Intervista alla grande voce di Antonella Ruggiero
Antonella Ruggiero sarà la protagonista, questa sera 13 aprile 2019, di Trino Sacra, l’evento live a Trino Vercellese dove canterà un repertorio di arie sacre con la conduzione del giornalista Maurizio Scandurra che ha tenuto a definire la sua ospite genovese “anima sperimentale, errante e ricercatrice insieme della musica italiana. Un nome, una voce. Donna di rara sensibilità, cultura ed esperienza del fatto artistico in sé propriamente detto, interprete e cantautrice dalla leggiadra e leggendaria capacità di raggiungere vette sonore per tutti impossibili spaziando ad ampio raggio negli anfratti più nascosti e reconditi, imprevedibili e mai certi di suoni e note, rappresenta la via privilegiata d’accesso a quello che, anche sul pentagramma, si chiama infinito. Lo stesso spazio-tempo privo di confini che vive e condivide a due cuori e quattro mani con l’avanguardista Roberto Colombo”.
Proprio grazie a quest’occasione abbiamo avuto modo di realizzare con la grande artista di Genova, prima voce dei Matia Bazar e poi straordinaria interprete e cantautrice solista con all’attivo ben 11 partecipazioni al Festival di Sanremo (tra cui la vittoria del 1978 con ‘…e dirsi ciao’), una breve ma intensa e densa intervista sul valore dell’arte e della musica. Ecco quello che ci ha raccontato:
Allora, signora Ruggiero per questa nostra breve chiacchierata ho pensato ad una serie di parole chiave che mano a mano le proporrò. Mi piacerebbe lasciarla “Libera”, come il titolo del suo primo album da solista del 1996, e quindi permetterle di dire qualsiasi cosa le venga in mente in riferimento alle varie parole che le suggerirò. Vorrei partire dalla parola ricerca…
<<La ricerca è un qualcosa di interessante per una persona creativa, anzi è estremamente necessaria per non cadere nella routine, nell’ovvietà, nella noia. Io credo che la ricerca faccia parte delle persone curiose, delle persone che hanno voglia di vedere sempre quello che c’è al di là di un immaginario confine. Io parlo di musica perchè mi rappresenta ma penso che in quasi tutte le professioni la ricerca faccia parte di quella libertà entro cui ci si può muovere>>.
Non crede che, a volte, la ricerca possa diventare un rischio?
<<No, è un rischio essere ingabbiati in una formula che magari consente di avere una certezza ma che soffoca quello che ogni persona vuole veramente: muoversi veramente. Fare arte, come ad esempio fare ricerca scientifica, obbliga a muoversi, a ricercare, perchè altrimenti tutto diventa un lavoro che, con tutto il rispetto che si deve al lavoro, può tarpare le ali a chi, invece, ha voglia di non sentirlo come tale ma, piuttosto, come una necessità>>.
Proprio a questo proposito la seconda parola-chiave che le suggerisco è arte…
<<L’arte fa parte di questo movimento interiore che porta ad esprimersi quando, ovviamente, è sincera e sentita e non quando è fatta appositamente per riuscire a raggiungere un mercato. L’arte, quando è vera, è scollegata a quei meccanismi che avvengono intorno ad una vendita di qualsiasi tipo. L’arte è da tenere in attenta considerazione ma soprattutto da individuare perchè tutti possono dire ‘faccio arte’ ma è un’espressione difficile da ‘catalogare’. Cosa vuol dire fare arte? Vuol dire vivere in maniera scomoda a volte perchè il sentimento umano, quando si è mossi davvero dallo spirito dell’arte, fa smuovere all’interno degli uomini delle corde non semplici che poi portano all’espressione artistica>>.
La terza parola a cui avevo pensato è tempo…
<<Il tempo ha un valore a seconda della modalità con cui lo si trascorre. Il tempo vissuto nel traffico, nell’affanno, nel voler raggiungere a tutti costi un bene materiale è un tempo che mangia la persona, che corrode. Se, invece, il tempo è vissuto fuori da questi ritmi, che a volte possono essere micidiali, è un tempo bello e che ci consente, soprattutto, di pensare per agire a seconda dei propri bisogni interiori e non solo. Il tempo è bello quando non lo si spreca nei pensieri e negli atteggiamenti inutili. E ce n’è tanta di roba inutile: viviamo circondati per lo più da cose inutili che soffocano l’animo umano secondo me>>.
Nel corso della sua carriera, che utilizzando le due parole precedenti possiamo definire una carriera artistica di ricerca, ha spesso trovato il modo di darsi tempo, di saper aspettare, di conoscere il valore del dono importante dell’avere tempo per comprendersi e per comprendere ciò che ci circonda
<<Certo, il tempo me lo prendo anche ora, me lo sono sempre preso. Non mi sono mai assoggettata a quelli che sono i ritmi imposti da terzi. Tutto ciò che è imposizione ci fa buttare via un sacco di tempo prezioso. E’ giusto vivere il nostro tempo con la giusta attenzione e, contemporaneamente, rilassatezza nonostante tutto quello che ci gira intorno quotidianamente>>.
