Intervista alla grande cantautrice veneta
Più di dieci milioni di dischi venduti in tutto il mondo, classifiche conquistate in tutt’Europa, vette internazionali mai replicate da nessuna artista italiana nelle classifiche inglesi ed europee. Tutto questo è Ivana Spagna che nel presentare il suo nuovo singolo pensato per l’estate, Cartagena, ci ha raccontato i suoi nuovi progetti non potendo fare a meno di ricordare anche i primi passi della sua lunga e gloriosa carriera. Ma quando l’artista è un mito lo è anche in semplicità ed umiltà e Spagna, anche questa volta, lo è stata raccontandosi senza filtri, emozionandosi e concludendo la nostra chiacchierata dicendomi “grazie, è stata una bella intervista la tua”. Ecco cosa mi ha raccontato:
Allora Ivana, non possiamo non partire dal tuo ultimo singolo: il brano del tuo ritorno sulle scene e della tua ritrovata leggerezza musicale. Da qualche giorno è uscito “Cartagena” in cui duetti con Jay Santos. Che brano è per te questo? Che valore ha in questo preciso momento della tua carriera?
<<E’ vero che negli ultimi anni avevo messo un po’ da parte questo tipo di leggerezza. ‘Cartagena’ è nata mentre preparavo il mio nuovo album e lì ho pensato, con profonda onestà, che volevo fare un’ultima cosa nella mia carriera: un disco, un bel disco che mi dia emozioni. Da quel momento ho iniziato a lavorare al disco e mio fratello Theo mi ha fatto sentire una base che mi è piaciuta subito. Abbiamo iniziato a lavorarci e abbiamo trovato subito la melodia giusta. Ho pensato che per un brano così ci sarebbe voluto un duetto ed è per questo che Ugo Cerruti, il mio manager, si è rivolto a Davide Ippolito, un dj e produttore, che mi ha fatto incontrare Jay Santos. Con Jay abbiamo sviluppato ulteriormente il brano fino ad arrivare a questo risultato. Chi lo ascolta mi dice che è un brano che porta allegria e gioia e di questo sono molto felice perchè se in questi tempi pensanti riusciamo a portare una emozione positiva e spensierata è una cosa importante>>.
Come anticipavi poco fa questo è il primo passo per la pubblicazione del tuo prossimo album d’inediti a cui sta lavorando da parecchio tempo. Puoi anticiparci che lavoro sarà?
<<Ci ho lavorato tanto però ora il disco è definitivamente chiuso. Uscirà a settembre o, al massimo, ad ottobre. Ci sono degli inediti scritti da me ma ci sono anche brani di Luca Chiaravalli e Zampaglione. Quando ho scelto i brani mi sono lasciata prendere solo da quei pezzi che mi emozionavano. Ci sono diverse sfaccettature di una Ivana al 100%. E’ un disco che ho voluto tanto e che ho curato io stessa nei minimi dettagli a partire dalla produzione>>.
Per un’artista che come te nella sua carriera ha tantissime volte pelle, questo disco sarà in grado di regalarti ancora delle nuove sfumature?
<<Secondo me vi stupirò con dei brani che sono nel disco. Mi sono sentita più libera che mai anche grazie al fatto che producendo il disco da sola non ho avuto alcun tipo di interferenza. Sono me stessa al 100%, sono finalmente libera di proporre anche dei brani che, avessi avuto un produttore, magari non avrei potuto fare visto che spesso si parla di generi. Io, però, ho solo un genere ed è il genere che emoziona. Per questo disco ho trovato un brano che è parlato più che cantato e questa è una cosa che mai mi sarei immaginata di fare eppure appena l’ho sentito ho deciso che volevo farlo da tanto mi emozionava. Quando c’è l’entusiasmo questo entra nella canzone ed esce quando qualcuno la riascolta>>.
Nel corso della tua carriera ti è mai capitato di dover fare delle scelte perchè qualcuno te le ha imposto?
<<Avere un produttore significa vivere di compromessi a volte. Un produttore sente la responsabilità del proprio ruolo e, sulla base di questo, a volte può convincere noi artisti a cambiare le proprie scelte. Stavolta sono stata io il mio produttore ed è la prima volta che mi sono sentita libera come l’aria di fare quello che mi sentivo. Ho rischiato: se sarà una cosa bella sarà merito mio, se sarà brutta sarà colpa mia. Ma lo sarà al 100%. E stavolta sono convinta che sarà una cosa bella>>.
Quest’anno, in qualche modo, festeggi i 50 anni di carriera. Era il 1969 quando partecipasti al tuo primo concorso ‘Girogarda‘. Come ricordi la Ivana bambina che muoveva i suoi primi passi nella musica?
