venerdì 22 Novembre 2024

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Angelique Cavallari: “Nella musica e nel cinema le emozioni sono fondamentali” – INTERVISTA

A tu per tu con l’attrice italo-francese, alle prese con il progetto musicale-sperimentale “Collection A

Musica e recitazione, due forme d’arte diverse ma per certi versi simili, che trovano il giusto anello di congiunzione in Angelique Cavallari, eclettica attrice italo-francese impegnata sia sul grande schermo che in sala di incisione. E’ di recente pubblicazione il progetto sperimentale che ha deciso di intitolare semplicemente “Collection A”. Cinema, poesia e discografia, scopriamo le molteplici sfaccettature della personalità della poliedrica artista.

Ciao Angelique, possiamo considerare il tuo un talento a 360 gradi, quali sono le tue principali passioni?

«Ciao! Di base sono una persona appassionata e vitale. Amo lasciarmi stupire e scoprire cose nuove di volta in volta. È un po’ difficile parlare di “passioni principali”, posso dire che amo ascoltare e scoprire musica, ballare per ore, cantare a squarciagola durante i viaggi in auto, poi mi interesso di filosofia, astrofisica, scienza, mi interessano le evoluzioni in generale, contemplare da sola la Natura, amo gli animali, amo stare con le persone, fare quadri di decoupage, scrivere, creare profumi con le essenze ed i fiori e  viaggiare».

Musica e recitazione, cosa accomuna queste due forme d’arte?

«In entrambe c’é una sorta di ricerca di verità e al tempo stesso di sogno. Per trovare la pietra grezza e riuscire a far vibrare le altre anime bisogna essere veri fino al midollo. C’é una grande delicatezza e al tempo stesso una certa irruenza in queste due arti e c’é indubbiamente un immenso amore. La messa in scena é catartica e fa bene, sia nel crudo esistenzialismo verista che all’opposto, nelle messe in scene pompose di maschere dei miti e degli archetipi. È cosi é anche nella musica, nei vari generi. La musica però é vibrazione immediata che tocca subito le corde dell’anima, forse é più ancestrale, più originaria ed istintuale. Ovviamente mi esprimo per come le vivo io personalmente…».

“Collection A” è il titolo di un progetto sperimentale che ti ha visto spaziare soprattutto con l’elettronica. Com’è nata l’esigenza di metterti alla prova anche come cantante e musicista?

«Sono sempre stata attratta dalle vibrazioni musicali e da piccola cantavo senza sosta. Tornando al presente, qualche anno fa ho pubblicato una raccolta poetica e ho constatato che i libri di poesia sono assolutamente poco letti, così mi sono detta perché non portare nella quotidianità la poesia, con una dimensione ultracontemporanea come la musica elettronica? Quello di “Collection A” é un universo sonoro liquido, fatto di atmosfere fluide, crepuscolari e sintetiche, sono “paesaggi sonori” notturni e onirici tra sintetizzatori, trasformazione di suoni e voce. Avevo già iniziato a lavorare sui suoni tanti anni fa su un paio di mie perfomances, ma l’idea di fare musica, é nata proprio provando in studio, l’armonia e la magia c’erano, la voce era lì che non aspettava altro che uscire, i testi pure, così ho continuato e mi sono lanciata in questa bellissima avventura. Con la voce qui c’é una dimensione sussurrata e a volte le parole poetiche sono quasi dei mantra, che cullano l’anima. È tutto molto intimista, ma serba in sè anche una sua audacità. Nei prossimi progetti invece testerò altri confini».

Che tipo di musica ascolti? Com’è composta la tua playlist ideale?

«Ecco, premettendo che amo e stimo immensamente, come tutti quanti immagino, i grandi geni, e di qualsiasi genere essi facciano musica, quindi non li nominerò a priori.. Spaziando al di là di loro, amo alcuni generi che non sono più in voga con gruppi come Porteshead, nella trip hop, o post punk e in particolare quello francese e tedesco, come lo sconosciuto gruppo Deux.., Miss Kittin e The Hacher all’epoca grandi inventori di una nuova corrente di musica elettronica, poi ovviamente musica classica, barocca, il jazz, amo i canti sacri, la musica soul, qualche voce rock femminile e maschile, Cat Power, Brody Dalle, la new wave contemporanea come Softmoon, la musica elettronica certo come le nuove leve creatrici Chloé artista francese d’avanguardia della minimal, Gesaffeilstein inventore di una nuova corrente elettronica anni fa, o Dusha Rush, altra compositrice russa, il nordico Trentemmoller, o nella vecchia guardia il misterioso.. “Burial”, i conoscitori capiranno (sorride, ndr).

E poi ovviamente non sono assolutamente cristallizzata solo in questi generi, amo tutta la musica del Mondo, quella suonata con strumenti intriganti ed antichi di Persia, Giordania, India, America.. adoro il fado portoghese, amo alcuni rapper donne e uomini, e persino alcune cantanti pop anche se ammetto di non ascoltarle molto, ma che stimo in quanto “bestie da palco” preparate e professionali più che altro, e ancora in generale amo i gruppi contemporanei coraggiosi, cioé che provano a fare cose nuove, autentiche, con tutti i rischi che questo comporta…».

