Qualche settimana fa stavo facendo un po’ d’ordine tra le tante mail che quotidianamente occupano la casella della nostra redazione. Casualmente ne ho aperto una che non avevo ancora letto e che era stata archiviata nello spazio emergenti. Ho ascoltato senza troppa concentrazione quella traccia audio che era allegata ma ho colto subito quanto quella canzone, quel modo di scrivere, quella voce e, soprattutto, quel modo d’interpretare meritasse una qualche attenzione particolare e sono andato a spulciare in giro per il web per capire chi fosse questo giovane artista che si faceva chiamare Ultimo.
Ammetto che, purtroppo, non sempre c’è il tempo di ascoltare le decine di proposte che arrivano ma, raramente, mi è capitato di rimanere più sorpreso e soddisfatto da una simile proposta. Ho contattato personalmente Ultimo per parlare insieme di “Ovunque tu sia”, quel suo famoso pezzo che ascoltai casualmente, e del suo percorso musicale finora. Nel frattempo oggi esce il suo nuovo singolo, intitolato “Sabbia”, che continua a mantenere in me quella assoluta sensazione positiva nei confronti di questo giovane-vecchio ragazzo. Ecco cosa mi ha raccontato:
“Ovunque tu sia” è il tuo secondo singolo rilasciato in radio ed è un brano che racconta un forte desiderio di evasione. Da dove è che cerchi di scappare?
<<Il desiderio di evasione di cui parlo nella canzone fa riferimento ad ogni evento della quotidianità, ogni piccola cosa che da forma alla classica giornata che mai ci si ricorderà nella vita. E’ una voglia di evadere da quelle cose che dobbiamo fare quotidianamente o da quelle che facciamo anche senza rendercene conto: evadere dalla normalità in un certo senso>>.
Qualche settimana fa hai avuto modo anche di aprire una delle date live di Fabrizio Moro al Palalottomatica di Roma. Immagino sia stata un’esperienza molto importante per te; come ti sei sentito ad esibirti davanti ad un pubblico così numeroso?
<<E’ stato sicuramente emozionante anche perché Fabrizio Moro è uno dei cantautori che mi hanno formato dandomi di più. Aprire il concerto di un artista che per anni è riuscito a farmi aprire gli occhi su molti aspetti della musica e non solo per me è davvero importantissimo>>.
Oltre a “Ovunque tu sia” hai pubblicato, finora, altri tre pezzi, “Giusy”, “Chiave” e “Sogni appesi”, mentre, invece, martedì 25 luglio uscirà il nuovo singolo, “Sabbia”. So che, nel frattempo, stai lavorando anche al tuo primo album vero e proprio: qualche anticipazione?
<<Stiamo facendo un album molto intimo con tematiche sicuramente introspettive. Questo perché una delle mie caratteristiche è di non parlare mai di ciò che succede al di fuori di me: non è egoismo ma un mio bisogno primario. Questo significa che non saprei scrivere una canzone parlando di una protesta sociale per esempio: non perché non m’interessi ma perché preferisco parlare di argomenti più astratti>>.
In queste poche battute hai parlato spesso di “intimità”, parola e tendenza musicale che in te trova sicuramente espressione nella tua radice cantautorale, ma in te si avverte anche una vicinanza al mondo musicale attuale e a quel genere definito globalmente rap anche se con sfumature delle più varie e lontane. Che cosa tiene insieme questi due mondi in te?
<<Da parte mia c’è sempre stato il bisogno di realizzare un cocktail tra i vari elementi che avverto intorno a me. Sicuramente l’onda del cantautorato italiano mi ha influenzato molto ma questo non m’impedisce di realizzare un tipo di musica al passo con i tempi: se oggi si dovesse riproporre “Notte prima degli esami” con le stesse sonorità che ha usato Venditti sarebbe sicuramente un qualcosa di lontano dal nostro tempo. Quello che sto cercando di fare è coniugare delle sonorità moderne a delle tematiche testuali decisamente cantautorali e tradizionali. L’arrangiamento fa la canzone ed è su quello che sto lavorando>>.
Personalmente quando ho ascoltato un tuo pezzo (“Ovunque tu sia”) ho apprezzato proprio questo della canzone: il modo in cui era stata arrangiata. Penso fosse proprio quella la chiave vincente del brano: essere riuscito a dire un qualcosa di “tradizionale” in una chiave musica estremamente contemporanea
<<Sono d’accordo>>.
Abbiamo citato Fabrizio Moro ma se dovessi citare qualche altro cantautore italiano che, in qualche modo, ha influenzato il tuo modo di fare musica chi ti viene in mente?
