La ricerca della felicità
Un conto è cercare di essere felici attraverso la consapevolezza di vivere la vita che vogliamo, un conto è ricercare la felicità dopo averla vissuta e assaporata prima di vederla svanire da un momento all’altro. I due concetti si mescolano ma sono distinti, due strade diverse che ogni tanto si intersecano per essere la stessa, per poi separarsi nuovamente tornando indipendenti l’una dall’altra: l’essere felice da un lato, il ritornare felice dall’altro.
Nella canzone ‘La felicità’ Fabrizio Moro parte da questo secondo presupposto: si è consapevoli di dover ricercare uno stato emotivo che abbiamo già vissuto ma che tuttavia al momento manca “prima o poi tornerà la felicità”.
Da questa disamina emerge chiaramente da dove debba partire la nostra ricerca, ossia dall’analisi del perché la felicità sia improvvisamente volata via. In primo luogo è interessante sottolineare come uno dei motivi sia da rinvenire nel fatto che i nostri stati d’animo siano di frequente influenzati da ciò che tocca la nostra vita e fa breccia in questo caso nella sua fragilità. Mi riferisco a ciò che consideriamo sicuro, stabile e certo fino a quando succede una qualsiasi cosa che come un’onda travolge tutto e mina le nostre sicurezze. “Cadono come castelli di sabbia le nostre certezze”. L’immagine del castello di sabbia la ritengo di una concretezza micidiale: ci vuole tanto per raggiungere la stabilità che, preda dei numerosi venti dell’incertezza, rischia di essere spazzata via se questi ultimi soffiano con troppa forza. Se tutto è da rifare significa che tutto si può ricostruire: “tornerà la felicità, la felicità”.
Felicità che, in secondo luogo, è in questo contesto collegata fortemente all’amore nei confronti di una persona: “non ho mai amato nessuno, all’infuori di te” e risulta essere la base più adatta su cui ricominciare a costruire il nostro percorso dal momento che è la prima ed unica medicina che cerchiamo per noi stessi “anche se cerchi ogni giorno un frammento d’amore”. Amore per una persona ma anche amore per quello che facciamo, per i nostri progetti e i nostri sogni. Nel testo il cantautore romano è attento nell’evidenziare questo aspetto “i sogni sai vanno dipinti anche se non li vedi” richiamando l’idea di credere in se stessi per tentare di realizzarsi “ma se poi ci pensi spesso svaniscono proprio perché non ci credi”.
In sostanza, ci suggerisce che sentirsi realizzati è una delle chiavi per poter aprire le diverse porte della felicità. In conclusione, anche quando tutto sembra perso “non c’è più niente da dire”, è un dovere credere nella speranza che tutto possa tornare come prima “prova a convincermi” e anzi, aggiungo io, convincersi di poter raggiungere una felicità ancora più alta.
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