A tu per tu con il giovane cantautore veneto, in uscita con l’album “22.12” contenente sette inediti
Si intitola “Molto di più” il singolo apripista di “22.12”, il secondo progetto discografico di Lorenzo Cittadini, artista trevigiano che si è aggiudicato ben due riconoscimenti al prestigioso concorso dedicato alla musica emergente Note d’Autore 2018, detentore del Premio miglior brano (con il pezzo “Non ti fidare di me”) e il Premio Parole e Dintorni. A distanza di un anno e mezzo dal lancio del suo album d’esordio “La Rosa Corsara”, abbiamo incontrato per voi il giovane cantautore
Ciao Lorenzo, partiamo dal tuo nuovo album intitolato “22.12”, cosa rappresenta per te?
«Fa riferimento a una data particolarmente significativa, ovvero il 22.12.2015, giorno in cui sono riapparso quasi per magia a casa dopo un’esperienza fatta in Spagna, per la precisione a Malaga. Un’esperienza che partiva dal mondo universitario ma che poi si è trasformata in un’esperienza di viaggio e di scoperta. Quel giorno segna il rientro a casa e la voglia di dedicare anima e corpo per consolidare la mia esigenza musicale e di scrittura. Infatti da quel giorno, non troppo lontano sono stati scritti due album e uno è già in fase di scrittura. Diciamo che fa riferimento ad una nuova visione della mia vita artistica che vuole aggrapparsi a una data, simbolo della storia e del corso degli eventi».
È il tuo secondo album, quali innovazioni contiene rispetto al precedente, sia a livello di sonorità che dal punto di vista testuale?
«I due album, “La Rosa Corsara” e “22.12”, sono profondamente diversi dal punto di vista delle sonorità, della composizione e dell’orientamento artistico. Ma è stato un cambio netto voluto; diciamo che “La Rosa Corsara” era già un’esperienza che univa vari mondi musicali che negli anni precedenti avevo scoperto e assaporato. Il nuovo disco lo vedo come quel deciso cambio di marcia verso una profonda maturazione verso il tipo di linguaggio e di proposta che sento più mia. L’insieme di suoni d’oltreoceano si sono fatti sempre più insistenti. Ho “pulito” molto i testi rispetto al primo disco concentrandomi sugli arrangiamenti e sugli “spazi aperti” che solamente l’esperienza on the road sa suscitare. Inoltre ho voluto “rinfrescare” quello che era l’immagine del disco e del mio messaggio musicale rinnovando anche la maniera di scrivere e l’attitudine più al passo con i tempi».
Credi di aver raggiunto un’identità artistica ben definita o, più semplicemente, ne sei ancora alla ricerca?
«Credo che “22.12” abbia tracciato in maniera ben definita quello che vuole essere il percorso e l’identità artistica. Un album che mi ha dato nuova consapevolezza e mi ha fatto immergere in un mondo musicale e sonoro ben definito. Soprattutto ha confermato quella che è la mia visione e attitudine in questo lavoro, ovvero quella dell’artigiano della musica. Questo album mi ha fatto capire quanto conta viaggiare, documentare fatti, esperienze, conoscere persone, immagazzinare profumi e sensazioni e poi plasmarle facendole tue e dandogli la tua personale veste. Questo album ha consolidato questa mia idea che sta alla base della mia identità artistica».
Sette tracce prodotte per ArteVoce da Simone Chivilò e Moreno Marchesin. Com’è andata questa doppia collaborazione?
«Simone Chivilò è prima di tutto un grande amico, chitarrista dal curriculum “pesantemente importante”. Aveva già prodotto il mio primo lavoro “La Rosa Corsara” ma non era sceso in campo direttamente come musicista. Il lavoro e la promozione del primo album lo hanno ulteriormente appassionato e successivamente si è consolidata la nostra collaborazione anche dal punto di vista musicale fino a lavorare giornalmente per la stesura e gli arrangiamenti di 22.12. Moreno Marchesin (anche lui batterista da oltre 30 anni) allo stesso modo si è avvicinato molto al progetto durante la promozione del mio primo disco e successivamente ho avuto la fortuna e il piacere di accoglierlo in quella che definisco la Banda Larga, un vero e proprio team di musicisti che, al di là del mio nome come artista, lavora e crede in questo progetto artistico. Tanto Chivilò come Marchesin, viste le loro esperienze e gusti, sono solo un valore aggiunto decisivo per le sorti di questo percorso».
