A tu per tu con l’artista salentina, in occasione della sua partecipazione a “Buon compleanno Mimì“
Piacevole incontro con Federica Vincenti, in arte Luna Vincenti, cantante e attrice che ricordiamo per la sua partecipazione alla quarta edizione di The Voice Of Italy, 0ltre che per aver pubblicato nel 2017 il singolo “Sorry”. Moglie di Michele Placido, regista di svariati spettacoli teatrali, l’artista alterna da sempre la sua passione per la recitazione a quella per il canto, come ha avuto modo di raccontarci in occasione della nostra chiacchierata nel backstage di “Buon compleanno Mimì“.
Ciao Federica, quanto ha inciso la figura di Mia Martini nel tuo percorso?
«Indubbiamente ci sono personalità che hanno fatto la storia, non solo musicale ma anche umana. Con la sua essenza così profonda e concreta, questa donna ha veramente tracciato una strada, il suo sacrificio non è stato vano perché c’è una bella coda di gente che segue e porta avanti il suo esempio. Non conta quanto vivi ma come, in tal senso Mia Martini ha lasciato un patrimonio infinito».
Con quale brano hai scelto di renderle omaggio?
«Questa sera proporrò un brano a cui sono molto legata e che si intitola “E non finisce mica il cielo”, perchè possiede un valore ultraterreno, lo sento legato al nostro mondo del futuro, all’eternità. Il nostro lavoro sulla terra è molto breve, questa canzone esprime quello che c’è oltre».
Da donna a donna, in che modo le successive generazioni femminili sono state ispirate da lei?
«Credo che l’essenza e la sua classe siano state colte nel vivo, perché il problema vero di oggi è che siamo un po’ tutti pieni di fronzoli, manca la vera concretezza espressa attraverso la voce e la parola. Non c’è nulla da fare, Mia Martini arrivava al cuore delle persone con tutta la sua personalità e il suo spessore. In un mondo sempre più orientato verso l’apparenza, lei rappresentava la sostanza».
Musica e recitazione spesso si intrecciano e danno vita ad interpretazioni sentite, come quelle di Mimì. Da cantante e da attrice, come si riescono a coniugare queste due forme d’arte?
«Non è facile, la questione è sempre molto delicata, le nostre vite sono tutte congiunte, siamo tutti uguali, nel senso che ognuno di noi ha una propria croce. Credo fermamente che la storia di Mia Martini, tutto quello che ha vissuto, l’abbia portata a cantare in quel modo, a raggiungere un livello interpretativo altissimo. E’ un po’ quello che cerco di fare anche io, attingendo dal mio bagaglio, da tutto quello che la vita mi ha portato, comprese le croci, cercando di dare qualcosa che vada oltre la parola cantata».
Per concludere, qual è la caratteristica che più ti manca di Mia Martini e quale pensi che manchi maggiormente alla musica italiana?
«Credo che il fattore sia unico, quello che manca di lei è la semplicità espressa attraverso la sua comunicazione. Siamo un po’ troppo over in quello che facciamo, tendiamo a strafare, nella musica oggi manca davvero un po’ di pancia, quella giusta rabbia, quella dose di vita vissuta che ti porti dietro e dona personalità a quello che fai. Una su tutte cito Emma, anche lei è una donna con le palle, la sua è la rabbia di una donna che ha scavato ferite profonde. Ogni situazione che viviamo, anche quella più terribile, ci può essere utile anche nel lavoro che facciamo, in qualsiasi ambito, per cui auguro a tutti cicatrici profonde da rimarginare alla grande».
Nico Donvito
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