A tu per tu con il giovane cantautore classe ’93, fuori con il singolo intitolato “La luna al sole”
Tempo di nuova musica per Luca Zambelli, alias Bais, artista che abbiamo apprezzato con il singolo di lancio intitolato “Milano” e che riascoltiamo con piacere con “La luna al sole”, secondo tassello discografico che anticipa l’uscita del suo album d’esordio di prossima pubblicazione. Approfondiamo la sua conoscenza,
Ciao Luca, partiamo dal tuo nuovo singolo “La luna al sole”, cosa racconta?
«”La luna al sole” è il momento in cui la luna condivide con il sole il proprio soggiorno nel cielo. Racconta un rapporto di eclissi tra due persone in cui entrambe giovano dell’illuminazione del corpo dell’altro ma, di conseguenza, ne subiscono anche la sua ombra. È un viaggio/discorso con me stesso e nasce dalla fine di una relazione. Parla soprattutto di due bisogni fondamentali per me: luce e amore».
Dal punto di vista musicale, quali sonorità hai voluto abbracciare in questo pezzo?
«Non penso di averlo voluto io, piuttosto direi che è successo naturalmente. Ascolto tanta musica diversa ma mi fisso molto su pochi dischi e artisti quando sento qualcosa che mi sconvolge e li riascolto in loop. Di conseguenza, quando suono, tutti questi ascolti si mescolano e vengono filtrati. Non saprei dirti quali sonorità ho voluto abbracciare quindi, però posso dirti che secondo me da questo pezzo traspaiono tre mie influenze: Battisti, i Verdena e Blood Orange».
Un brano che segue di poche settimana l’uscita di “Milano”, il tuo singolo d’esordio. Cosa hai voluto trasmettere attraverso le righe di questa canzone e le immagini del videoclip?
«“Milano” descrive la mia relazione con questa città in cui vivo da un pò di anni. Come ogni relazioni ha i lati positivi e negativi. Non mi sono mai innamorato della città ma non posso neanche dire di detestarla, sennò non ci vivrei. È stata la prima canzone che ho concluso scrivendo in italiano e ho cercato di essere il più onesto possibile (con me stesso). Il video è stato girato in VHS con un piccolo team di amici tra Milano e un lago in Veneto. Volevamo trasmettere questo contrasto tra la città e i luoghi naturali da cui provengo e dove sto bene. Il resto è tutto improvvisato».
Facciamo un salto indietro nel tempo, quando e come hai scoperto la tua passione per la musica?
«Penso fosse attorno ai quattordici anni, in prima superiore. Allora giocavo a basket e volevo fare quello da grande. C’era il mio amico Giacomo che suonava la chitarra e vedendolo suonare è venuta voglia pure a me. Ho scoperto la passione della musica quando ho mollato il basket per suonare… Fare bene entrambe le cose era difficile anche perchè continuavo a rompermi qualcosa tra dita, polsi eccetera».
Quali ascolti hanno segnato e influenzato la tua crescita artistica?
«In ordine cronologico da quando ho iniziato a suonare fino ad oggi: Bob Dylan, Pink Floyd, Battiato, Radiohead, Verdena, Beatles, David Bowie, Damon Albarn, Battisti, Mac Demarco, Connan Mockasin, King Krule, Blood Orange, Giorgio Poi, Lucio Dalla».
C’è un incontro che reputi fondamentale nel tuo percorso?
«L’aver suonato con i miei due compagni di banda (Zebra), Andrea e Giacomo. Con loro ho imparato a suonare e insieme abbiamo condiviso esperienze ed emozioni che non penso si possano esprimere a parole. Quindi si, direi che l’incontro fondamentale sia stato questo».
A cosa si deve la scelta del tuo nome d’arte?
«Bais è il mio secondo cognome. Ce l’ho sempre avuto nella carta d’identità e un giorno mi son detto, perché non usarlo per il mio progetto? Suona strano, un po’ latino un pò inglese. E così è andata. Inoltre non mi sentivo a mio agio ad indossare un nome che definisse troppo il mio immaginario perchè volevo essere libero di esplorare qualsiasi cosa, non avevo nulla di chiaro in testa ancora. Ora la faccio semplice ma ci ho messo un anno a decidere il nome…».
Con quale spirito ti affacci al mercato e come valuti l’attuale scenario musicale italiano?
«Mi affaccio con spirito cuorioso ed avventuriero. Penso sia un bel momento per lo scenario musicale italiano, c’è sempre più spazio per chi parte dal basso e vuole esprimersi, è una bella cosa. Spero però che presto si inizi ad aprirsi un pò, a non vedere la musica italiana come una cosa che solo noi italiani possiamo capire ed ascoltare».
Quali sono i tuoi prossimi progetti in cantiere per il 2020?
«A breve produrrò il mio primo album, dopodiché voglio preparare un bel live ed iniziare a suonare in giro con una band».
Per concludere, dove e a chi ti piacerebbe arrivare attraverso la tua musica?
«Più che arrivare mi piacerebbe – continuare – a suonare per tutta la vita. è la cosa che mi fa stare meglio e perciò vorrei vivere facendo questo. Mi piacerebbe arrivare a chiunque avrà voglia di ascoltarmi, anche fuori dall’Italia, senza confini».
Nico Donvito
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