venerdì 22 Novembre 2024

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Alessio Caraturo e le nuove sonorità del suo “38° Parallelo” – INTERVISTA

Il ritorno del cantautore campano con dieci tracce a metà tra l’electropop e la canzone d’autore.

Sono trascorsi dieci anni dall’ultimo progetto discografico di Alessio Caraturo, che è ha recentemente lanciato il suo ultimo album “38° Parallelo”, anticipato dal clamoroso successo del singolo apripista intitolato “Lontano lontano lontano”, pubblicato lo scorso aprile. In occasione dell’uscita del secondo estratto “Non è vero”, abbiamo incontrato l’artista che ci ha raccontato com’è nato questo ambizioso progetto, prodotto da Seba, a metà tra la new wave anni ’80 e la grande scuola cantautorale italiana.

Ciao Alessio, partiamo dal tuo ultimo singolo “Non è vero”, in radio da venerdì 15 settembre, cosa rappresenta per te questa canzone?
«Rappresenta un modo per far conoscere una ulteriore mia sfaccettatura musicale e rappresenta il mio desiderio di rimettermi in gioco artisticamente».

Il brano accompagna l’uscita del tuo nuovo album “38° Parallelo”, che tappa rappresenta per la tua carriera?
«Percepisco la mia vita come un unico viaggio vissuto tutto d’un fiato. La musica non mi ha mai abbandonato nemmeno per un momento, né io ho mai abbandonato lei, perciò niente fermate, niente tappe!».

La scorsa primavera sei tornato sulle scene musicali con “Lontano lontano lontano”, ti aspettavi un così grande riscontro?
«Non me lo aspettavo, ma ci speravo… Tutto questo riscontro mi riempie quindi di felicità perché il mio primo obbiettivo nella musica è arrivare alle persone».

Dieci anni di assenza dal mercato discografico, come mai?
«Esistono tante maniere di fare musica. In questi anni mi sono cimentato in diversi ambiti musicali che non contemplavano le classifiche: colonne sonore per cinema indipendente, musiche per documentari, collaborazioni con altri musicisti, e tutto questo mi è servito per formarmi e per acquisire quel bagaglioche mi è servito per ripropormi nuovamente con un progetto che, a quanto pare il pubblico per fortuna stia gradendo».

Cos’ha di diverso questo tuo nuovo progetto rispetto a quelli del passato?
«
E’ sicuramente una nuova veste, un nuovo sound. Ho sperimentato dei nuovi suoni che mi hanno permesso di far sposare la musica d’autore con una musicalità che abbraccia un pubblico più vasto, questo soprattutto grazie al mio produttore Seba con il quale ho trovato una sinergia con uno scambio di diversità che ci ha arricchiti a vicenda».

Quanto ha contato la ricerca delle parole e delle sonorità nella realizzazione di questo lavoro?
«
Hanno contato moltissimo poiché, come ti ho detto in precedenza, ho vissuto anni di ricerca che mi hanno portato tirare fuori tutto ciò che potevo in questo nuovo disco».

Ascoltando il disco mi è venuto naturale il paragone con Gabbani, seppur avete due stili inconfondibili e diversi tra voi, ho notato la stessa sperimentazione e voglia di fare musica di alto livello attraverso ritmi sostenuti e incalzanti. Si possono fare canzoni d’autore travestendole all’occorrenza con suoni scanzonati?
«Non c’è nessun travestimento, questo nuovo mio sound è frutto di studio, di ricerca, di esperienza, è voglia di una sperimentazione… travestire la musica è un qualcosa che davvero non mi appartiene».

Facciamo un salto indietro nel tempo, quando e come è nata la tua passione per la musica
«
Per fortuna nella mia famiglia abbiamo sempre buona musica, motivo per cui non potevo non essere influenzato da questa “passione”, che è per me una vera e propria necessità».

Quali artisti o generi musicali hanno ispirato e accompagnato la tua crescita?
«Ho sempre ascoltato di tutto, ogni genere musicale di ogni tipo… da Pino Daniele a Franco Battiato, da Pat Metheny a Charlie Parker, da Caetano Veloso a Giovanni Lindo Ferretti».

Tornando al disco, è presente la traccia cantata in napoletano “Si me vuò bene”, quanto e in che modo sei legato alla tua terra?
«
E’ assolutamente integrata con le mie radici, radici che affondano profonde in una terra che da sempre brilla di luce propria, uno dei posti dove sono nati i più grandi capolavori della storia della musica mondiale».

Nella cover “Malamore” rendi omaggio al cantautore Enzo Carella, scomparso lo scorso febbraio. Talento poco ricordato e, per certi versi, incompreso?
«Sicuramente non ha avuto il successo che ci si doveva aspettare, ma l’arte vera non ha bisogno di successo per sopravvivere».

A quale pezzo ti senti maggiormente legato e credi ti rappresenti di più?
«Sono legato profondamente ad ognuna delle note contenute nel disco, forse però un’attenzione particolare la devo a ‘Lontano Lontano Lontano’ che mi ha portato davvero fortuna».

Quali sono i tuoi progetti per il futuro e/o sogni nel cassetto?
«Continuare a vivere facendo ciò che più mi piace, per poter trasmettere delle emozioni attraverso la mia musica».

Alla luce di tutto quello che ci siamo detti, per concludere, quale messaggio vorresti trasmettere al pubblico, oggi, attraverso la tua musica?
«
Non credo di voler trasmettere un vero e proprio messaggio, la mia volontà è quella di essere veicolo emozioni che ognuno possa caricare del proprio significato a seconda delle diverse esperienze di vita».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.