A tu per tu con il rapper milanese, fuori con “L’amore è un’illusione” in duetto con Jessica Morlacchi
Tempo di nuova musica per Enrico Petillo, in arte Endi, artista classe ’86 in uscita con il singolo “L’amore è un’illusione”, realizzato in collaborazione con Jessica Morlacchi (qui la nostra recente intervista), reduce dalla partecipazione a Ora o mai più. Il brano, disponibile negli store a partire dal 31 maggio, è prodotto dall’etichetta indipendente Terapia D’Urto e distribuito da Spc Sound.
Ciao Enrico, partiamo dal tuo nuovo singolo “L’amore è un’illusione”, che sapore ha per te?
«Il sapore dell’amore, amore per la musica, amore per la scrittura e l’amore per tutto ciò che mi emoziona. Il tutto va mescolato con il lavoro e il sacrificio. Questo brano mi ha dato grande emozione nel scriverlo e nel lavorarci e mi ha dato la possibilità di lavorare con una bravissima cantante come Jessica Morlacchi. C’è anche un pizzico di rammarico perchè secondo me è un brano con grande potenzialità che potrebbe e dovrebbe girare molto di più in radio e con una casa discografica importante alle spalle, questo brano poteva raggiungere un livello alto».
L’amore è un serbatoio infinito di canzoni, noti anche tu che ultimamente le canzoni stanno prendendo una deriva sbagliata proprio perchè parlano sempre meno di sentimenti?
«Guarda, io ho iniziato a scrivere proprio per cercare di tirare fuori qualcosa che ho dentro e cerco di farlo ancora e solo con la musica riesco a esprimere al meglio certe sensazioni. Con internet va tutto più veloce e oggi abbiamo molte canzoni usa e getta, anche i brani o i dischi che fanno grossi risultati poi negli anni non rimangono nella storia come quei dischi o i brani di 15-20 anni fa. Sai perchè succede questo? Perchè non ci sono contenuti, l’ascoltatore alla fine vuole emozionarsi, la hit del momento è solo per quel momento e ciò che rimarranno saranno i sentimenti e l’emozioni. Io come ascoltatore ho sempre cercato nella musica un qualcosa che mi emozionasse, anche nelle produzioni più underground, e quando parlo di emozione non mi limito solo all’amore ma anche di altre situazioni».
Com’è avvenuto l’incontro con Jessica Morlacchi e che valore aggiunto è riuscita a dare al brano?
«Ha valorizzato il brano nel miglior modo possibile, senza di lei non sarebbe venuto fuori così. Mentre scrivevo il testo, non so perchè, continuavo a pensare al suo gruppo, i Gazosa. Stavo scrivendo il ritornello e pensavo che l’ideale era avere una voce come quella del gruppo, quando ero ragazzino ero un fan dei Gazosa, come tutti i ragazzini di quei tempi. Quindi sono andato a riascoltarmi i Gazosa e siccome Jessica aveva intrapreso una carriera da solista dopo che il gruppo si è sciolto, ho deciso di inviare il provino a lei. Mi ricontattò subito dicendomi che gli era piaciuto molto, anche se non mi conosceva, e che voleva partecipare a questo mio brano. Sono andato a Roma da lei, siamo andati in studio e abbiamo lavorato al brano. E’ stata un’emozione incredibile».
A livello musicale, quali sonorità hai voluto abbracciare?
«Ho lavorato molto sulla produzione cercando di dargli un ritornello melodico dove poi Jessica ha valorizzato il mio testo dando una giusta melodia vocale. Io faccio rap, il mio stile nel rappare è molto classico, non sono un fenomeno nel rap, anzi per molte cose penso di essere più bravo a scrivere che poi nel rappare. Oggi si può dare un effetto alla voce senza saper cantare, avrei potuto cantarlo io il ritornello che non so cantare ed effettare tutta la voce. Oggi nella musica si usa molto, ma non è il mio modo di fare musica, voglio far musica piacevole da ascoltare e quindi ho voluto abbracciare, se proprio vogliamo dargli un etichetta, una sonorità sul pop rap».
Cosa avete voluto trasmettere attraverso le immagini del videoclip diretto da Matteo Beccari?
«Come per le canzoni non mi piace spiegare neanche molto i video che vengono realizzati perchè ognuno è giusto che viva la sensazione e l’emozione che gli viene trasmessa. Abbiamo cercato di fare un video in una location che si potesse sposare con il brano, cercando di dare un po’ quell’atmosfera della solitudine e dell’abbandono dell’amore grazie anche all’espressività della danzatrice».
Quando e come hai scoperto la tua passione per la musica?
