sabato 23 Novembre 2024

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Gisella Cozzo: “Affrontare la vita senza ottimismo non porta niente di buono” – INTERVISTA

A tu per tu con la cantautrice italo-australiana, in uscita con il suo nuovo singolo “This is it

E’ disponibile in radio e sulle piattaforme digitali dal 3 maggio il nuovo singolo di Gisella Cozzo, artista italo-australiana consacrata “regina degli spot televisivi”, per aver prestato la sua voce a numerose campagne pubblicitarie, dalla celebre Coppa del Nonno al Ciobar Cameo, passando per Coca Cola, Levi’s, Chante Claire, Rio Casa Mia, Poste Italiane, Fiat e chi più ne ha più ne metta. “This is it” è il titolo del brano che mette in risalto il suo animo più cantautorale, frutto della collaborazione con il noto produttore australiano Phil Threlfall, oltre a due musicisti di fama internazionale come Johnny Salerno e Simon Hosford. In occasione di questo interessante lancio discografico, abbiamo raggiunto telefonicamente la cantante per concederci una piacevole e scanzonata chiacchierata.

Ciao Gisella, partiamo dal tuo nuovo singolo “This is it”, cosa significa per te?

«E’ un messaggio che ho voluto esprimere in musica, vuol dire ritrovare fiducia in se stessi, lo considero un inno alla vita per poter portare avanti un  progetto e cercare di realizzare i propri sogni. Provengo da una famiglia molto positiva, i miei genitori mi hanno trasmesso sempre una grande carica, il supporto dei propri cari è essenziale in qualsiasi lavoro, ancor di più in campo artistico».

Chi ha collaborato con te in questo brano? 

«Questo singolo l’ho voluto fare a casa mia, a Melbourne, ho realizzato questo mio desiderio di registrarlo e produrlo in Australia, con un produttore molto importante come Phil Threlfall e due musicisti veramente talentuosi, Simon Hosford e Johnny Salerno. Mi è piaciuto tantissimo collaborare con questi ragazzi, il team di lavoro è sempre fondamentale perché il confronto ti porta a tirare fuori il meglio».

Una canzone che invita a credere di più in noi stessi, avverti un po’ di sfiducia generale in questo particolare momento storico?

«Si, tanto, per questo ripeto spesso che è necessario tornare a svegliarci la mattina con un sorriso, perché c’è un pochino di pessimismo nel mondo lavorativo e, di conseguenza, nelle relazioni interpersonali. Affrontare la vita senza ottimismo non porta niente di buono, non bisogna mai arrendersi. “This is it” parla proprio di questo, un brano che mi è stato ispirato da mio figlio, lui vive e studia all’estero, per i giovani è molto importante trasmettere questo messaggio di speranza e passione, far capire loro quanto è importante portare avanti i propri obiettivi».

Viviamo in una società caratterizzata dal “lamento-cronico”, secondo te, esiste un antidoto a questa sorta di apatia che rende, soprattutto i giovani, scoraggiati e demoralizzati?

«Guarda, non c’è una medicina, ma credo che la forza ce l’abbiamo dentro di noi. Da quando sono piccola il mio motto è: “se credi in te stesso anche gli altri crederanno in te”, l’entusiasmo è in tutti noi, bisogna solo trovare il modo per tirarlo fuori. La vita è talmente preziosa per buttarsi giù, si rischia di perdere dei momenti importanti. A volte è dura, lo so benissimo, per questo è necessario riscoprire un po’ di pazienza, non pretendere sempre tutto e subito. L’esperienza e la preparazione sono fondamentali, non bisogna lasciare nulla all’improvvisazione, altrimenti il benessere è solo momentaneo».

Facciamo un salto indietro nel tempo, come ti sei avvicinata alla musica?

«Dobbiamo tornare indietro di un bel po’ (sorride, ndr), mio papà cantava ma non era un professionista, conduceva una trasmissione televisiva in Australia negli anni ’60, ospitava tanti cantanti italiani, per cui la musica è entrata a far parte della mia vita sin da subito. Mia sorella maggiore mi ha stimolata, a sedici anni ho vinto un talent show che mi ha consentito di iniziare a collezionare numerose esperienze live, aprendo concerti di artisti del calibro di Eros Ramazzotti, Marcella Bella, Toto Cutugno e Pupo. Fino ad arrivare qui in Italia, cominciando a lavorare per il mondo della pubblicità».

