venerdì 22 Novembre 2024

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Simone Frulio “Quando scrivo lascio la mia mano libera sul foglio” – INTERVISTA

A tu per tu con il giovane artista milanese, reduce dal lancio del singolo “E non servono parole (#L)”

Simone Frulio Talentuoso cantautore classe ’97, questo e molto altro ancora è Simone Frulio, che ricordiamo per la sua partecipazione al programma musicale “Io canto” e, successivamente, per aver calcato il palco della settima edizione italiana di X Factor come membro dei Freeboys. Reduce dal successo estivo di Niente di buono, l’artista milanese torna a proporre la propria musica lanciando il singolo E non servono parole (#L), in radio dal 12 ottobre, un brano importante che racconta la perdita di Luca, un suo caro amico scomparso troppo presto a causa di una malattia.

Ciao Simone, partiamo da “E non servono parole (#L)”, cosa rappresenta per te questo brano?

«Il brano è nato in seguito alla scomparsa di uno dei miei amici più stretti a causa di una malattia. Sono parole che avevo iniziato a scrivere quando la sua malattia stava progredendo e iniziavo a realizzare che forse da un giorno all’altro lui non sarebbe più stato con noi. Ho continuato poi la seconda parte della canzone dopo la sua scomparsa, cercando di ritrovare il mio amico nelle cose più semplici e più “naturali” come il sole, le foglie, le ombre e gli spiragli di luce che si creano in natura. È un brano importante per me. Attraverso la collaborazione con Make a Wish Italia, parte del ricavato del singolo viene utilizzato per realizzare i desideri dei bambini affetti da gravi patologie».

La perdita di una persona cara, un tema importante ma, immagino, molto difficile da mettere in musica. Come sei riuscito a coniugare parole e melodia?

«Ho lasciato che la mia mano andasse libera sul foglio. Mi è venuto tutto molto spontaneo, è stato un po’ come un flusso di coscienza, dove mi sono liberato da tutte quelle parole mai dette, quelle immagini che per mesi mi sono tenuto dentro. Così mi son lasciato trasportare dalla melodia in sottofondo per dar voce alla mia tristezza e impotenza».  

Cosa avete voluto esprimere attraverso le immagini del videoclip diretto da Enzmonz?

«È un video che mi vede correre dentro un bosco. Abbiamo voluto rendere l’idea della ricerca del mio amico nelle semplici cose, come appunto la natura, le piante, gli alberi, le strade, i sentieri… È un video dove realizzo che posso cercare Luca in ogni cosa ma alla fine lui sarà sempre dentro di me, nel posto più sicuro e più intimo, che è il cuore».

I proventi del brano saranno in parte devoluti a Make-A-Wish Italia, ci racconti qualcosa in più di questa associazione?

«È un’associazione che, quando Luca era ancora in vita, aveva realizzato il suo desiderio più grande: visitare San Francisco. La famiglia di Luca è ancora oggi molto legata a Make a Wish e si impegna per aiutare i bambini malati a realizzare i loro sogni, i loro più grandi desideri. È un’associazione che opera con grande impegno e dedizione. Tutto quello che fa lo fa con amore ed è bello vedere che ci sono persone che, ancora oggi, mettono tutto il loro cuore in queste operazioni».

Facciamo un breve salto indietro nel tempo, quando e come ti sei avvicinato al mondo della musica?

«Mi sono avvicinato al mondo della musica all’età di 8 anni, quando i miei genitori mi portarono a un concerto di Laura Pausini. Rimasi stupito da tutta quella gente sotto al palco che cantava a squarciagola le sue canzoni. E lei era incredibilmente fantastica, ancora adesso è una delle mie più grandi fonti di ispirazione».

Quali ascolti hanno ispirato e accompagnato la tua crescita?

«Come ho appena detto in primis Laura Pausini. Poi sicuramente la musica di Giorgia, Elisa, musica più commerciale come Justin Bieber, Bruno Mars. Grandi come Michael Jackson o i Beatles, fino ad arrivare, soprattutto negli ultimi tempi a Ultimo, che ammiro molto per i suoi testi. Diciamo che mi piace molto spaziare!».

