venerdì 22 Novembre 2024

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Fabiana Rosciglione: “La musica e nutrimento per la nostra anima” – INTERVISTA

A tu per tu con l’artista siciliana, in uscita con il suo nuovo disco di cover intitolato “Remembering

Un omaggio alla musica internazionale e ai suoi grandi classici, questo e molto altro ancora è “Remembering”, il nuovo progetto discografico di Fabiana Rosciglione, impreziosito dagli arrangiamenti di Enrico Solazzo. Dodici tracce in scalette, canzoni composte da prestigiosi autori del calibro di John Lennon, Paul McCartney, Stevie Wonder, Burt Bacharach, Charlie Chaplin, Antônio Carlos Jobim, Consuelo Velázquez, Chico Buarque, Nino Rota, Alberto Testa, Tony Renis e molti altri ancora. In occasione di questa interessante uscita, abbiamo incontrato per voi l’interprete siciliana.

Ciao Fabiana, benvenuta. Partiamo dall’album “Remembering”, com’è nata l’idea di rivisitare alcuni degli standards più conosciuti al mondo?

«L’idea di “Remembering” è nata, insieme ad Enrico, dal desiderio di rendere un tributo a dei brani che, secondo noi, sono fra i più conosciuti ed apprezzati nel mondo della musica».

Brani che a loro volta sono stati cantati moltissime volte, da artisti di diversa estrazione. Quale veste avete voluto dare ai pezzi assieme ad Enrico Solazzo che ne ha curato gli arrangiamenti? 

«Sì, è vero, questi brani sono stati interpretati tantissime volte da grandissimi cantanti, il nostro intento è stato quello di riproporli in una chiave rivisitata. Molti dei brani infatti, tipo “Come together” è stato quasi una scommessa, per molti amanti dei Beatles le loro canzoni  sono considerate intoccabili, quindi con la nostra versione diciamo che abbiamo anche rischiato, ma il bello della musica è che si possono sperimentare sempre delle sonorità diverse, ed Enrico è stato molto attento a rispettare la bellezza originale dei brani». 

Canzoni francesi, brasiliane, americane ed italiane, com’è avvenuta esattamente la scelta di queste dodici tracce? Immagino tu sia partita da una lista ben più lunga e che ci sia stata una sorta di scrematura.

«Principalmente la scelta è nata anche da un legame affettivo verso queste canzoni, per esempio “Aguas de março” è un brano che ho ascoltato fin da piccolissima, grazie a mio padre, musicista, o anche “Brucia la terra” da “Il Padrino”, cantata volutamente in dialetto siciliano date le mie origini siciliane, fra l’altro mio padre suonò anche nella colonna originale del film. Diciamo che ho avuto la fortuna di crescere ascoltando musica meravigliosa, quindi tutti i brani hanno anche una collocazione emotiva importante. Ovviamente ci sono tantissimi standards meravigliosi, e quindi fare una scrematura non è stato facile, ma la scelta con il “cuore” mi ha aiutato (sorride, ndr)».

Il brano più recente presente in scaletta è “Isn’t she lovely” di Stevie Wonder, datato 1976. Non ci sono tracce rappresentative degli anni ’80, ’90 e ’00, pensi che in quei decenni non siano state prodotte canzoni altrettanto valide?

«Sì, “Isn’t she lovely” e anche “O que serà” sono i brani più “recenti”, la scelta di non andare oltre gli anni ’70 non è casuale, io considero brani come “Besame mucho”, “Smile”, i due citati prima e gli altri presenti nell’album, i classici dei classici in questo spazio temporale, dopo gli anni ’70 le produzioni musicali hanno cominciato ad intraprendere la strada dell’innovazione, una sorta di evoluzione del concetto di canzone, ma ciò non toglie che da quegli anni in poi non siano state realizzate canzoni bellissime e degne di nota. Difatti in un nostro altro album realizzato con la nostra band Jazzbit, formata da me, Enrico Solazzo e Dario Rosciglione, che uscirà più in là, riproponiamo molti brani che vanno dagli anni ’80 fino ai ’00. Ma di questo magari ne parleremo un’altra volta…».

Facciamo un salto indietro nel tempo, quando e come hai scoperto la tua passione per la musica?

