venerdì 22 Novembre 2024

ULTIMI ARTICOLI

SUGGERITI

Sulle tracce di… Vasco Rossi: quel DJ che diventò cantautore

Un viaggio alla scoperta della discografia di un’icona assoluta della musica italiana

Ci sono opere e canzoni che sono destinate a durare nel tempo senza veder scalfita la propria forza originaria, ci sono artisti così avanti per la propria epoca da non riuscire a trovare una giusta collocazione, gemme rare che attraversano il tempo senza invecchiare mai, in una parola: immortali.

E’ sicuramente questo il caso di Vasco Rossi, artista che da poco ha varcato il traguardo dei 40 anni di carriera: tra dischi (tanti), canzoni che hanno fatto la storia, controversie e migliaia di concerti che lo hanno consacrato nel tempo come icona e soprattutto come uno degli artisti più amati di sempre nel panorama della musica italiana.

L’esordio del Blasco arriva nel 1978 con l’album …Ma cosa vuoi che sia una canzone…, contenente anche i singoli già pubblicati l’anno precedente Jenny (che diventerà all’interno dell’album Jenny è pazza) e Silvia. Un album molto vicino ai gusti dell’artista, con tante sfumature da cantautore classico ma anche con un briciolo di quel rock che il buon Vasco importa dai propri ascolti. L’opera prima di Vasco può essere considerata come sperimentale, soprattutto per quel che riguarda produzioni e arrangiamenti che vedono tra gli altri protagonisti alcuni nomi già noti specialmente in ambito bolognese. E’ infatti proprio grazie alle “pressioni” dei suoi amici che Vasco, fino ad allora DJ in radio e in alcune serate bolognesi, deciderà di incidere il suo primo 45 giri. Tra questi spicca sicuramente il nome di Gaetano Curreri, leader degli Stadio e da sempre “padrino” e collaboratore di Vasco (nel disco ci sono anche Giovanni Pezzoli e Ricky Portera, fondatori insieme a Curreri della band).

Se si analizzano i testi, possiamo trovare qui l’incipit di quello che sarà poi sviluppato più dettagliatamente in tutta la discografia del cantautore: Vasco descrive le donne, l’amore e l’instabilità del tempo, ma lo fa a modo suo, distaccandosi dai canonici clichè dei cantautori anni ’70. In un momento storico in cui tutti aggiungono parole, lui inizia ad andare verso quello che diventerà nel tempo uno dei suoi tratti distintivi più importanti: descrivere emozioni e situazioni complesse con poche parole, semplici ma immediate, in cui chiunque possa immedesimarsi.

E quando guardi con quegli occhi grandi
Forse un po’ troppo sinceri, sinceri
Si vede quello che pensi
Quello che sogni

Su questa strada Vasco proseguirà anche nei lavori successivi, a partire da Non siamo mica gli americani, disco in cui vengono riproposti temi sociali, come nel pezzo Faccio il militare dedicato appunto al servizio militare, alternati a quelle grandi descrizioni romanzate che renderanno grande l’artista da lì a poco, come nel caso della celebre Albachiara, nata per caso ma diventata nel tempo il pezzo simbolo del cantautore e allo stesso tempo della storia della musica italiana, nonché brano con cui viene chiuso ancora ogni concerto. Ed è proprio lì, in quelle semplici parole che si può trovare tutta l’essenza di Vasco Rossi: un uomo che descrive il mondo per com’è, nelle sue bruttezze ma soprattutto nelle sue straordinarie bellezze.

Due grandi album, ristampati più volte della case discografiche ma che non portano al vero successo l’artista. Sarà, infatti, con i due lavori successivi (Colpa d’Alfredo e soprattutto Siamo solo noi) e con la partecipazione al Festival del 1982 che Vasco comincerà ad entrare prepotentemente nel mondo mainstream, di fatto per non uscirne mai più.

Colpa d’Alfredo di fatto segna una vera e propria presa di coscienza dell’artista, una dichiarazione di intenti che è ben intuibile già dalla title track, più volte criticata per il lessico giudicato volgare. Uno stile che ormai è chiaro: chitarroni rock che si mischiano a lenti ballate d’amore come la celebre Anima fragile. Durezza e delicatezza, sacro e profano mischiati abilmente insieme dalle parole del rocker di Zocca. Lo stesso stile che si consolida in Siamo soli noi, album datato 1981 con cui il cantautore prosegue fedelmente sulla linea del racconto, destreggiandosi ottimamente tra argomenti sociali e personali e dal quale verrà estratto il brano omonimo che diventerà un altro pezzo icona immancabile ad ogni live, considerato come un vero e proprio inno generazionale. Celebri diventeranno anche i brani Incredibile romantica, Brava e Ieri ho sgozzato mio figlio.

Vasco non è più un giovane ribelle che scrive canzoni strimpellato una chitarra scordata ma comincia da qui ad avere un seguito importante, nel bene e nel male smuove, rapisce e fa parlare di sé. La musica italiana ha trovato un nuovo protagonista.