Essere le voci dell’estate: rischi e successi di un’arma a doppio taglio
Ogni estate ha il suo tormentone. Succede da sempre eppure negli ultimi anni questa pratica sta venendo, nel vero senso della parola, iperinflazionata e, si sa, quando c’è di mezzo la parola ‘troppo’ (di cui il prefisso -iper ne è un naturale sostituto) i rischi sono proprio dietro l’angolo e, spesso, sono assai più pericolosi dello stretto vicolo che, percorrendo la stessa via, poterebbe al tanto desiderato successo.
Un tempo furono ‘Figli delle stelle’ piuttosto che ‘Vamos a bailar’, in tempi recenti, invece, sono state ‘Roma-Bangkok’ o ‘Vorrei ma non posto’ a conquistare i lidi balneari durante le calde tintarelle, le feste in spiaggia delle notti d’estate o le piazze con gli entusiasmanti e ricchissimi tour radiofonici che ogni anno (tranne questo) hanno attraversato la penisola da nord a sud.
Quando, però, la ricetta viene ripetuta costantemente il rischio di piombare nel detto ‘il troppo stroppia’ si fa sempre più concreto e preoccupante. Da cantante full time ci si può ritrovare, in un momento, a diventare un cantante per tre mesi l’anno con la conseguenza, piuttosto palese, che la propria credibilità artistica viene fatta ricondurre, dal pubblico e dalla stessa discografia, ai facili tormentoni estivi in cui si narra al massimo di qualche cockatil o località esotica da condire con un amore fatto di cocente passione ma destinato, fin da subito, a tramontare con il sole (e la capacità di restare nel tempo della canzone e dell’artista stesso).
Il rischio l’hanno percorso in molti e pochi, anzi pochissimi, sembrano, ad oggi, essere in grado di poter dire di essere usciti indenni dalla stagione estiva e dai suoi diktat musicali ed artistici. A dirlo non siamo noi ma il pubblico, i numeri chiari ed oggettivi e le stesse scelte discografiche che i cantanti ed i loro team prendono di anno in anno. Un esempio? Partiamo, naturalmente, da Baby K, colei da cui la mania del reggaeton estivo ha avuto origine contagiando l’intero (o quasi) scenario musicale italiano da giugno a settembre. La cara Claudia venne lanciata presso il grande pubblico da Tiziano Ferro nel 2013: un disco di platino ed uno d’oro con brani interessanti come ‘Killer’ o ‘Non cambierò mai’ che per una ragazza poco più che emergente non erano niente male. Nell’estate 2015 arriva ‘Roma-Bangkok’ con Giusy Ferreri e lì tutto cambia: un disco di diamante apre la strada al facile ripetere, negli anni a venire, della ricetta estiva in salsa reggae. Il risultato qual è? Che Baby K acquista credibilità discografica unicamente d’estate vedendosi trasformate in hit ogni singolo estivo che, anno dopo anno, rilascia in rotazione radiofonica mentre, invece, d’inverno le sue proposte passano letteralmente in secondo piano non raggiungendo nemmeno la certificazione minima del disco d’oro. D’estate le sono stati riconosciuti premi su premi per le sue ‘Roma Bangkok’ (oltre 500.000 copie), ‘Voglio ballare con te’ (oltre 250.000 copie), ‘Da zero a cento’ (oltre 150.000 copie) e ‘Playa’ (oltre 100.000 copie) mentre, invece, nella stagione invernale ogni sua proposta è stata bocciata dal pubblico: ‘Venerdì’, ‘Aspettavo solo te’, ‘Come no’ e ‘Buenos Aires’ non hanno mai raggiunto nemmeno le 25.000 copie. Non può essere solo un caso ma, più verosimilmente, sta diventando una costante.
La sua collega in quel di ‘Roma-Bangkok’, Giusy Ferreri, sta rischiando un destino simile nelle ultime annate. Nata anche lei sotto l’ala protettrice di Tiziano Ferro si è trovata presto a fare i conti con una netta riduzione dell’interesse discografico per i suoi lavori e a risorgere proprio grazie ai tormentoni estivi di cui, ormai, è voce regina. Dopo ‘Roma Bangkok’ è stata la volta di successi come ‘Partiti adesso’ (oltre 50.000 copie), ‘Amore e capoeira’ (oltre 250.000 copie) e ‘Jambo’ (oltre 150.000 copie) ma che ne è stato di brani (validi) come ‘L’amore mi perseguita’, ‘Le cose che canto’ o ‘Momenti perfetti’? Purtroppo il largo pubblico dei lidi balneari quasi non si è accorto che siano stati prodotti e non ne ha decretato alcun successo. Certo, tornando un po’ più indietro nel tempo si trova un buon successo come ‘Volevo te’ che d’inverno si fece notare con prepotenza ma parliamo oramai di ben 5 anni fa. Un destino triste se pensiamo che spesso (non solo nel caso di Giusy) i singoli non prettamente estivi presentano una qualità nettamente superiore a quella della stagione calda o, perlomeno, meriterebbero una pari attenzione da parte di un pubblico che, però, è stato indotto ad etichettare determinati artisti come coloro i quali hanno senso di esistere unicamente d’estate.
Alla lista, poi, potremmo aggiungere tanti altri artisti che hanno scelto di correre il rischio di essere le colonne sonore perfette di ogni estate pur non riuscendo ad affermarsi in egual modo d’inverno: Takagi & Ketra c’hanno provato ma paiono aver capito che è meglio rimanere fedele alla sabbia che scotta piuttosto che alla neve, i Boomdabash eccetto il tormentone sanremese di ‘Per un milione’ sembrano essere sulla stessa via come anche Elodie che tanto ha voluto il suo ritorno a Sanremo con ‘Andromeda’ ma poi è corsa ai ripari con ben due tormentoni estivi per rilanciare un disco pieno zeppo di canzoni per l’estate e assai povero di altri colori e sfumature. Il rischio, pensate, l’ha corso persino uno come J-Ax che dopo l’esperienza con Fedez (o, forse, meglio fin da ‘Maria Salvador’) si è appoggiato su di una ricetta presenzialista che ha portato a ben pochi risultati se non la quantità di collaborazioni spesso inutili ed ha relegato il suo successo discografico unicamente (o quasi) all’estate con brani come ‘Ostia lido’ e l’ultima ‘Una voglia assurda’ che molto meglio fanno rispetto a ‘La mia hit’ o ‘Supercalifragili’ rilasciate lontano dall’ombrellone. Irama dimostra da anni di saper collocarsi in ogni periodo dell’anno ma le sue ‘Nera’, ‘Arrogante’ e probabilmente anche ‘Mediterranea’ lo identificano presso il grande pubblico molto di più di brani diversi come ‘La ragazza del cuore di latta’ che pur ha avuto un discreto successo.
L’estate è una stagione: passa. Si porta via il sole, gli amori passeggeri e spesso anche le canzoni sempre uguali ma sempre cantate ed apprezzate grazie alla loro leggerezza. Correre il rischio di esserne gli interpreti da alcuni punti di vista ne vale la pena ma per quelle voci che puntano a fidelizzare davvero il pubblico, a costruirsi un percorso artistico pieno e non ad episodi e, soprattutto, che vogliono rimanere nel tempo occorre, forse, puntare a qualcosa in più. L’estate è una stagione: passa. Si porta via anche l’età e prima o poi sarà impossibile godere della stessa credibilità di oggi mentre si canta di feste in spiaggia e bicchieri mezzi vuoti e allora che cosa ci si inventerà per tirare avanti? La pensione per gli artisti ancora non esiste…
Ilario Luisetto
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