“Molto di più” è il singolo selezionato come apripista, come mai questa scelta?
«È la canzone che apre il disco, quella che già dal primo secondo ci mette sul binario giusto. È un singolo energico e pieno di forza. L’ho percepita subito come canzone che potesse in qualche modo “strappare” con quello che era stato il percorso sin a questo momento. Una canzone di forte impatto emotivo».
Facciamo un salto indietro nel tempo, quando e come è nata la tua passione per la musica?
«Cresco artisticamente grazie alla passione musicale dei miei genitori ma soprattutto grazie ad un rapporto molto particolare con Silvestro Neri, cugino di mia madre, poeta, scrittore, paroliere e musicante. Questa vicinanza artistica ha formato e plasmato tuttora la mia vita artistica ed è una delle figure di riferimento. Lui mi regalò la prima chitarra classica. Con lui si formarono i miei primi testi. A parte i primi in cui strimpellavo solo la chitarra, la cosa si è fatta seria durante gli anni del liceo, il primo demo autoprodotto con un compagno di banco pianista, il primo Ep autoprodotto con la band di cui ero il frontman, ci chiamavamo Masterchild. Da lì sino ad arrivare ai giorni nostri in cui la musica evidentemente è diventata molto di più di una passione. Con lo stesso Silvestro, tra le altre cose, ho appena pubblicato il primo volume di una collana chiamata Quaderni Mediterranei, un insieme di testi, poesie, racconti e analisi del mondo artistico mediterraneo».
Quali ascolti hanno accompagnato e ispirato la tua crescita?
«Sono stati tanti e di generi tra loro molto diversi. Ciò che ho sempre pensato è che la cosa più bella per chi ha la fortuna di lavorare nel mondo dell’arte è quella di saper cogliere da tutti gli artisti quel particolare, quel dettaglio, quella specialità, nel suono, negli atteggiamenti che li rendono grandi. Da lì ho sempre lavorato per farli miei e trovare la mia personale identità sonora. Da giovane i mie ascolti erano principalmente Pino Daniele, Simply Red, piuttosto che tutto il cantautorato classico italiano. Oltre a questi mi sono avvicinato molto alle sonorità inglesi degli U2, per poi passare ai REM. Insomma tanti ascolti; questi sono solo alcuni dei mille artisti che ascoltavo».
Come valuti l’attuale situazione discografica del nostro Paese e cosa ti ha spinto a ricercare oltreoceano nuove sonorità?
«Dura parlare di discografia, e chi li compra più i dischi? Ahimè stiamo vivendo un momento di passaggio abbastanza netto e duro. Oggi sta cambiando il vocabolario musicale, si parla di streaming, di views, di followers. Internet ha aiutato la diffusione mondiale della musica ma non c’è più selezione, è stata privata la figura del musicista/artista della propria professionalità, della propria creatività ed originalità. Tutti allo stesso modo e tempo possono irrompere in questo mondo e portare qualcosa. Vedo un mondo musicale freddo, senza identità, dove conta solo il successo fine a sé stesso. E ahimè questa responsabilità non è solo degli artisti e di chi lavora nel settore ma credo che gran parte della responsabilità sia proprio di chi ascolta. Viene meno l’interesse e la “fatica” di ascoltare qualcosa di nuovo piuttosto che qualcosa di strutturato o che abbia un messaggio importante. Io credo in un diverso universo musicale, credo nelle ore passate a viaggiare e ricercare suoni e parole. Credo nei concerti suonati dove il sudore e i km di strada contano più di ogni altra cosa».
Alla luce di tutto quello che ci siamo detti, per concludere, quale messaggio vorresti trasmettere al pubblico attraverso la tua musica?
«Sono ottimista e credo fortemente nell’importanza dell’atteggiamento di chi fa questo mestiere. È quello che cerco di portare avanti ogni volta che mi trovo sopra un palco o quando scrivo. Cerco di trasmettere passioni e valori, le cose importanti, le cose che mi divertono e le cose che temo maggiormente. Parlo soprattutto dell’esperienza del viaggio, vera medicina della nostra anima, che ci rende felici, ci libera e ci collega col mondo intero. Mi piace che le persone possano servirsi delle mie canzoni o di alcuni miei versi per portarli con sé nel momento del bisogno».
Nico Donvito
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