venerdì 22 Novembre 2024

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Jacopo Ratini: “Il mio obiettivo? Restituire dignità ai testi delle canzoni” – INTERVISTA

A tu per tu con il cantautore romano, in uscita con il suo terzo album intitolato “Appunti sulla felicità”

Si scrive cantautore, si legge Jacopo Ratini. Per l’artista romano la musica è una vocazione, lo si può intuire ascoltando le sue produzioni, partendo da “Ho fatto i soldi facili” del 2010, passando per “Disturbi di personalità” del 2013, fino ad arrivare all’ultimo (almeno per il momento) capitolo di questa interessante trilogia, intitolato Appunti sulla felicità, pubblicato lo scorso novembre. Anticipato dai singoli “Cose che a parole non so dire” e “Quando meno te l’aspetti“, il disco mette ancora una volta in risalto le abilità di scrittura di Ratini, a nove anni di distanza dalla sua partecipazione al Festival di Sanremo con il brano “Su questa panchina”.

Ciao Jacopo, benvenuto su RecensiamoMusica. Partiamo dal tuo terzo capitolo discografico intitolato “Appunti sulla felicità”, cosa racconta?

«La Canzone è un inno all’azione e un invito a non perdere tempo. È un omaggio a chi affronta con coraggio il cambiamento e costruisce e vive attivamente la propria esistenza, non limitandosi a sopravvivere al suo (tra)scorrere inesorabile».

Da quali idee iniziali sei partito e a quali conclusioni sei arrivato?

«“Appunti sulla Felicità” è l’ultimo brano che ho scritto in questo Album ed è nato in due giorni, ispirato da una frase che ho letto all’interno di un libro di Marco Montemagno: “Ogni giorno in più che aspetti è un giorno tolto al tuo futuro!”. Sono partito da quel concetto, provando a scrivere un testo che motivasse in primis me stesso ma che potesse accendere una scintilla di cambiamento in tutte le persone che avrebbero ascoltato il brano».

Scrittura cantautorale e sonorità pop, quali sono le dosi precise di questa tua personale ricetta?

«In un periodo musicale così liquido e rapido in cui escono un’infinità di canzoni ogni settimana, il mio obiettivo era quello di provare a restituire dignità ai testi delle canzoni, portando il mio pubblico storico e quello che si approcciava a me per la prima volta a soffermarsi ed ascoltare gli undici nuovi brani che avevo scritto. I videoclip, studiati e pensati con cura e nei minimi dettagli, mi hanno aiutato a veicolare i messaggi che intendevo comunicare. Pop d’autore o it-pop, come lo chiamate voi giovani di oggi».

Canzoni autobiografiche e altre “altrobiografiche”, nel senso che raccontano sia storie vissute sulla tua pelle che accadute davanti ai tuoi occhi. Quali sono le tematiche ricorrenti?

«La vita nelle sue più profonde e intime sfaccettature: le modalità comunicative all’interno dei rapporti interpersonali, il valore dei silenzi e delle coincidenze casuali, l’azione come motore di ogni forma di cambiamento, l’amore affrontato da più angolazioni e punti di vista, il riscatto personale, l’accettazione della morte».

Cosa rappresenta per te il singolo “Appunti sulla felicità” e quale messaggio hai voluto lanciare attraverso il videoclip ufficiale?

«Il Videoclip è stato realizzato con la tecnica cinematografica della doppia esposizione (double exposure). Una tecnica poco utilizzata nei videoclip nostrani, perché complessa e dispendiosa a livello di tempistiche e montaggio. Volevo raccontare un viaggio emotivo attraverso le immagini che caratterizzano il nostro mondo interiore, in cui le figure umane diventano contenitori di altre storie e vite vissute. Una sorta di flusso di coscienza, un sogno lucido nel quale la realtà e l’immaginazione si fondono e i loro confini si dissolvono. Sono davvero soddisfatto del risultato che abbiamo ottenuto e delle ottime visualizzazioni e condivisioni che stiamo ricevendo».

Facciamo un breve salto indietro nel tempo, quando e come ti sei avvicinato alla musica?

«Avevo 16 anni. Imparai a suonare la Eco 16 corde di mio padre da autodidatta. Mi veniva spontaneo creare melodie e metterci sopra delle parole. Raccontare storie e musicarle. Poi a 18 anni la prima band del Liceo (i Timberlino 82). Durante il periodo universitario ho scritto tante canzoni ma non mi sono quasi mai esibito in pubblico. Solo dopo essermi laureato ho capito che volevo diventare un cantautore, così ho cominciato una vera e propria gavetta durata un paio d’anni, tra concorsi, serate, treni e un ep autoprodotto. Poi, nel 2009 ho vinto l’accademia di Sanremo, ho cantato una mia canzone sul palco dell’Ariston e da lì è iniziato il mio percorso da professionista che dura tuttora».

Qual è il tuo personale bilancio di questi anni di carriera?

«Un Ep, tre album, tredici Videoclip, un libro di poesie e racconti brevi, un’audiofiaba, il Salotto Bukowski, un metodo didattico di Songwriting, una partecipazione al Festival di Sanremo, una serie di premi e riconoscimenti tra cui Musicultura e Lunezia. Un bilancio assolutamente positivo».

Come hai appena anticipato, nel 2010 hai partecipato al Festival di Sanremo con la bella “Su questa panchina”, che ricordo hai di quell’esperienza?

«Un’adrenalina pazzesca. La voglia che quel momento non finisse mai e si potesse ripetere all’infinito. Un’orchestra che suona la mia canzone. La fine del brano, il silenzio, l’attesa, il fragore dell’applauso del pubblico. L’orgoglio dei miei genitori. I messaggi delle persone care. Gli autografi e la gente che ti ferma per strada. La mia canzone in radio. Una figata pazzesca».

Ti senti rappresentato dall’attuale mercato e da ciò che si sente oggi in Italia?

«Credo che il cantautore che abbia avuto l’intelligenza di rinnovarsi e di non abbassare mai l’asticella sia stato Cesare Cremonini. Per quanto riguarda le nuove leve, in alcuni testi trovo spunti di originalità e un linguaggio fresco e contemporaneo ma non riesco mai ad affezionarmi a un artista in particolare.

Non mi piace questo orientamento discografico basato solo sull’immagine e che utilizza gli artisti ma non li valorizza e non li tutela nel tempo. È un sistema che porta a un aumento della competizione ma ad un indebolimento della qualità testuale».

Per concludere, guardando al futuro, in che direzione andrà la tua musica? 

«Verso chi continuerà ad avere la voglia di ascoltare canzoni che abbiano dei contenuti e dei messaggi. Una musica mai superficiale, che risveglia e nutre le coscienze di chi è curioso e attento».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.