Come si crea un tormentone rap? Cerchiamo di capirlo in base alle tendenze di oggi
Premessa doverosa: i numeri non sono la musica e non decretano la bellezza di una canzone. Il mercato è ovviamente subordinato a vari fattori e non rappresenta nulla di assoluto, ma, nel contorto mondo della musica di oggi, fatto di numeri, visualizzazioni e streaming, fa tanto. Quasi tutto oserei dire.
Il rap, come il pop, si è da sempre contraddistinto per aver regalato numerosi tormentoni adatti alla stagione estiva: sono stati tanti, infatti, gli artisti, più o meno fuori dal mondo mainstream italiano, ad aver sfruttato la bella stagione per arrivare al grande pubblico da infradito e piscina.
La storia è piena di esempi illustri: dalla coppia Fedez – Ax, fino ai grandi successi radiofonici di Fabri Fibra, Salmo, Marracash, Guè Pequeno (sia da solo che con i Club Dogo), Emis Killa, Shade e Fred De Palma, senza dimenticare l’ondata della nuova generazione con Ghali, Sfera Ebbasta, Tedua, Rkomi, Lazza, Carl Brave e tanti altri ancora che potremmo citare.
Prendiamo due casi studio in particolare: Fotografia di Carl Brave con Fabri Fibra e Francesca Michelin ed Estate dimmerda di Salmo. Due pezzi completamente differenti ma entrambi pluricertificati dalla FIMI e in vetta alle classifiche digitali per mesi e mesi.
Due casi differenti si diceva, perché il primo brano è l’esempio perfetto di “pezzo radiofonico per l’estate”: temi leggeri, flow lento e morbido, ritornello melodico interpretato da una cantante dalla bella voce pop, come nel caso della brava Michielin. Un mix vincente di strategie e accorgimenti. Dall’altra parte abbiamo un pezzo, come quello di Salmo, che più che ad andare forte in radio, punta tutto su streaming e visualizzazioni: testo secco, con tanto di parolaccia nel titolo, ritornello ballabile (si, ma poco cantato…) e video di forte impatto.
Tra le due, anche tante versioni ibride, come Fabri Fibra e tante delle sue hit di successo: da Pamplona, che mischia un testo impegnato ad un ritornello melodico cantato da Tommaso Paradiso, passando per Le donne o Vip in trip, addirittura censurata per il contenuto troppo esplicito.
Negli ultimi anni i rapper italiani si sono fatti furbi: tra chi ha optato sull’ibridazione con altri generi, con il reggaeton e le sonorità latine che ovviamente restano la prima scelta, come dimostrano (o hanno dimostrato nel tempo) Fred De Palma, Emis Killa, Guè Pequeno e l’ultimo Sfera Ebbasta, senza dimenticare le pluricertificate hit targate Fedez e J-Ax (quest’ultimo per altro in lizza come uno dei papabili vincitori nella gara dei tormentoni 2019 con il nuovo singolo Ostia Lido) passando per chi, invece, ha cavalcato prepotentemente l’ondata trap, anche fregandosene dei passaggi in radio, come è stato per numerosi pezzi di Tedua (Wasabi 2.0 e l’ultima Elisir), Lazza (con Porto Cervo) o Capo Plaza (Tesla): tutti brani che hanno fatto (e stanno facendo) numeri pazzeschi senza di fatto essere calcolati minimamente da radio e TV.
Tralasciando il capitolo radio e televisione (e la fatidica domanda: è davvero ancora fondamentale per un artista oggi passare in radio o in TV?), quali sono gli ingredienti per un successo commerciale estivo rap? La risposta a questa domanda probabilmente non esiste, come non esiste la certezza di creare un successo annunciato, però un dettaglio da non trascurare c’è: la produzione. Negli ultimi anni, forse mai come prima, il produttore del pezzo ha avuto un ruolo così centrale, basta vedere gli esempi di Charlie Charles, Dardust o la coppia Takagi & Ketra per capire che più della metà dei tormentoni rap o pseudo rap degli ultimi anni porti la loro firma, e se non ci credete potete comodamente controllare le classifiche.
Produzione top, rap nelle strofe, ritornello melodico, sound latino e reggaeton: basta davvero solo questo? Può il rap oggi essere considerato come un linguaggio adatto anche al grande pubblico estivo? E se sì, può farlo anche senza perdere la proprie caratteristiche principali o è necessaria una ricalibrazione mirata alla stagione estiva? Domande che lasciamo lì, in sospeso. Almeno per ora.
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