<<Ce ne sono veramente tanti. Ti faccio una premessa, io ho iniziato ad ascoltare musica perché quando ero ragazzino mia madre ascoltava le canzoni di Renato Zero, tant’è che son cresciuto quasi con l’ansia di Renato Zero da quanto ho sentito i suoi brani. Da lì ho iniziato ad ascoltare tutto il cantautorato italiano e devo dire che sono andato da Vasco fino allo stesso Cesare Cremonini che, pur essendo molto più moderno, ha quella fantasia nella scrittura che lo avvicina a Lucio Dalla con cui condivide il desiderio di evadere dalla quotidianità. Lo stesso Dalla è stato per me un maestro visto che con pezzi come “Disperato erotico” è riuscito a concretizzare dei racconti quotidiani con una poetica pazzesca e utopistica>>.
E, invece, se dovessi ricercare qualcosa o qualcuno nelle tue radici del filone musicale più moderno?
<<Ci sono molti artisti dei nostri tempi che mi piacciono: mi piace molto il movimento indie che sta emergendo in questo momento. Da Motta fino allo stesso Tommaso Paradiso dei Thegiornalisti, anche se lui sta virando più verso il pop. Ma anche lo stesso Ghali mi può colpire per il suo approccio alla musica che mi ricorda molto Jovanotti>>.
Sei giovanissimo e molti alla tua età hanno trovato nella televisione il mezzo perfetto per riuscire ad emergere. Tu hai scelto, forse, la via un po’ più tradizionale, anche in questo caso, di un percorso discografico costruito con pazienza. Hai mai provato la via dei talent show oppure hai provato ma è andata male?
<<Sono sincero, negli anni passati ho provato ad entrare in dei talent show e, per dirla tutta, non sono assolutamente contro a quel contesto anche se capisco che detto da un ragazzo che ascolta e propone musica cantautorale può sembrare una contraddizione. Non è il talent show ad essere sbagliato perché può succedere che proponga anche dei veri talenti. Il problema, secondo me, è il dopo: se oggi escludiamo quei 4 o 5 fenomeni usciti dai talent il resto fa fatica a proseguire il proprio percorso>>.
Tu personalmente in quale talent avevi provato ad entrare?
<<Avevo provato sia ad “Amici” che ad “X-Factor”. Ho fatto i provini lo stesso anno, ma ormai son passati 4-5 anni>>.
E, invece, come sei entrato in contatto con la tua attuale etichetta discografica (Honiro Label)?
<<E’ stato del tutto casuale. Un anno fa, tramite un amico che conosceva meglio di me il mondo dell’hip-hop italiano, ho fatto il contest organizzato dalla Honiro che metteva in palio un contratto discografico. Ho partecipato pur non avevo dei brani prettamente rap e, alla fine, è andata come nessuno si aspettava: nemmeno io>>.
Quest’estate hai in programma appuntamenti live oppure ti dedicherai alla scrittura e all’album?
<<La scrittura, in realtà, per quanto mi riguarda mi accompagna nel quotidiano. Scrivere a tavolino non penso sia un metodo efficace quindi lo evito. Per quanto riguarda i live ci sono alcune date che stiamo programmando e che annunceremo mano a mano sui vari spazi social appena le confermeremo>>.
Vista la tua forte radice tradizionale di cui abbiamo ampiamente parlato, ti piacerebbe, un giorno, pensare al Festival di Sanremo?
<<Si, sicuramente è il sogno di chiunque sia nella mia posizione. E’ una vetrina che manterrà sempre il suo fascino che è assolutamente unico>>.
Se dovessi scegliere un tuo brano ad un ascoltatore qualunque che non ti conosce musicalmente parlando quale sceglieresti senza dar retta a logiche radiofoniche o preconcetti stilistici?
<<Penso che “Giusy”, un brano acustico uscito qualche mese fa, sia uno dei pezzi che rappresenti meglio l’intimità e quella voglia di guardarsi dentro piuttosto che guardare fuori di cui parlavamo prima. Sceglierei quello>>.
Questa Giusy è un personaggio di pura fantasia oppure c’è una storia dietro?
<<Si, c’è una storia dietro alla canzone ma è servita esclusivamente per scrivere la prima frase della canzone poi penso che, come ogni canzone, il resto sia frutto della casualità del momento in cui si scrive. Ci credo poco alle storie raccontate nelle canzoni come nei romanzi: la canzone è una sensazione più che un qualcosa di effettivo>>.
Se potessi rubare ad un qualche tuo collega una canzone che non hai scritto o cantato tu ma che avresti voluto farlo, quale sceglieresti?
<<Senza pensarci minimamente “Sally” di Vasco. Penso sia il pezzo più profondo, crudo e vero della storia della musica italiana. Il concetto di dire che tutto è in equilibrio sopra la follia secondo me è un concetto profondissimo>>.
Ilario Luisetto
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