<<Eh si, son passati 50 anni (ride). Ricordo quegli anni con tanta tenerezza. Non è gioia è tenerezza perchè non sapevo a cosa sarei andata incontro. Quell’entusiasmo che avevo allora ce l’ho anche adesso e questo è un grande regalo che mi ha fatto chi sta in alto. Però, in mezzo ci sono state delusioni, sofferenze, persone care che se ne sono andate… Allora non sapevo che sarei andata in contro a tutto questo. Se mi rivedo così piccola mi viene da dire “povera piccolina, non sapevi quello che avresti dovuto passare…”>>.
Il vero successo arriva per te, però, alla metà degli anni ’80 dopo parecchia gavetta. Cosa ti hanno insegnato quegli anni di lavoro e di pazienza nei piccoli locali? Che valore ha la gavetta a stretto contatto con i musicisti e con il pubblico delle piccole occasioni quotidiane?
<<Sono state le fondamenta. Il lavoro nella discoteca, quella che io chiamo gavetta, per me era la passione. Non avevamo soldi, non arrivavamo alla fine del mese perchè quel poco che prendevamo andava a finire in cambiali per il furgone e gli strumenti. Mangiavamo un panino ed eravamo felici. La gavetta ti abitua a prendere delle botte che ti fanno capire cos’è la vita e ti rendono forte. Quando le botte le prenderai dopo sarai già abituato. Se parte tutto rose e fiori, magari dalla televisione, tutto è bello all’inizio ma quando arriva la prima botta è bella pesante se non l’hai mai provata. Ben vengano i talent che danno la possibilità a tanti ragazzi di fare musica al giorno d’oggi ma il rischio di questo gioco è la non realtà delle cose che gli si mostrano. Quel periodo di vita bello e fortunato che gli si fa vivere non è la realtà, fuori non è tutto così facile. Noi un tempo lavoravamo diversamente>>.
Proprio a proposito di questo, come hai iniziato tu?
<<Da sola. ‘Easy lady’, il mio primo disco, me lo sono prodotta con mio fratello ed il mio compagno di allora. All’epoca suonavo con loro nelle discoteche di tutt’Italia e ci chiamavamo ‘Operamadre’. Quando suonavamo in ‘Capannina Franceschi’ a Forte dei Marmi c’erano tutti i grandi produttori dell’epoca che venivano a vederci e che mi proponevano di produrmi. Ma in italiano. C’ha provato anche Mario Lavezzi. Io, però, ero una testona perchè volevo cantare in inglese e per questo dicevo di no a tutti anche se mi assicuravano di andare a Sanremo che allora era il top. Per una in cerca di successo era fatta ma a me non interessava: non ho mai cercato il successo, io volevo solo cantare in inglese. Per questo mi sono prodotta da sola il primo disco dopo tante discoteche, jingle pubblicitari, prodotti da studio e cambiali. Era tutta scuola che mi è servita tanto>>.
Ed è così che ‘Easy lady’ ha conquistato tutt’Europa. Tu stessa hai raccontato che i discografici di allora ti dissero che non avresti mai potuto avere successo in questa veste…
<<E’ vero. Ma, invece, il pezzo ha funzionato. E’ arrivato in Francia e lì ha fatto il botto. Da quel momento tutte le etichette mi hanno cercato>>.
Oggi stiamo assistendo al forte ritorno delle sonorità tipiche degli anni ’80 come l’elettronica, il reagge e la dance. Che cosa, però, secondo te non potrà più tornare di quegli anni?
<<Non so cosa non potrà ritornare ma posso dirti quello che non morirà mai di quegli anni secondo me: la melodia. Negli anni ’80 le canzoni avevano tanta melodia e da allora abbiamo passato diversi periodi in cui questa sembrava sul punto di scomparire ma, poi, la melodia è sempre tornata. Se vai in discoteca a ballare non te la porti a casa la canzone se non la puoi cantare. ‘Easy lady’ come tante altre canzoni di successo di allora funzionarono perchè oltre a ballarla la si canticchiava anche in discoteca e ce la si ricordava fino a casa. Era la melodia a fare la differenza. La melodia è sempre vincente. Quando la canzone la canti ti resta dentro il cuore, se non la puoi cantare non te la porti a casa, la balli in discoteca e finisce lì>>.
Prima raccontavi di una ragazzina testona che voleva cantare in inglese. Che cosa ha fatto cambiare idea a quella diva delle classifiche europee di fronte ad Elthon John e alla colonna sonora de Il Re Leone che, per la prima volta, ti ha fatto incidere una canzone in italiano?
<<La voglia di dare la mia voce ad un cartone animato. Quando mi hanno proposto la canzone ed ho sentito che era in italiano ho rifiutato subito. Poi mi hanno spiegato che sarebbe stata la colonna sonora di un cartoon della Walt Disney. A quel punto non ho potuto dire di no, ancora adesso guardo i cartoni animati perchè sono una sognatrice. C’ho provato ma per 8 mesi non ho più saputo nulla. Quando l’ho registrata l’avevano già provinata altre 10 cantanti italiane che mi hanno fatto pensare che non avrebbero mai scelto me. Mi son promessa che se mi avessero scelta non avrei mai detto chi erano le altre bravissime cantanti che avevano provinato il brano. Elton John ha detto che la mia era la voce che cercava>>.
