A tu per tu con l’artista romana, fuori con il singolo “Fortunella“, uno spaccato della realtà odierna
Tra le rappresentanti della nuova canzone d’autore troviamo Nicole Riso, giovane cantautrice romana che ricerca nella tradizione una chiave per raccontare la realtà odierna, trovando un giusto compromesso tra lo stornello e il linguaggio moderno. “Fortunella“ è il titolo del suo nuovo inedito, che racconta la storia di una mamma oppressa dai problemi e da un lavoro precario, che decide di porre fine alla propria vita. In occasione della pubblicazione di questa interessante opera abbiamo incontrato l’artista per approfondire la sua visione socio-musicale.
Ciao Nicole, “Fortunella” è il titolo del tuo nuovo singolo, cosa racconta?
«Ciao amici di RecensiamoMusica. Il nuovo singolo “Fortunella” è ispirato ad un vero fatto di cronaca. La storia di una donna single con due bambini, che vive tutti i giorni la realtà del precariato e la frenesia della città, richiamata dal ritmo incalzante del brano. Una realtà che rende la sua esistenza molto difficile, a tal punto da “arrendersi” a tutte queste difficoltà, tanto da non sentirsi più in grado di vivere questa vita nonostante l’amore per i figli. E’ una storia triste e purtroppo reale».
Un testo che descrive un preoccupante spaccato della nostra società che fa molto riflettere. Scrivendo questo pezzo, sei riuscita a darti delle spiegazioni su come siamo arrivati a questo livello e su come si possa trovare una soluzione?
«Queste sono le classiche domande che ogni giovane, soprattutto in questo Paese, si pone. Siamo in un momento storico-sociale molto delicato, dove si ha tanta difficoltà nel riuscire in qualcosa, ma soprattutto a credere in qualcosa. Siamo individualisti, pronti a farci la guerra a vicenda. Non crediamo più negli ideali che hanno mandato avanti il mondo intero. Sicuramente anche io sono ancora alla ricerca della soluzione, ma il primo passo per me è non arrendersi, e continuare a combattere con le unghie e con i denti».
Hai affrontato con molta delicatezza questa problematica, non deve essere stato facile. Hai sentito un po’ il peso e la responsabilità di un tema così attuale e importante?
«E’ sicuramente una responsabilità raccontare di cronaca, ma cosa più importante è la conoscenza di essa. Raccontare di fatti realmente accaduti, sicuramente, trasforma musica e parole in un’idea, in una riflessione. Ho solo cercato di raccontarlo nella maniera più semplice e comprensibile a tutto il pubblico, dai bambini agli adulti. Credo nelle persone. Ma credo molto di più nel loro spirito riflessivo».
A livello musicale, invece, quali sonorità hai voluto abbracciare per mettere in risalto un argomento così delicato?
«Con le parole ho voluto raccontare la storia di questa donna, con la musica ho voluto descrivere la frenesia della mia città, Roma. Una frenesia quasi “irrequieta” e “ingestibile”, utilizzando la tromba come strumento principale per raccontare questo triste fatto di cronaca».
Qual è l’aspetto che più ti affascina nella fase di composizione di una canzone?
«Le canzoni sono un pezzettino dell’essere della persona che le scrive. Dire che c’è una fase che affascina di più, per me è come non dare importanza a ogni singolo momento, o parola o nota di quel brano. Scrivere canzoni è affascinante».
Che ruolo giocano le varie criticità dell’attuale società e le influenze del mondo esterno sulla tua ispirazione?
«Scrivere canzoni per me è come scrivere piccole storie. La società gioca, forse, il ruolo fondamentale, sia che si scriva di sentimenti, sia che si scriva di problematiche sociali. Viviamo all’interno di una società che ci rende quello che siamo».
Quali ascolti hanno accompagnato e segnato il tuo percorso?
«Sicuramente per il mio percorso ci sono state influenze di cantautori moderni come Alessandro Mannarino. Ma anche tutti quei personaggi che hanno reso grande la mia città: Roma. Personaggi come Gabriella Ferri, Anna Magnani, Franco Califano, Alberto Sordi e Nino Manfredi».
Ti senti rappresentata dall’attuale scenario discografico?
«Domanda molto complessa, ma sarò breve. In questo momento dove si realizza musica ad una velocità quasi irreale, manca la tradizione. Noi italiani abbiamo bisogno di un ritorno a ciò che siamo stati. La musica popolare si sente troppo poco, ed è una delle radici più importanti del nostro Paese».
Come se la sta passando, secondo te, oggi la canzone d’autore?
«Altra domanda molto complessa. La canzone d’autore è messa un po’ in sordina. Forse perchè ora la gente ha bisogno di non sentirsi dire quanto sia difficile questo periodo storico. O forse, semplicemente perchè c’è qualcun altro che non vuole che si raccontino tanti fatti che possano risvegliare l’animo delle persone. La musica d’autore è la massima espressione dell’arte musicale. Bisognerebbe sempre trattarla e curarla con delicatezza, senza mai farle perdere importanza».
Per concludere, dove desideri arrivare con la tua musica?
«Sono scaramantica e non voglio dire i miei sogni. Per ora voglio arrivare a quante più persone possibili, per raccontare di Roma, della romanità e di quanto sia bella la tradizione attraverso la società di oggi».
Nico Donvito
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