Indagine sulle nuove abitudini degli italiani
Da qualche settimana l’Italia sta facendo i conti con l’emergenza sanitaria del Coronavirus e questa, naturalmente, sta interessando ogni aspetto della vita sociale e lavorativa di tutti i cittadini andando ad intaccare, di conseguenza, anche i comparti economici più diversi e disparati. Musica inclusa, ovviamente.
La domanda che abbiamo voluto porci quest’oggi, dunque, è quali siano gli effetti che il settore discografico sta subendo dalla situazione attuale oltre ai già annunciati annullamenti di eventi e concerti e agli slittamenti di promozione, appuntamenti instore e, talvolta, anche di pubblicazione vera e propria del nuovo materiale inedito previsto per queste settimane.
Insomma, l’Italia intera è chiusa in casa (o quasi), i cantanti fanno decine e decine di concerti (gratuiti) su Instagram ma i dischi ed i singoli nuovi, nella maggior parte dei casi, sono stati stoppati. E’ anche vero che, però, la musica non ha tempo e non per forza occorre aspettare una nuova pubblicazione per andare ad ascoltarla. Si può benissimo vivere di rendita riassaporando i successi di qualche stagione fa o, semplicemente, di un paio di settimane prima. Capisco che nell’epoca in cui viviamo sostituire l’attuale velocità di fruizione e consumo di un bene immediato come la musica sia difficile ma, credetemi (soprattutto i giovanissimi), è possibile.
E, quindi, a tal proposito viene da chiedersi: ma la quarantena sta avendo perlomeno l’effetto positivo di aumentare il numero di ascoltatori di musica? Chiusi in casa tutto il giorno gli italiani stanno sentendo il bisogno di riempire tutto il silenzio che li circonda con qualche canzone oppure si rifugiano più volentieri nei TG d’informazione o nelle serie TV offerte dai colossi dello streaming mondiale?
Per capirlo abbiamo analizzato i dati giornalieri offerti da Spotify (la maggior piattaforma di streaming musicale in tutto il mondo) e siamo arrivati alla triste verità che il Coronavirus sta fermando anche la musica. Sempre meno persone si collegano per ascoltare una canzone e la linea di tendenza è piuttosto chiara ed inequivocabile. Per capirlo abbiamo sommato il numero di ascolti dei primi 10 brani più ascoltati ogni giorno su Spotify nel corso delle ultime settimane ed ecco cosa ne abbiamo ricavato:
E’ piuttosto chiaro, dunque, che la linea di tendenza è notevolmente al ribasso e che la situazione si è particolarmente aggravata nel corso delle ultime due settimane: dal 9 marzo non sono mai stati superati i 2,5 milioni di ascolti per i primi 10 brani in classifica arrivando, ad oggi, a sfiorare appena i 2,1 milioni che, di questo passo, saranno presto abbandonati per crollare sotto la preoccupante soglia dei 2 milioni di ascolti giornalieri.
La situazione risulta ancora più chiara se si considerano le sommatorie delle ultime diverse settimane mettendo in evidenza come la linea di tendenza appaia notevolmente al ribasso:
Poco conta la giornata a cui si fa riferimento: è risaputo, ad esempio, che il venerdì è sempre una giornata particolarmente fruttuosa per gli ascolti in streaming essendo la giornata in cui vengono rese disponibili la stragrande maggioranza delle nuove pubblicazioni. In questo caso, però, si evidenzia proprio come se per le ultime settimane di febbraio la diversificazione giornaliera era sensibile (venerdì gli ascoltatori erano enormemente maggiori di quelli della domenica, ad esempio) nelle ultime settimane appena trascorse, invece, il delta di differenza viene praticamente ad annullarsi.
Tornando al principio di questa ricerca, dunque, ci sentiamo di promuovere un appello: in una situazione drammatica come questa abbiamo bisogno di mantenere intatto ed in salute ogni settore industriale e produttivo che ci è consentito. La musica è uno di questi perchè anche se può sembrare per molti un hobby, in realtà, rappresenta per tante persone un lavoro, un’opportunità di vita. Certo, non possiamo offrire loro dei biglietti acquistati per qualche tour ora ma possiamo, perlomeno, continuare ad ascoltare canzoni garantendo, così, almeno la sopravvivenza del mercato digitale.
Ilario Luisetto
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