Infatti, chi come me ha respirato a pieni polmoni gli anni ’90 non può non aver ascoltato almeno una volta la tua voce, perché protagonista di numerose campagne pubblicitarie, tra tutte cito “Joy (I feel good, I feel fine)” diventata jingle della Coppa del Nonno. Come ci si sente nel ruolo di regina degli spot pubblicitari?

«Sono onoratissima, è un privilegio per me essere entrata nelle case degli italiani con la mia voce. Il jingle della Coppa del Nonno, tuttoggi in onda, mi dicono essere diventato un evergreen e sono molto felice, quando la canto dal vivo è molto divertente osservare le persone che la ricordano e riconoscono. E’ una bella soddisfazione, così come tante altre, vi invito a guardare sul mio canale YouTube un video che ho realizzato che si intitola “la mia vita in uno spot”, che racconta il dietro le quinte della pubblicità e i musicisti che mi hanno aiutato a comporre questi pezzi, perché dietro c’è un grandissimo lavoro a livello di creazione e produzione».

In quest’epoca in cui i talent show sembrano rimasti l’unico sbocco per i giovani, fa strano pensare che fino a pochissimo tempo fa bastava un semplice spot o una colonna sonora di un film per entrare nelle case di milioni di persone. Oggi è diventato molto più difficile e le stesse pubblicità hanno come sottofondo le varie hit da classifica, senza dare più di tanto spazio agli emergenti e alla musica indipendente, forse perché hanno intuito il grande potere di questo canale. Quanto è cambiato il mercato rispetto ai tuoi esordi?

«Negli ultimi anni la musica sta entrando nelle case degli italiani attraverso gli spot, è diventato un canale di promozione per gli artisti famosi, i discografici hanno capito il potere immenso della pubblicità. Negli anni ’90 mi capitava anche di realizzare cover di canzoni note trasformandole in jingle, perché non si usava concedere i diritti delle versioni originali. Oggi la situazione si è capovolta, le case discografiche promuovono direttamente i propri artisti in concomitanza con l’uscita di un singolo, è cambiata la strategia di marketing, così come i tempi che non sono più gli stessi anche rispetto a vent’anni fa».

Hai lavorato con numerosi e grandi artisti, ce n’è uno in particolare che ti ha sorpreso a livello umano?

«Quando ho partecipato ad un Festival in Romania ho avuto la fortuna di condividere il palco e conoscere Dionne Warwick, ho scoperto una donna di un’umiltà pazzesca, caratteristica che contraddistingue anche una star come Kylie Minogue, essendo entrambe australiane si è instaurato subito un bel feeling tra di noi. Quello che ho potuto constatare in tutti questi anni di carriera è che gli artisti più grandi sono anche quelli più umili».

Nella lunga lista delle tue collaborazioni spicca Laura Pausini, con la quale hai composto “Good Morning Happiness” per i Neri per caso, com’è nata questa canzone?

«Ti racconto com’è andata, questa canzone doveva cantarla lei ed era destinata al suo disco “La mia risposta”, essendo un brano a cappella si è pensato di affidarlo ai Neri per Caso. Il pezzo l’ho composto inizialmente io in inglese, poi Laura e Cheope l’hanno riscritta in italiano. Nel 2015 ho voluto inserirla nel mio album “Double”, in una veste personale ma sempre bilingue. Credo molto nelle collaborazioni, solo il confronto con gli altri ti porta a crescere e non restare fermo nella tua comfort zone».

Qual è il tuo personale bilancio di tutti questi anni di carriera?

«Devo dirti la verità, non faccio molto spesso bilanci perché mi piace guardare in avanti, ho sempre fatto un sacco di cose, non mi sono mai fermata per guardarmi indietro, questa credo che sia un po’ una salvezza, perché mi ha permesso di non perdere mai l’entusiasmo e di non adagiarmi sugli allori. Se ci penso sicuramente rifarei tutto allo stesso modo, forse ci metterei ancora più grinta (ride, ndr). Mi reputo molto fortunata, sono contenta così, la musica può dare a tutti felicità, sia per chi l’ascolta che per chi la realizza».

Per concludere, qual è la lezione più importante che senti di aver imparato dalla musica?

«Essere sempre fedele a se stessi, saper mantenere un’unica direzione ma, al tempo stesso, essere capaci di intuire quando è necessario cambiare rotta, sperimentare nuovi generi e provare a fare altro.  Lavorare tanto per ottenere ciò che si vuole, mai sottovalutare i propri limiti e imparare a chiedere aiuto agli altri, solo così possiamo crescere e migliorarci».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.