A tal proposito un’altra parola chiave che ho individuata è attualità…
<<Viviamo in un periodo storico veramente di ricambio, un periodo in cui siamo in bilico, in attesa di qualcosa. Non c’è più niente di certo: le vecchie regole si stanno sgretolando e, però, al tempo stesso le stesse ingiustizie di sempre continuano a riproporsi con la solita violenza. E’ un periodo storico, dal punto di vista sociale, molto instabile e caotico. Credo, però, che sia necessario che accada tutto ciò per portarci, non so come, in un tempo diverso che non so se sarà migliore perchè, per la prima volta nella storia dell’umanità, c’è di mezzo la tecnologia con tutto quello che si porta appresso di positivo e di negativo. Queste risposte nessuno le può dare ad oggi proprio perchè non c’è un paragone con il passato e, forse, anche per questo il nostro tempo e la nostra realtà sono interessanti>>.
Dal punto di vista artistico e musicale come valuta la nostra attualità? Anche da questo punto di vista siamo in un periodo di passaggio?
<<Si, siamo in un periodo di passaggio come sempre, come in tutta la storia dell’uomo. Oggi, parlando di musica, c’è un’offerta infinita che non è certo quella che passando i media e le radio: l’offerta musicale è enorme. Quando penso che i giovani artisti vengono costantemente associatati a certe trasmissioni legate alla televisione io immediatamente penso a quei giovani che non andrebbero mai e poi mai a fare queste gare ma che sono dei mostri di bravura. Nessuno ne parla ma esistono realtà importanti legate alla musica classica come alla musica popolare, ai cori, alla musica sperimentale o alla musica antica. Sta all’individuo, se ha voglia, andare a ricercare ciò che il mondo artistico oggi offre>>.
Un’altra parola chiave che ho pensato per lei è voce…
<<Voce, uhm… strumento umano che custodisce ciò che si vive e ciò che si prova per poi trasformare tutto questo nel proprio suono, cantando determinati testi o scegliendo precisi repertori. Non credo che ci sia tutto questo studio per quel che riguarda la voce: la voce segue semplicemente l’evoluzione di una persona e ne riflette interessi ed emozioni. A me succede da sempre così, non sto ore e ore a fare vocalizzi. E’ il vissuto che in maniera del tutto naturale che entra nel suono della voce, nell’interpretazione, nell’intenzione. La tecnica è tutt’altra storia, non ha a che fare con quello che io intendo come canto. Il canto è quasi un’espressione psicologica di una persona>>.
Veniamo alla penultima parola che sicuramente la riguarda: Sanremo…
<<Sanremo oggi mi dice quello che mi ha sempre detto a parte la prima volta in cui ho messo piede là e mi sono stupita come sempre ci si stupisce la prima volta che ci si trova in un luogo diverso dal proprio. Dalla seconda volta in poi ho capito dove mi trovavo e come funzionavano determinate cose per cui Sanremo per me è diventata una grande vetrina che non ha (quasi) paragoni internazionali. E’ una grande fiera della musica dove chi ha voglia ed ha qualcosa da proporre porta il suo lavoro. Il mito di Sanremo non c’è proprio: è un passaggio>>.
C’è una qualche edizione che le è rimasta nel cuore sia di quelle che l’hanno vista protagonista come di quelle in cui non era coinvolta se non da spettatrice?
<<Si e parliamo di molto tempo fa. E’ l’edizione del 1968 quando Louis Armstrong e Dayan Warwick hanno portato delle canzoni in gara, loro che erano dei musicisti che provenivano dal vero blues, quello autentico. Penso che se i giovani avessero voglia di andare a rivedere quello che avveniva a Sanremo in quei periodi potrebbero anche stupirsi di quanta raffinatezza ci potesse essere>>.
E invece, al contrario, c’è un’edizione che l’ha delusa?
<<No, no. Anche perchè non li ho visti di certo tutti (ride)>>.
L’ultima parola che ho pensato per lei è diva… Si sente una diva della musica italiana?
<<Assolutamente no. Con la testa sto nei mondi siderali ma con i piedi sto ben per terra. Per me quello che faccio è alto artigianato. Le opere dei secoli e dei secoli ce lo dimostrano: i più grandi artisti si sono sempre sentiti artigiani prima di tutti. Fare artigianato vuol dire metterci le proprie mani per creare delle cose: l’arte fine a se stessa dice apoco o nulla. Il divismo non ha proprio niente a che fare con tutto ciò>>.
A proposito di artigianato il suo ultimo progetto discografico, ‘Quando facevo la cantante‘, è sicuramente un lavoro artigianale: un progetto colossale che unisce insieme tantissima musica memorabile. E’ un progetto che vuole mettere un punto in quello che è stato il suo progetto artistico finora oppure è una semplice virgola nel suo percorso?
<<E’ una raccolta di musica che ho realizzato dal 1996, momento in cui sono tornata a fare questo percorso all’interno della musica da solista, al 2018: anni in cui ho fatto esperienze con formazioni diversissime l’una dall’altra e con musicisti che provengono da ogni dove per riuscire a sviluppare un rapporto artistico importante. Non è un punto perchè poi la storia continua ma questi 22 anni ho fatto cose che a ripensarci mi chiedo come sia possibile vista la quantità ed i diversi luoghi frequentati>>.
Ilario Luisetto
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