Qual è l’aspetto che più ti affascina del tuo mestiere?

«C’é sempre un po’ di mistero nell’acting, nella creazione, nella danza e così via ed é questo che mi piace, scoprire ogni volta nuovi limiti e nuove possibilità, la strada é sconosciuta e nulla é garantito, ma ne vale sempre la pena. Mi dà una sensazione di libertà ed infine di amore. Nel mestiere di attrice é pazzesco come ogni volta scopro profondamente meandri dell’essere umano che erano nell’ombra e metterli in luce mi aiuta indubbiamente a capire e a sentire il mondo in maniera sempre diversa e più profonda, di conseguenza cambia il mio sguardo sul mondo e anche su di me. Attraverso la scrittura di poemi, la creazione di musica e l’interpretazione con il canto e il lavoro sulla voce, c’é una liberazione invece quasi totale e personale dell’anima profonda. È catartico! È bellissimo poter far sognare, essere il mezzo con il quale si puo’ fare vibrare il cuore delle persone anche solo per qualche attimo, farlo “andare” altrove, liberare e liberarsi, infondere la voglia di fare, essere in empatia senza parlare e senza conoscere, dare vitalità, amore».

Di recente hai terminato le riprese de “La nuit”, il nuovo cortometraggio di Stefano Odoardi, nel quale hai interpretato i panni della popstar Lelè, come ti sei trovata a calarti in questa parte?

«Sono stata felicissima di interpretare Lelé, anche se il cortometraggio narra una storia comunque commovente e assai dura. Lelé é una donna così disarmante perché talmente genuina, con uno spirito libero fanciullesco, una fine intelligenza sensibile, forte nella sua fragilità e dolcezza che mi ha toccato e commosso molto. C’é stato un lavoro di verità molto profondo con il regista e il collega Alessandro Intini e questo mi ha permesso una più grande libertà di espressione e mi ha fatto del bene anche personalmente. E in più Lelé canta ed interpreta i pezzi composti da me Angélique e come si sà, nella poesia e nelle canzoni, c’é sempre un pezzo reale di sé».

Quali sono i tuoi prossimi progetti in cantiere?

«Per il cinema ho tre film in progetto sempre come attrice, due intensissimi progetti di cui non vedo l’ora di poter parlare ma non posso per ora fare dichiarazioni stampa. Un altro film é “Mancanza-Paradiso” di Stefano Odoardi, che porterà a terminare l’epico progetto della trilogia “Mancanza” iniziata anni fa. Con “Collection A” concludo un primo ciclo di 5 soundtracks poetico-onirico- elettroniche che verrano messe su edizione limitata di vinili e lanciate attraverso performances e tournée di concerti. Il prossimo progetto musicale é già nella mia mente e vedrà più tappe e collaborazioni: qui lavorerò in maniera differente con la voce, mi lancerò nell’esplorazione della mia voce, da una dimensione rock ad una lirica al tempo stesso. Infine ho delle installazioni d’arte già scritte, tra natura e città. Poi ho ancora voglia di fare capolino in teatro, magari oltre alla prosa e alla poesia con qualcosa legato alla danza».

Come se la sta passando, secondo te, l’arte e la cultura oggi in Italia?

«Partendo dal presupposto che l’arte e la cultura sono elementi intelligenti (a mio avviso essenziali per la costruzione di persone migliori), penso che in Italia dopo tanti anni di prodottini perfetti e su misura (dove il rischio non era preso in considerazione e quindi dove vigeva un po’  l’assenza di emozioni vere), sia giunto il tempo di una profonda grandissima rinascita! Gli artisti sono liberi e veri, e anche i più grandi del nostro passato lo erano. Sento che sta tornando un’aria di rivoluzione creativa potente, bella e sana! Perché io come tanti altri sappiamo che la gente é intelligente e come tale si merita un nutrimento d’anima puro, generoso, che esce dagli schemi, imperfetto e carico di emozioni.

Siamo noi che creamo questo presente di arte e cultura in Italia e bisogna essere coesi perché il nostro é un paese che ha sofferto, soffre e ha bisogno di noi, della nostra forza, della nostra luce, della nostra libertà, della nostra amorevole umile creatività. Vivo e viaggio anche all’estero e ho imparato infinitamente da queste esperienze quanto sia importante l’arte e la cultura anche per un buon funzionamento economico e politico».

Per concludere, che ruolo giocano le emozioni nel tuo lavoro?

«Le emozioni sono fondamentali nel mio lavoro. Può essere pericoloso a volte , se come me si é molto viscerali e si vive con molto coinvolgimento, ma poi si impara ad incanalarle nella giusta direzione, per renderle libere ed utili anche agli altri. Quello che diventa professionalità aiuta a gestire tutte queste ondate emotive».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.