculiarità della società attuale in cui tutto va troppo veloce, oppure trovi che il timore di esporsi appartenga da sempre al DNA dell’essere umano?

«Credo che in questo periodo storico si sia persa un po’ di autenticità, ci sono cose che è giusto non dire e tenere per sé, ma ultimamente si tende a non comunicare o, peggio ancora, a mostrare ciò che non siamo. Da una parte i social network aiutano a farti conoscere, ma dall’altra c’è il rischio di apparire per quello che non sei e di essere etichettato in un modo diverso, perché si giudica solo l’apparenza. Ci sono troppi filtri, non solo nelle foto, bisogna lasciarsi andare e tornare puri, proprio come i bambini».

A volte può capitare anche il contrario, ovvero che dall’altra parte manchi l’attenzione, non trovi si sia perso il piacere dell’ascolto? Oggi gli appuntamenti e le chiacchierate si fanno sempre meno al bar e più in DM su Instagram…

«In effetti sì, non vivo personalmente i social in questo modo, li utilizzo per divulgare la mia musica, ma non ti nascondo che quando trascorro una giornata senza telefono mi sento serena, tranquilla e spensierata. La tecnologia dovrebbe migliorare la nostra vita, non renderci schiavi di essa. Non voglio passare per la bigotta della situazione o per l’anti-social, ma c’è troppa freddezza in giro nella vita reale, il web ha come creato un mondo parallelo dove possiamo essere chi non siamo, con il risultato che non ci prendiamo più cura di noi stessi ma del nostro avatar. Mi dà fastidio quando incontro persone che quasi fanno fatica a guardarti negli occhi, va tutto così veloce che non c’è davvero più il tempo per sedersi al bar e farsi una bella chiacchierata. Al giorno d’oggi si dà più importanza ai like e ai follower che alla sostanza».

Cosa avete voluto sottolineare attraverso le immagini del videoclip ufficiale diretto dal regista Matteo Scotton?

«L’idea è arrivata da Matteo che, dopo aver ascoltato la canzone, aveva capito esattamente come fossi caratterialmente, quindi, ha cucito su misura per me un video che mi rappresenta moltissimo. E’ venuto fuori come sono realmente, un po’ stralunata, sulle nuvole, amo sognare e farmi i miei bei castelli in aria». 

Facciamo un salto indietro nel tempo, come e quando ti sei avvicinata alla musica?

«Guarda, non ho un ricordo ben preciso, perché credo di aver cominciato a cantare il giorno in cui ho iniziato a parlare (sorride, ndr). Poi mi sono avvicinata alla chitarra, strumento dal quale sono stata folgorata, tipo un colpo di fulmine. E’ stato un richiamo, non c’è una spiegazione razionale, un po’ come nell’amore».

Quali ascolti hanno ispirato e accompagnato il tuo percorso?

«Sono cresciuta con il blues, la black music e, principalmente, con Stevie Wonder, senza tralasciare il cantautorato italiano, da Lucio Battisti a Fabrizio De Andrè, ma anche Giorgio Gaber, Mina e Zucchero. Rispetto al passato, oggi ascolto molta più musica italiana, che ho scoperto in età più adulta, quando ho cominciato a cantare nella nostra lingua».

In un giorno di maggio di due anni fa, d’improvviso, ti presenti ai provini di X Factor 10, canti un brano di Lana Del Ray e poi cosa succede?

«Eh tante belle cose (ride, ndr), ricordo che in quel periodo avevo la maturità, quindi non è stato facilissimo, ma diciamo che sono riuscita a portarmi a casa entrambi i risultati. Sai, mi sono presentata ai casting per gioco, per mettere il naso fuori dalla mia amata valle, per vedere un po’ come funziona questo mondo. Mi sono presentata con la mia chitarrina e, fase dopo fase, sono entrata nel programma».

Sei stata scelta da Fedez per la sua categoria Under Donna, come ti sei trovata a lavorare con lui?

«Devo dire bene, è un grande conoscitore di musica, nonostante la sua giovane età. In realtà, nel quotidiano, erano i producer che ci seguivano e lavoravano a stretto contatto con noi, quell’anno erano Fausto Cogliati e Rossana Casale, la nostra vocal coach. I giudici c’erano poco, ci assegnavano i pezzi ma erano presenti solo durante le riprese. Ho molto apprezzato la sua sincerità, ci ha sempre fatto rimanere con i piedi per terra, senza prometterci nulla, con chiarezza e senza alcun tipo di illusione, per questo lo considero una persona molto corretta».

In generale, l’esperienza di X Factor ti ha più dato o tolto qualcosa?

«A distanza di circa due anni, riconosco che mi ha dato tanto, perché mi ha insegnato tante cose e, soprattutto, mi ha fatto capire quello che voglio fare nella vita, ovvero scrivere la mia musica e cantare in italiano. Mi sento cresciuta, anche se all’inizio c’era ovviamente un po’ di amarezza, non è stato facilissimo dal punto di vista emotivo».

Se dovessi scegliere un’epoca del passato, quale decennio sarebbe più vicino al tuo modo di intendere la musica?

«Mah, io tornerei negli anni sessanta per respirare a pieni polmoni l’influenza dei Beatles e di Jimi Hendrix, quel mondo lì mi sempre molto affascinato e trovo che abbia ispirato tutte le generazioni seguenti, non solo la sottoscritta».

Se potessi “rubare” una canzone a un tuo collega, quale sceglieresti?

«Questa è una domanda difficilissima, perché ne ho davvero tante, ho un sacco di pezzi che sono fondamentali per la mia vita. Oggi sarebbe “If you want me to stay” di Fly and The Family Stone, ma domani te ne direi un’altra (ride, ndr)».

Quanto conta per te la dimensione live?

«Moltissimo, è tutto per me, non vedo l’ora che esca il mio disco per andare in giro a suonarlo per farlo sentire a tutti. Ma, poi, vuoi mettere? Il contatto con la gente è importantissimo, è lì che realizzi il senso di ciò che stai facendo, che ti rendi conto davvero della grandezza della musica».

Prossimi obiettivi professionali, cosa bolle in pentola?

«Sono in fase di scrittura del mio disco, mi sono data come termine entro la fine di agosto, per poi chiudermi in studio da settembre in poi. Ho tanti pezzi nel cassetto, ma in questi ultimi mesi stanno venendo fuori cose interessanti e non vedo l’ora di poter fare ascoltare a tutti la mia nuova musica».

Alla luce di tutto quello che ci siamo detti, per concludere, quale messaggio vorresti trasmettere al pubblico, oggi, attraverso la tua musica?

Caterina Non ti ho detto mai«Innanzitutto, spero che le persone si possano rispecchiare e, magari, sentire bene ascoltando le mie canzoni, perché alla fine siamo tutti sulla stessa barca, viviamo emozioni simili e possiamo immedesimarci nelle situazioni di tutti. Con la mia musica vorrei donare conforto, tendere una mano a chi ha bisogno o, più semplicemente, sta vivendo un momento di difficoltà. Mi è capitato spesso di rifugiarmi nella solitudine di un paio di cuffiette per ritrovare la giusta carica per affrontare piccoli o grandi problemi, vorrei riuscire a fare la stessa cosa. Se riesci e trasmettere la passione che hai dentro, è fatta… perché l’amore non ha limiti. Ecco, spero con tutto il mio cuore di riuscirci».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.