Simone FrulioCome valuti l’attuale panorama discografico e con quale spirito ti affacci al mercato?

«Penso che al giorno d’oggi ci siano sempre più ragazzi che, come me, hanno questa grande passione. È ovviamente difficile riuscire a farsi notare e a prendersi un bello spazio nel mercato. Diciamo che sono un tipo molto tranquillo, non ho mai avuto grandi pretese o aspettative: scrivo i miei testi, la mia musica e spero solo che più gente possibile possa ascoltarla e ritrovarsi in quello che dico e penso».

Hai partecipato per due annate consecutive alla trasmissione “Io canto”, cosa è rimasto di quel Simone e in cosa senti di essere rimasto uguale?

«È stato il punto di partenza di tutto. Senza “Io Canto” non sarei mai dove sono ora e non avrei mai fatto tutto quello che ho fatto fino ad ora. È cambiata la voce, sono cresciuto, ho iniziato a scrivere i miei testi… ma alla fine sono sempre il solito ragazzo che ama stare sul palco, saltare e cantare senza mai fermarsi. “Io canto” è stata l’esperienza della vita. C’era un team di professionisti che ci ha formati come “cantanti” e ci ha insegnato moltissime cose a livello artistico».

Nel 2011 hai partecipato alla settima edizione di X Factor come membro del gruppo Freeboys. Cosa ricordi ti ha lasciato quella esperienza?

«“X Factor” è stato il passo in avanti, una sorta di atto di crescita e maturità artistica. È stato interessante e sorprendente lavorare con Luca Tommassini, direttore artistico di “X Factor”, e con Paola Folli, nostra vocal coach. Lavoravamo anche fino a notte fonda, provando ininterrottamente. Inoltre vivevamo in un loft senza contatti con l’esterno, senza telefoni e nient’altro. È stata quindi anche una bella esperienza dal punto di vista sociale con gli altri ragazzi che vivevano con noi nel loft».

Il tuo brano “Battito di mano” si è aggiudicato la vittoria della terza edizione del BIELLA FESTIVAL MUSIC VIDEO 2018. Un bel riconoscimento?

«Sì! Non me l’aspettavo perché c’erano molti videoclip con temi importanti come l’immigrazione o la violenza sulle donne. Invece hanno scelto di premiare evidentemente il lavoro di post produzione che con Enzmonz, Mirko Montemurro e tutta l’Ardaco abbiamo deciso di realizzare. Il video parla di un viaggio: ci sono molte immagini che scorrono veloci, biglietti aerei, città del mondo. È stato un bel riconoscimento per tutto il lavoro svolto con il mio team».

Sei alle prese con la lavorazione del tuo nuovo album, di prossima pubblicazione. Cosa puoi anticiparci a riguardo?

«Posso dirvi che la maggior parte dei brani sono scritti proprio da me: per la prima volta ho dato voce, attraverso la musica, a tutto quello che avevo dentro. Rabbia, amore, delusione, rancore, felicità. Sono tutte emozioni che ho provato verso diverse persone e che ho deciso di trascrivere in canzoni. Ogni canzone è dedicata a una persona in particolare e ogni parola ha un significato fondamentale per me. Inoltre ci sono altri 3 brani scritti da altri autori che vanno ad impreziosire il progetto. Uno di questi è proprio “Niente di buono”, il singolo uscito a luglio dopo “Battito di mano”».

Alla luce di tutto quello che ci siamo detti, per concludere, quale messaggio vorresti trasmettere al pubblico, oggi, attraverso la tua musica?

«Vorrei che la gente si riconoscesse nei miei testi e in quelle che potrei definire come delle “esperienze comuni”. Esperienze che vivono tutti, da giovani ad adulti: dalle storie d’amore finite, le amicizie che si chiudono per dei tradimenti o delle delusioni… E che ascoltando la mia musica, le persone riuscissero ad evadere dalla realtà circostante anche se per soli pochi minuti. È quello che ho sempre cercato io nella musica ed è quindi quello che spero di fare anche io».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.