venerdì 22 Novembre 2024

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Massimo Di Cataldo: “I sentimenti hanno ancora bisogno di nutrimento” – INTERVISTA

A tu per tu con il popolare cantautore romano, in uscita con il suo ottavo album di inediti “Dal profondo”

Il modo di impostare la comunicazione e il contenuto sono, da sempre, due caratteristiche fondamentali della poetica di Massimo Di Cataldo, cantautore di raffinata sensibilità che trova nei dieci inediti dell’album “Dal profondo” la sua  nuova primavera artistica. A dieci anni di distanza dal precedente “Machiassenefrega”, l’artista torna sulla scena musicale con un disco autentico e sincero, a metà tra il concetto di intimità e universalità. Canzoni autobiografiche in cui ci si può ritrovare ed immedesimare, perché parlano di sentimenti che bene o male tutti conosciamo, almeno una volta nella vita. A pochi mesi dalla distanza dalla nostra precedente chiacchierata, lo ritroviamo per sviscerare tutti i retroscena di questo nuovo lavoro.

“Dal profondo” è il titolo del tuo ottavo album di inediti, è un Massimo Di Cataldo diverso quello che ritroviamo in queste dieci tracce?

«Sicuramente, queste canzoni rappresentano quello che sono allo stato attuale, il ritratto di una persona che dà meno importanza agli input esterni e che sta cercando quel qualcosa in più nel proprio profondo. Il senso di questo album riflette sulla ricerca delle emozioni e dei sentimenti».

Scopriamo insieme il disco, traccia dopo traccia, partendo dal brano che apre l’ascolto, nonché tuo nuovo singolo, com’è nato?

«“Non ti accorgi” non è tra le ultimissime cose che ho scritto, questo pezzo era già in fase di provino da qualche tempo, cercavo il sound più giusto, perché non volevo che fosse la classica ballata. In studio ci siamo lasciati andare a quello che più ci piaceva, con un approccio molto rock. Ultimamente ho come l’impressione che molte delle produzioni che si sentono in giro, soprattutto a ridosso dell’estate, siano orientate verso il divertimento del pubblico, sembrano fatte apposta per incarnare l’euforia della stagione, mentre io appartengo alla scuola di chi fa musica in primis per un piacere personale, per poi condividerlo con gli altri. Ho la fortuna, forse anche per una mia scelta, di portare avanti le mie canzoni in forma indipendente, questo mi dà modo di poter fare ancora quello che sento».

“C’è qualcuno” prosegue idealmente l’ascolto, l’amore la fa ancora da padrone, dai sentimenti non si scappa giusto? 

«Ogni traccia di questo album è un po’ il preludio di quella seguente, è un discorso che continua di canzone in canzone. Il brano parla di questa difficoltà che abbiamo a volte di comunicare, ci teniamo un po’ distanti da chi ci sta intorno. “C’è qualcuno” è sicuramente una presa di coscienza, l’inizio di questa ricerca che anticipa la traccia successiva intitolata “Ci credi ancora all’amore”».

E tu Massimo, ci credi ancora all’amore?

«Concettualmente sì (sorride, ndr), l’amore è una parola che definisce tante sensazioni, sentimenti, ideali, emozioni, valori. È difficile dare una sola definizione, per questo motivo ho scritto più canzoni attorno a questo argomento così vasto, sostanzialmente parlo di grandi passioni, tra cui quella per la musica, per poi riflettere inevitabilmente anche nei rapporti umani. Le relazioni non sono affatto semplici, non le minimizzerei come le amicizie virtuali dei social, i sentimenti hanno ancora bisogno di nutrimento».

La quarta traccia in scaletta si intitola “Ci penserò domani”, com’è nata?

«Questa canzone ha una storia strana, non so se ti è mai capitato mentre stai facendo qualche lavoro al computer di veder apparire una finestra che ti chiede se vuoi fare upgrade del tuo sistema operativo, tra le varie opzioni c’è quella di rimandare questa scelta al giorno successivo. Proprio in quel momento ho pensato che, a volte, posticipare una decisione ha un suo perché, magari ti permette di rifletterci un po’ su oppure non si tratta del momento giusto, c’è anche chi rimanda per tutta una vita (sorride, ndr), bisogna sforzarsi di mettersi un po’ più spesso alla prova. Ci sono determinate situazioni che si consumano in fretta, più immediate, ma anche quei momenti in cui hai la necessità di ponderare e meditare sulle tue scelte».

Nel brano “Allora scusami” mi ha molto colpito la frase “in amore non si prende, come un dono non si rende”, in un’epoca dove i rapporti si consumano sui social e si divorano su Tinder, credi ci sia ancora spazio per questi messaggi di libertà, di speranza e di positività? 

«Ma credo ci sia spazio nella vita per questi messaggi! Sicuramente è una questione di testa, è solo un fatto prevalentemente mentale che innesca le varie situazioni. L’amore non si prende perché non è qualcosa che puoi pretendere, è un dono che farà parte di te per sempre, non lo puoi restituire indietro».

E’ il turno della cover di “Con il nastro rosa”, raccontami del tuo incontro artistico con Lucio Battisti e di quello tangibile e più recente avvenuto con Mogol…

«Battisti l’ho conosciuto da bambino, ascoltando la sua musica, un po’ come tutti. Ho sempre rispettato questo grande artista per ciò che ci ha dato, per le sue composizioni, la sua ricerca musicale. Fondamentalmente credo sia l’arte a comunicare, naturalmente dietro una determinata opera si cela un essere umano, personalmente ho sempre rispettato questo suo modo di difendere la vita, portando avanti le proprie scelte. Recentemente, invece, ho avuto modo di conoscere Mogol, sono rimasto colpito dalla sua capacità di leggere attraverso le cose, un uomo semplice per certi versi, ma altrettanto presente ed estremamente capace dal punto di vista professionale».

La settima traccia si intitola “Perchè l’amore”, cosa hai voluto raccontare?

«Ho voluto mettermi in guardia dall’idealizzazione dell’amore, un sentimento che va vissuto e non necessariamente descritto, può rimanere anche un grande punto interrogativo che non potremmo mai riuscire a comprendere realmente. Spesso nel silenzio si incontrano delle risposte più profonde».

“Prendimi l’anima” e “Domani chissà” sono due pezzi che avevamo già conosciuto, usciti come singoli in precedenza, brani che riescono a trovare la giusta collocazione in questo progetto discografico. Come sei riuscito ad unire in un unico mosaico tutti questi tasselli nati in momenti diversi?

«Ho cercato di trovare una sorta di concatenazione, al di là del tempo che, secondo la mia visione, non è sempre lineare. Quando si lavora in team si va un po’ oltre questo concetto, nel momento in cui si lascia una porta aperta a nuove ispirazioni e nuove contaminazioni, le cose arrivano più fluidamente e senza alcuna rigidità».

L’ultima canzone si intitola “Continuerà”, a tal proposito ti chiedo: dove desideri arrivare oggi con la tua musica? 

«Questo lavoro è destinato a chi ancora ha la capacità di ascoltare non in maniera superficiale, a chi è in grado di interiorizzare un concetto. Questo album non è un prodotto, bensì lo concepisco come una vera e propria forma di comunicazione, un modo per sollecitare certi sentimenti e continuare a guardarsi dentro, per cercare quel qualcosa in più che oggi ci manca».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.