«Il salto indietro comincia tanto tempo fa… mi piace raccontare sempre questo aneddoto sulla mia passione per la musica: mia madre quando era in mia dolce attesa usava sedersi sul divano ad ascoltare mio padre che suonava il contrabbasso, non appena lui cominciava a suonare io subito iniziavo a muovermi ininterrottamente, e mi fermavo solo quando papà  finiva di suonare, perciò l’amore per la musica è nato prima ancora che io nascessi!

Negli anni ovviamente ho coltivato la mia passione ascoltando tutti i generi musicali, la musica quando è suonata bene è bella tutta! Poi, verso i 17 anni, con mio fratello Dario, anche lui musicista e compositore, ho cominciato a cantare le prime canzoni pop scritte da lui, incidendo poi a 18 anni il mio primo disco, un singolo dance. Da quel momento in poi sono andata avanti intraprendendo in seguito la carriera jazzistica. Ma sinceramente a me non piace etichettarmi in un genere musicale specifico, io canto per la gioia di cantare e se una canzone è bella, non importa il genere, la canto».

Lungo il tuo percorso hai collaborato con numerosi importanti esponenti della scena jazz internazionale, c’è un incontro che ti ha particolarmente colpito sia a livello artistico che umano?

«Devo dire innanzitutto che il comune denominatore degli artisti con cui ho collaborato è il grande senso dell’umorismo. Per me è stato un onore aver avuto la possibilità di collaborare con artisti di grande spessore, ma in realtà non c’è un incontro che mi ha colpito particolarmente, o meglio, tutti mi hanno colpito tanto, penso che da ognuno di loro ho imparato tantissimo a livello artistico e umano, e quello che più ho amato ed amo in tutti loro è la grande e sincera umiltà che trasmettono. Cosa che in molti altri ahimè, forse manca».

Veniamo all’attualità, all’emergenza sanitaria Covid-19 che ha in qualche modo stravolto la nostra quotidianità e le nostre certezze. Tu, personalmente, come stai affrontando tutto questo?

«Beh, il Covid ha stravolto veramente la vita di tutti noi! Personalmente io non l’ho vissuta bene, ma credo non solo io, diciamo che questo virus ci ha messo di fronte alla nostra fragilità in quanto esseri umani e ci ha fatto riflettere, almeno a me, su diversi aspetti importanti della vita. Io sto affrontando tutto questo cercando di centrarmi continuamente e di gestire la paura che, sinceramente, dopo il bombardamento mediatico, ha preso un pò il sopravvento su tutto. E’  un riconquistare la propria vita però con la consapevolezza che qualcosa è cambiato».

E’ prematuro trarre delle conclusioni precise, ma come pensi ne potrà uscire l’industria musicale?

«Qui tocchiamo un tasto veramente dolente! Purtroppo l’industria musicale già da anni non gode di ottima salute, e questo contesto storico eccezionale non ha certo aiutato. Adesso è tutto fermo, soprattutto i concerti dal vivo, che sappiamo essere la principale linfa vitale sia degli artisti sia di chi lavora dietro le quinte e per tutta l’industria musicale. Auspico per una ripresa veloce e che tutto riprenda il ritmo giusto, e magari che l’industria musicale possa ritrovare lo splendore del passato. 

Riguardo la musica dal vivo vedo che in contesti orchestrali si stanno organizzando per suonare mantenendo le distanze di sicurezza e rispettare tutte le regole, ma il mio più grande desiderio è quello di poter tornare ad esibirmi e a vedere concerti senza tutte queste limitazioni. Per me la musica è espressione di gioia e libertà, sia per chi suona sia per chi ascolta, e vedere volti coperti da una mascherina, distanziati e tutto il resto, mi rende molto triste…».

Per concludere, che ruolo possono avere la musica e l’arte in generale in questa fase di ripartenza?

«Qui potrei aprire una parentesi infinita! La musica e l’arte in generale sono il nutrimento dell’anima, non potrei immaginare un mondo senza l’arte. Credo che in questa quarantena è stato lampante come siano state fondamentali e necessarie per riempire le nostre giornate. Nella ripartenza e a mio parere sempre, l’arte non può mai mancare nella nostra vita, se posso dire, l’unica cosa che mi ha veramente infastidita è stata, ed è ancora, la poca considerazione del mondo dell’arte e della musica da parte delle nostre istituzioni e non solo. Ma io sono tendenzialmente una persona positiva quindi sono sicura che tutto volgerà al meglio, per l’arte e tutti noi!».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.