«Da ragazzino ho scoperto e capito che la musica era la mia ancora di salvezza, come ho detto già molte volte, ero un ragazzino molto chiuso e timido, facevo fatica ad esprimermi e grazie alla musica ho trovato la giusta strada per tirare fuori quello che ho dentro».
Quali ascolti hanno accompagnato e ispirato il tuo percorso?
«Molta musica italiana. Poi ho sempre amato leggere i testi delle canzoni senza anche ascoltare il brano. Giorgio Gaber, Rino Gaetano, Luigi Tenco, Antonello Venditti, Carmen Consoli, poi il rap degli anni ’90 come Articolo 31, Sottotono e Neffa su tutti».
Come se la sta passando il rap, oggi, in Italia?
«Il Rap è il genere musicale più forte che abbiamo in Italia ormai da diversi anni. Però secondo me c’è un pò di confusione, nel senso, il rap classico, il modo di rappare è molto influenzato dalla Trap. E quello che la gente secondo me non ha ancora capito è che il rap e la trap sono due cose differenti. Per come intendo io il rap e come sono cresciuto,il rap è sempre stata comunicazione, flow, valore, aggregazione, messaggi importanti, e si sa che il rap poi si è immedesimato in altri suoni e altri generi ma ha sempre tenuto conto delle radici.
La Trap invece è un’altra cosa, non ha quelle caratteristiche del rap. Si può dire la trap sia una costola impazzita del rap, forse si, ma non è l’evoluzione del rap. C’è ancora chi fa il rap fatto bene con i giusti valori. Da poco tra l’altro è uscito un video rap di Grido, fratello di J-Ax, dove spacca tutto, e sono contento che un artista come lui sia uscito così con il suo background in un momento come questo. La trap ha utilizzato, per venire fuori, i mezzi e i canali del rap e dell’Hip Hop anche se non ne apparteneva molto, e non gli appartiene nei modi di fare, in quello che viene detto nei brani, nel modo di vestire e nello stile e nelle sonorità.
I canali e i mezzi di comunicazione che passavano e parlavano solo di Hip Hop e Rap per dire una volta lasciava fuori gruppi come i Gemelli DiVersi o i Flaminio Maphia perchè “poco rap” quando invece secondo me sposavano molto i valori Hip Hop, e oggi i siti per restare in piedi passano tutti questi che fanno la trap. Il modo di rappare da quando è nato si è sempre evoluto ma voglio ribadire che l’evoluzione del flow e del rap non sta nella trap. E quando mi dicono o mi associano a qualcuno che fa trap mi vergogno perchè vuol dire che in questa cosa c’è confusione. Io non faccio trap e non lo farò mai. Faccio rap».
Ti senti rappresentato dall’attuale settore discografico?
«No, non mi sento rappresentato. Per il semplice fatto che ho sempre fatto tutto da solo e non ho mai avuto un discografico dietro. Ho dovuto sempre portare avanti un discorso da indipendente e non perchè sono uno di quelli che vuole stare da solo ma perchè non ho trovato nessuno di valido. Molti mi sono venuti vicino non perchè credono nella mia musica ma perchè volevano fare marchette. Ti dico questo perchè molti ragazzi seguono il sogno e spesso si viene illusi da persone che lavorano nella musica. Io ho sempre avuto l’occhio lungo, sono sempre stato abbastanza bravo a capire le persone fin da subito e quindi a non prendere fregature. Non mi sento rappresentato per niente».
Per concludere, dove desideri arrivare con la tua musica?
«Il mio sogno con la musica era quello di fare nella vita il cantante e vivere di quello. Un sogno che credo non si realizzerà mai, gli anni passano, ho molti limiti musicali e soprattuto non ho i contatti giusti. Per arrivare alla gente non ci si arriva da soli, qualche caso c’è, ma c’è sempre qualcosa dietro. Non basta mettere un brano, un video sui social, tu puoi avere il brano più forte del mondo, ma se non hai la giusta casa discografica che lo piazza in radio, il giusto manager è difficile che quel brano arrivi.
Ci sono molti artisti e gruppi forti che continuano a rimanere nell’anonimato perchè non hanno il giusto team di lavoro valido e ci sono artisti e gruppi secondo me discutibili che arrivano in alto grazie al lavoro che c’è dietro. Basta guardare l’ultimo Sanremo. Non è una polemica la mia, non mi piace cercare scuse, però sono qui anche per dire ciò che penso, e quello che penso è che continuerò a fare la musica ma sarà dura che arriverà e non perchè sia della musica scarsa ma perchè non ho una “struttura” dietro. Obiettivi ce ne sono, ma già fare della musica valida è la cosa più importante, magari un giorno qualcuno le ricanterà e avranno maggior visibilità. Noi viviamo in questo tempo, ma non siamo di questo tempo».
Nico Donvito
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