A tu per tu con il giovane artista al suo ritorno discografico con “Dinosauro” scritto a quattro mani da Mogol e Francesco Rapetti
Ciao Marco, bentrovato su RecensiamoMusica, partiamo dal tuo nuovo singolo “Dinosauro”, mi racconti la sua storia?
«È una storia casuale possiamo dire, il brano è arrivato in un periodo particolare, dopo un buon riscontro radiofonico ottenuto dal 2014 al 2016 si è un po’ spento tutto. Un giorno mi trovavo a casa di Francesco Rapetti, gli ho raccontato questo mio stato d’animo e lui mi ha tirato fuori dal cassetto un brano che aveva composto con suo padre qualche anno prima. Mi sono innamorato subito di questa canzone e gli ho chiesto di poterla provinare, fortunatamente il risultato gli è piaciuto molto, così come a Mogol che è rimasto piacevolmente colpito dalla mia interpretazione. Tutto è successo per caso, in maniera inaspettata».
Hai messo da parte la tua verve cantautorale per mostrare in maniera inedita il tuo lato da interprete. Ti sei trovato a tuo agio?
«Si, perché “Dinosauro” parla di me, la sento addosso come se fosse una mia canzone. È stato un colpo di fulmine, mi sono innamorato subito di questo brano, a prescindere dal nome altisonante dell’autore che l’ha composto».
Pronunciare il nome di Mogol evoca decine e decine di titoli e di canzoni memorabili. Di lui si potrebbero dire tantissime cose, scrivere libri interi. Ma c’è una caratteristica che ti colpisce della sua poetica?
«La capacità di esprimere concetti complicati con parole semplici, mi riferisco a frasi come “sono ancora vivo malgrado l’incidente, ferito sulla strada e per di più perdente”, parole comprensibili che in realtà raccontano un mondo. Qualsiasi individuo può rispecchiarsi in queste sue frasi».
Mina, Lucio Battisti, Patty Pravo, Renato Zero, Rino Gaetano, Mango, Lucio Dalla e Gianni Morandi, Adriano Celentano, Eros Ramazzotti, sono soltanto alcuni degli artisti che hanno cantato le parole del Maestro. Sei riuscito a chiudere occhio la notte prima di entrare in studio?
«Non tanto (ride, ndr). Devo dirti la verità, un po’ di responsabilità me la sono sentita, più che altro per dimostrare di essere all’altezza. Ho messo tutta la mia passione per far sì che il risultato venisse fuori nel modo migliore possibile, durante la lavorazione, con il Maestro Mario Natale, abbiamo cercato di curare ogni minimo particolare per non lasciare nulla al caso, credo e spero di esserci riusciti fino in fondo».
Venendo a Francesco Rapetti, invece, vi lega una bella amicizia, come vi siete conosciuti?
«Ci conosciamo oramai da sette-otto anni, presentati da un amico comune. Nel tempo abbiamo sempre mantenuto ottimi rapporti e la casualità ha voluto che, durante uno dei nostri sporadici incontri, ascoltassi un pezzo meraviglioso come “Dinosauro”, una casualità che ha spesso contraddistinto il mio percorso artistico».
Per quanto riguarda il videoclip, diretto dal regista Matteo Galvani, cosa avete voluto esprimere attraverso quelle immagini? Oggi come oggi possiamo considerare la scelta di raccontare in maniera didascalica il significato della canzone un po’ come una controtendenza..
«Guarda, devo dirti che sto facendo un po’ tutto in controtendenza, in maniera inconsapevole senza pensarci più di tanto. Mi sono affidato al regista che ha voluto seguire un’idea diversa, anche se all’interno c’è tutta la mia vita, il mio percorso e la mia storia. Il bambino che appare nel video è esattamente la fotocopia di come ero io da piccolo, non ho fatto nessun casting particolare, mi è stato presentato per caso da un amico e appena l’ho visto sono rimasto impressionato, perché ero davvero identico. Il messaggio che abbiamo voluto lanciare attraverso questo video è che, nonostante le difficoltà di questo tempo, continuo ad essere me stesso e portare avanti quelli che credo siano i giusti valori sia nella vita che nella musica».
Con quale spirito ti affacci al mercato e come valuti il livello generale dell’attuale settore discografico?
«Mi affaccio al mercato in modo sereno, con questa canzone non avevo alcuna aspettativa, nel senso che già cantare un pezzo del genere è stato come vincere la Coppa dei Campioni. Poi, ovvio, se le cose vanno bene siamo tutti più felici, abbiamo riscontrato un muro da parte di certe radio ma oggi va così, sicuramente va trovato un modo per arginare l’ostacolo ed arrivare al grande pubblico attraverso altri canali».
Siamo a dicembre, tempo di bilanci, come valuti questo 2018?
«Un anno strano, sia per la collaborazione con Mogol che per l’incontro artistico con il cantante spagnolo David Neria, con il brano “El amor que nonse vive”, anche in quell’occasione nato per caso. Entrambe le circostanze non erano calcolate, tutto è arrivato in maniera assolutamente casuale e di questo ne sono contento, perché continuo a fare quello che credo sia giusto».
Desideri, obiettivi e buoni propositi per il 2019?
«Dalla settimana prossima entro in studio a lavorare su ventotto canzoni che ho realizzato nel corso di questi ultimi anni, brani per me importanti su cui lavoreremo in previsione dell’uscita del prossimo album, selezionando quelli che mi rappresentano maggiormente e che, con il mio team di lavoro, consideriamo più adatte. Grazie a “Dinosauro” c’é stato un interessamento da parte di alcune etichette discografiche, nei prossimi mesi capiremo il da farsi, la cosa che mi preme è mettere in ordine le idee e tirare fuori dal cassetto le mie canzoni».
Per concludere, terminata l’era giurassica e archiviata la promozione di “Dinosauro”, in che direzione andrà la tua musica?
«Sono sempre io, rimasto fedele a me stesso, la mia nuova musica non sarà diversa ma, sicuramente, piú matura perchè sono trascorsi alcuni anni e io sono cresciuto. Come sonorità resto ancorato al pop melodico italiano, un genere che mi rappresenta e che desidero portare avanti con trasporto e determinazione».
Nico Donvito
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