L’artista emiliano festeggia il suo sessantaduesimo compleanno. La biografia e la carriera di uno dei cantanti italiani più apprezzati all’estero.
Nato a Reggio Emilia il 25 settembre del 1955, Adelmo Fornaciari si avvicina alla musica sin da giovanissimo, dopo aver accarezzato il sogno di fare il calciatore. Durante il periodo universitario nella facoltà di Veterinaria impara da autodidatta a suonare la chitarra. Dopo aver militato in alcuni gruppi locali (come i Duca, le Nuove Luci, i Decals, gli Sugar & Candies e i Taxi), partecipa al Festival di Castrocaro nel 1981, vincendo la competizione a pari merito con la collega Fiordaliso (per il quale scriverà la celebre “Non voglio mica la luna”). L’anno seguente debutta al Festival di Sanremo con il brano “Una notte che vola via”, classificandosi al penultimo posto davanti a Vasco Rossi al fanalino di coda. Torna al Teatro Ariston altre tre volte, nel 1983 con “Nuvola”, nel 1985 con “Donne” e nel 1986 con “Canzone triste”, tutti brano che si piazzano tra le ultime posizioni alla popolare kermesse canora. Archiviata la parentesi ligure, si trasferisce negli Stati Uniti per alcuni mesi, scoprendo sonorità più internazionali che lo porteranno ad una notevole crescita artistica e alla realizzazione dell’album “Rispetto”, impreziosito dalla collaborazione con Gino Paoli sulle note del brano “Come il sole all’improvviso”. Negli anni ha collaborato con numerosi artisti famosi in tutto il mondo, tra cui: Luciano Pavarotti, Sting, Bono degli U2, Bryan Adams, Freancesco Guccini, Andrea Bocelli, i Manà. Francesco De Gregori, Eric Clapton, Mark Knopfler, Elisa, Ronan Keating, Giorgia, Tom Jones, B.B. King, Cheb Mamì. Sergio Mendes, Mousse T., Paul Young e Dolores O’Riondan.
Tra le tante canzoni che arricchiscono il suo repertorio, ricordiamo: “Un piccolo aiuto” e “Ti farò morire” (inserito all’interno di “Zucchero & The Randy Jackson Band” del 1985), “Con le mani”, “Pippo”, “Non ti sopporto più” e “Senza una donna” (da “Blue’s” del 1987), “Overdose d’amore”, “Il mare impetuoso al tramonto…”, “Diavolo in me”, “Madre dolcissima” e “Diamante” (da “Oro, incenso e birra” da 1989), “L’urlo” (da “Miserere” del 1992), “Per colpa di chi”, “Il volo”e “Così celeste” (da “Spirito divino” del 1995), “Blue”, “Puro amore” e “You make me feel love” (da “Bluesugar” del 1998), “Baila”, “Ahum”, “Dindondio” e “Sento le campane”(da “Shake” del 2001), “Il grande baboomba” e “Indaco dagli occhi del cielo” (da “Zu & co” del 2004), “Bacco perbacco”, “Occhi”, “E’ delicato” e “Un kilo” (da “Fly” del 2006), “E’ un peccato morir”, “Un soffio caldo”, “Vedo nero” e “Il suono della domenica” (da “Chocabeck” del 2010), “Partigiano reggiano”, “Voci”, “13 buone ragioni” e “Ci si arrende” (dall’ultimo disco “Black cat” del 2016).
Nico Donvito
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