Ennesima imbarazzante edizione di Castrocaro che fa preferire la chiusura al proseguimento di questa agonia musicale
E’ andata in scena su Rai 1 nella serata di ieri la 60° edizione del Festival di Castocaro: storica kermesse nostrana che da sempre si dedica alla ricerca di nuove voci. Già da parecchi anni la manifestazione non gode più di buona salute e dire che sta ridicolizzando se stessa e la propria lodevole storia (di lì sono passati Gianna Nannini, Laura Pausini, Zucchero, Gigliola Cinquetti, Nek, Silvia Salemi e tanti altri) è davvero minimizzare.
Se l’interesse degli organizzatori è scemato, se la Rai non investe più nella serata, se le giovani proposte che annualmente vengono raccolte non sono soddisfacenti in termini musicali forse allora sarebbe più sensato pensare ad una chiusura piuttosto che continuare, come è puntualmente avvenuto anche nella serata di ieri, continuare a ridicolizzare un show che per decenni ha tenuto alta la competizione con il Festival di Sanremo.
Qui di seguito, comunque, le pagelle dei 12 brani inediti dei finalisti di quest’ultima edizione canora vinta dal siciliano Luigi Salvaggio che, di diritto, sarà ammesso tra i 61 finalisti delle selezioni della sezione Giovani del prossimo Festival di Sanremo.
- Andrea Tortolano – IL PRIMO CONTATTO
Ballata power pop che richiama il Mengoni più classico dotato, però, di una resa vocale di tutt’altra pasta. Il giovane Andrea si gioca un testo basato su rime baciate che richiamano anche “il viaggio di Enea”. Musicalmente funziona molto bene l’apertura dell’inciso dove entra in scena qualche leggera sprazzo di elettronica che rende il tutto estremamente radiofonico e spendibile nella scena attuale. VOTO: 7=
- Flaminia Mazzella – SONO QUEL CHE SONO
Up-tempo che risulta martellante nel cantato che all’apertura dice “neanche la musica che scrivo ha senso”. Appunto, ha detto tutto lei. Peccato per una voce che, comunque, sa cantare bene e donare dinamica al brano che, però, ha il grande difetto di non renderla riconoscibile. VOTO: 4
- Giulia Toschi – I COLORI DELLA MAGIA
Una voce fin troppo flebile per una canzone che prova a mettere dentro un po’ di tutto per esser sicuro di non sbagliare. La voce si sforza per dimostrare un’estensione importante anche laddove non ce n’è bisogno, l’arrangiamento parte moderno per poi confidarsi in un pianoforte ed il testo racconta di “un piccolo dolce cuore” che non sa “immaginare un sole senza la luce“. VOTO: 5+
- Greta Doveri – ARIA
Testo a dir poco imbarazzante che nel pre-ritornello arriva al verso “riderò, piangerò, qualche cosa farò”. Musicalmente gioca la carta dell’up tempo power-pop che sfrutta qualche sintetizzatore che gioca con doppie voci e poco altro. Davvero poco interessante. VOTO: 4.5
- La Dolce Vita – FILI DI LUCE
Sicuramente l’inedito più classico e tradizionale di quelli in gara. Difficilmente potrebbe girare in radio ma, fossimo stati a Sanremo, avrebbe fatto una buona figura visto e considerato tutto l’amore che ancora il bel canto suscita nel sentire comune italiano. La fusione delle voci risulta abbastanza amalgamata anche se questo voler tenere i piedi in due paia di scarpe coniugando pop e lirica risulta, oltre che poco coraggioso, anche difficilmente apprezzabile. VOTO: 5+
- Luigi Salvaggio – IL SILENZIO DELLE STELLE
E’ la classica canzone che piace a me. Tradizionalissimo arrangiamento orchestrale con pianoforte ed archi in grandi mostra che si sposano ad una vocalità profondissima che nel ritornello si lancia in un crescendo, irrinunciabile nella tradizione italiana, dove escono le tinte graffiate. Testo ben scritto con la dedica alla vita verso cui si dice “è l’unica che abbiamo” unendola al racconto di una storia d’amore vissuto all’ombra di una notte stellata. Voce che ricorda da vicino i più classici cantautori tra cui anche l’ultimo Maldestro. VOTO: 6.5
- Metrò – VIA D’USCITA
E’, forse, il brano più azzeccato sonoramente parlando dell’edizione malgrado una voce che tenti in ogni modo di esprimere più di quanto possa davvero fare compiendo dei sali e scendi che, senza troppa fantasia, ricordano il primo Mengoni. Valgono per metà: positiva la dimensione del sound, decisamente meno la voce ed il brano in sè. VOTO: 6+
- Raffaele Manganiello – SONO LIBERO
Altra voce talmente flebile che a tratti risulta quasi inavvertibile a causa di un arrangiamento sintetico che le lascia poco spazio. Il testo qualche pasticcio lo combina se consideriamo che “nell’universo sai, ti ci vedrei”: non sapevo fossimo al di fuori di quello che comunemente si considera universo. Nel complesso, però, il più grande difetto di questo brano è il totale anonimato che lascia al suo concludersi. VOTO: 4-
- Raimondo Cataldo – IL CAMBIAMENTO
Se ad una bella melodia e ad un discreto arrangiamento si sovrappone una voce un po’ insipida, dotata di poca personalità e priva della giusta dinamica e, soprattutto, un testo che cita quelle “ipocondrie” che hanno reso famoso il maestro Battiato si rischia davvero di rovinare quanto di buono c’è. Il pasticcio più grande, però, lo combina proprio una voce poco spendibile e che spesso e volentieri viene totalmente oscurato dall’orchestrazione (la più bella probabilmente dell’edizione). VOTO: 6
- Simona Farris – NO!
Ennesima ballata electropop che parte con tastiere in sordina e poi cresce lentamente arrivando improvvisamente all’esplosione dell’arrangiamento contornato da qualche sintetizzatore di troppo che vanno a sorreggere una voce poco personale. Vocalizzi a non finire nel ritornello che oltre ad oh-oh-oh dice ben poco altro. VOTO: 4
- Stephanie Niceforo – VIVO
Voce da fatina magica che esprime dolcezza e raffinatezza e che, come prevedibile, racconta di un amore fiabesco che “porta un respiro sulla bocca per sentire”. La ragazza canta bene ma esagera sicuramente con l’espressione del cantato davvero usato in modo spropositato rispetto ad un brano che non necessita mai di tutta quella dinamica vocale. VOTO: 4+
- Vito Romanazzi – MARTA
Parole che si susseguono inesorabilmente “fin che fiato c’è” peccato che poi Marta faccia rima con “porta” e sogni “una figlia con occhi maroni” ma soprattutto “lunghissime ciglia“. Penso di aver detto già abbastanza a riguardo. Apprezzabile però il paragone tutto nuovo tra la vita e il profilattico. Direi che occorre affidarsi a qualche paroliere un po’ più sano di mente. VOTO: 3
Ilario Luisetto
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