A tu per tu con la voce storica “Perchè Sanremo è Sanremo“
Abbiamo incontrato per voi Rudy Neri, voce della sigla del Festival della canzone italiana con “Perché Sanremo è Sanremo” e artista che si muove da parecchio tempo all’interno del panorama musicale italiano. L’artista di Somma Lombardo ha infatti esordito a Sanremo nel 1994, ha partecipato con successo alla medesima manifestazione l’anno immediatamente successivo e nel corso del tempo non si è mai allontanato dalla sua idea di musica.
Il suo ultimo singolo, intitolato “Andiamo a ballare” è uscito all’inizio di questa estate. Lo stile musicale di Rudy è sempre stato ed è tuttora fortemente legato al rap: un rap che, è bene precisarlo, nel suo caso sa affacciarsi anche ad altri generi ed altre sonorità, da quelle più melodiche fino al reggaeton.
Ciao Rudy, come stai? La tua voce è quella della sigla storica “Perché Sanremo è Sanremo”, una formula conosciuta e cantata da tutti. Che effetto ti fa risentirla ogni anno durante la settimana sanremese e qual è la chiave del successo di questa sigla?
<<Ciao, buona giornata a tutti; sto molto bene, grazie. Bhe, fa un effetto che definirei “tormentone”, perché quella sigla richiama lo slogan della canzone italiana, del Festival. Quel “Perché Sanremo è Sanremo” rimane lì, all’interno di un’unica formula. La struttura della strofa è costruita così (ci canta la strofa) :“io sogno una canzone che dica tante cose un colpo di cannone ma che spari solo rose, però poi mi innamoro di un ritornello scemo, perché Sanremo è Sanremo” e questo “Perché Sanremo è Sanremo” rimane come tormentone. Sono passati tanti anni, stiamo parlando del Sanremo di Pippo Baudo, però nel tempo quella formula è rimasta e infatti è utilizzata tutti gli anni. Quando arriva il periodo del Festival è normale che io mi senta un po’ a casa>>.
Restando ancora a Sanremo, tu hai partecipato come cantante nel 1994 con il brano “Avevo bisogno di te” e nel 1995 con “Chi più ne ha” in entrambe le occasioni come leader del gruppo Prefisso. Che ricordi hai di quelle due esperienze?
<<Sono state esperienze incredibili. È bene ricordare che non c’era il digitale terrestre, stiamo parlando del 1994. Da una selezione di quasi 700 cantanti in quell’anno venivano scelti otto gruppi, e tra questi otto anche noi, i Prefisso. Arriviamo a Sanremo con la canzone “Avevo bisogno di te”; pensate che è stata la prima canzone della realtà rap ad avere all’interno una chiave melodica che creava proprio un rap melodico. “Avevo bisogno di te” ci ha permesso di vincere Sanremo giovani. La vittoria di Sanremo 1994 ci ha portato a partecipare l’anno successivo con il brano “Chi più ne ha”, un altro grande successo, un altro tormentone. Un pezzo che oggi possiamo affermare essere all’avanguardia per quei tempi, dato che abbiamo avuto la dimostrazione di quanto il rap in questi ultimi anni sia stato al centro della musica italiana. Il rap era una novità in quel momento, nessuno poteva prevedere cosa sarebbe diventato anni dopo. Durante quella partecipazione 18 milioni di telespettatori sul piccolo schermo… numeri incredibili>>.
“Qui con me” è invece il titolo del tuo ultimo album uscito nel 2018, contiene 12 tracce. Quali sono i suoi caratteri principali?
<<La caratteristica di questo album è senza dubbio la traccia numero uno che da nome a tutto il lavoro: “qui con me”. La canzone è stata realizzata con la straordinaria partecipazione del CDV, coro divertimento vocale, oltre 100 coristi strepitosi che hanno arricchito questo brano rappando all’unisono. Trovate il videoclip su Youtube che racconta e testimonia questa esperienza>>.
In questo album in certe canzoni ti avvicini anche al pop. Oggi è difficile classificare tutte le canzoni ad un genere musicale fisso. La caratteristica di contaminare la base del tuo rap con altre sonorità mi sembra che sia rimasta. Sei d’accordo?
<<Pienamente. Mi piace molto spaziare nei diversi generi musicali. In questo lavoro uscito nel 2018 c’è ovviamente tanto rap, ma anche una chiave pop; un’altra operazione che amo fare e che ho utilizzato in questo album ad esempio è quella di aggiungere cori, suoni, caratteri diversi tra un brano e l’altro. Questa estate ho invece realizzato un singolo estivo intitolato “Andiamo a ballare” in pieno stile reggae>>.
Per concludere possiamo affermare che la ricerca della formula e della semplicità siano una peculiarità del tuo modo di scrivere? Dal 1994 al 2019 in linea generale cosa è cambiato e cosa rimasto uguale?
<<È chiaro che io abbia sposato un genere musicale, che è il rap. Negli anni tuttavia ho comunque spaziato molto, perché tu sai benissimo che i suoni cambiano. E i suoni nella musica fanno la differenza. Possiamo dire che ho realizzato un mashup, che tenesse come base il mio stile musicale di cui abbiamo parlato ma che allo stesso tempo si mischiasse alle sonorità che funzionano oggi. Se funziona il reggaeton perché non provare a fare una canzone su questa linea senza snaturare il proprio stile? In “Andiamo a ballare” ho seguito questa direzione>>.
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