Anche Pippo Baudo contribuì notevolmente al tuo approdo definitivo all’italiano. Come andò la vicenda di ‘Gente come noi’, voluta fortemente da Baudo a Sanremo ’95 da quel che si dice…
<<Dopo il ‘Re Leone’ Baudo mi chiamò per Sanremo. Io non avevo mai scritto in italiano e Baudo aveva fretta di avere il mio pezzo. Il mio manager di allora mi portò una canzone che non mi convinceva e che mi faceva sembrare la copia di un’altra cantante qualsiasi. Io quel giorno stavo male e bisognava fare presto per cui ho registrato la canzone e l’ho mandata a Pippo. E’ stato lui a rifiutarla e a dirmi che voleva una canzone “alla Spagna”. Mi sono, allora, impuntata e mi son detta che dovevo scrivermela da me la canzone. In una sera è nata ‘Gente come noi’. Ho ancora la cassetta originale con la canzone piano e voce registrata quella sera che l’ho scritta. Baudo fu entusiasta e da lì ho continuato a scrivere in italiano>>.
Tornando un po’ indietro nel tempo, nel 1987, sei stata l’ultima donna capace di vincere il Festivalbar. Oggi si discute molto del posto occupato nella musica italiana dalle donne che sempre di più fanno fatica ad imporsi e a farsi notare. A cosa credi sia dovuta questa più scarsa attenzione per le cantanti donne?
<<Secondo me un primo motivo è che ci sono, ad oggi, molti più fan femminili che maschili e le donne perdono la testa, nel senso buono, per il cantante uomo. Un secondo perchè molto importante è che la donna spesso è molto meno trasgressiva dell’uomo nella musica. E questo, per me, è un punto di valore per la donna. E’ facile essere forte inneggiando alla trasgressività ma poi ci si tiene nella coscienza chi ci cade in ciò che si loda. Non posso sentire alcuni nomi del momento che stanno giocando con la vita delle persone. E non è un caso che oggi non ci siano donne che cantano determinati temi ma che continuano a preferire il sentimento. Oggi il pubblico cerca la trasgressione ed è anche per questo che gli uomini vanno per la maggiore nella musica. Solo Madonna e Lady Gaga sono riuscite a fare impazzire le folle ma, guarda caso, sono due artiste trasgressive>>.
Hai partecipato 5 volte in gara al Festival di Sanremo, 1 come superospite internazionale e un’altra come duettante con Loredana Bertè. Che valore ha per te il Festival di Sanremo? E tu che l’hai visto evolversi nei suoi anni più belli credi che Sanremo oggi sia ancora quello che fu per te nel ’95?
<<Se devo essere sincera devo dire che le canzoni di un dato periodo erano molto più belle di quelle di oggi e questo perchè allora venivano scelte le canzoni mentre, invece, oggi si guarda prima ai personaggi. Non voglio entrare in polemiche ma è innegabile che una volta era la canzone a contare: se non c’era la canzone valida non si andava da nessuna parte. Se si tornerà a scegliere la canzone Sanremo tornerà ad essere molto più bello di quello che è oggi dove manca la qualità delle canzoni>>.
Chiudiamo con due brevi battute su due fatti emersi nelle ultime settimane. Il primo è la possibilità che alla direzione artistica del prossimo Festival di Sanremo arrivi Mina. Che ne pensi?
<<Non ho mai avuto nè la fortuna nè l’onore di conoscerla personalmente. Mi sarebbe piaciuto perchè Mina è una grande e sicuramente è una che sa come si canta e che conosce le canzoni. Non lo so come potrebbe essere a Sanremo… ma almeno è una che se ne intende di musica!>>.
L’ultima battuta che ti chiedo riguarda Mia Martini di cui da pochi giorni è passato il ventiquattresimo anniversario della scomparsa. So che Mimì per te è un’artista a cui sei molto legata e di cui hai proposto anche una tua reinterpretazione di ‘Almeno tu nell’universo’ sul palco del Festival di Sanremo
<<Credo che Mia Martini sia stata la nostra più grande interprete. Grandissima. Ricordo che facemmo insieme ‘Papaveri e papere’ nel ’95 con Pippo Baudo e lì cantammo insieme. Prima di cantare ricordo la sua tristezza: era lì seduta con la testa bassa. Mi ha colpito la sua tristezza e la sua solitudine. Era sola ed è una cosa molto triste per una grande cantante. Penso che le sia stata fatto molto male e credo che lei si sia trovata nell’abisso della solitudine. Io stessa mi sono trovata in situazioni brutte e difficili come le sue e per questo mi fa ancora tanto effetto ripensare a Mia Martini seduta lì con gli occhi bassi. Era la solitudine fatta persona>>.
Ilario Luisetto
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