A tu per tu con il cantautore milanese, in uscita da martedì 19 maggio con il nuovo EP intitolato “Respiro“
A due anni di distanza dalla nostra ultima chiacchierata, ritroviamo Andrea Mietta, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Peligro, artista classe ’92 in uscita con il nuovo EP “Respiro”. Anticipato dal singolo “Dietro”, questo lavoro sottolinea un’ulteriore evoluzione del cantautore milanese, attraverso cinque nuovi inediti prodotti da Hernan Brando.
Ciao Andrea, bentrovato. Partiamo dal tuo nuovo EP intitolato “Respiro”, quali tematiche e quali sonorità hai voluto abbracciare?
«Come faccio sempre quando scrivo, sono partito da delle fotografie, delle istantanee emotive che mi dessero il là per creare un immaginario sonoro e un mondo musicale. Per quanto riguarda le sonorità, abbiamo cercato di toccare più mondi possibili, di mischiare le carte per abbracciare suoni e cercare un’omogeneità».
Chi ha collaborato con te alla realizzazione di questo lavoro?
«Questo EP è prodotto da Hernan Brando. È la persona con cui ho iniziato a fare musica e lavorare con lui mi dà sempre tantissimi stimoli. Hernan mi sprona ad andare sempre oltre i miei limiti e ad uscire dalla mia comfort zone. Il lavoro con lui per me è inestimabile».
Dal punto di vista musicale, cosa aggiungono al tuo percorso questi cinque inediti?
«Credo che questi brani rendano più ampio il mio ventaglio musicale. È stato bello confrontarmi con dei suoni lontani dal mio immaginario e dal mio bagaglio di esperienze, lo trovo l’unico modo per crescere».
“Dietro” è il singolo che accompagna questa uscita, cosa racconta?
«“Dietro” racconta dei rimpianti e di come spesso questi ci limitino. È una canzone che ho scritto per spronarmi a non farmi mai offuscare dal passato, per vivere meglio il presente».
Che ruolo gioca la musica nel tuo quotidiano?
«La musica è ovunque. Cerco di circondarmi di musica in ogni momento della giornata. Oltre ad essere “terapeutico”, non passa giorno senza che ci sia qualcosa da imparare».
Da fruitore, ascolti di tutto oppure tendi a cibarti di un genere in particolare?
«Per rimanere nella metafora gastronomica, è inevitabile avere un piatto preferito e che si mangia più volentieri, ma non si può mai sapere se una pietanza piacerà o meno senza prima averla assaggiata».
Venendo all’emergenza sanitaria Covid-19 ancora in corso, personalmente, come stai affrontando questa delicata e inedita situazione?
«Credo di essere stato tra i più fortunati a vivere il lockdown, perché ero circondato dai miei affetti e questo ha aiutato davvero molto. Ho sentito la mancanza dello studio di registrazione, ma questo non mi ha impedito di continuare a fare musica».
A livello discografico, sono stati fatti un sacco di appelli in favore di tutta la categoria, alcune parole sono state anche travisate. Come pensi ne uscirà l’industria musicale da tutto questo?
«Non so dirlo, ci sono molte strade percorribili, ma credo che sia impossibile fare qualsiasi ragionamento sensato senza mettere sul tavolo il valore della musica come bene percepito. Finché la musica continuerà ad essere percepita come qualcosa di “dovuto” per il pubblico, sarà impossibile imbastire un nuovo modello di business che passi dal digitale e che valorizzi veramente un prodotto musicale, la cui realizzazione è invece faticosa e onerosa».
Per concludere, a chi si rivolge oggi la tua musica e a chi ti piacerebbe arrivare in futuro?
«Nel momento in cui nasce, la mia musica si rivolge a me. Poi, quando prende vita, mi piace pensare che sia di chiunque la voglia!».
© foto di Veronica Argentiero
Nico Donvito
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