Il cantautore ci presenta il suo ultimo ‘ZeroSettanta – Volume Uno’
E’ giunta alla sua naturale conclusione anche la nuova fatica discografica di Renato Zero che il 30 novembre 2020 si completerà con il ZeroSettanta – Volume Uno, l’ultimo dei tre capitoli facenti parte della nuova trilogia pubblicata nel corso degli ultimi tre mesi per festeggiare in grande stile i suoi 70 anni. Il cantautore romano c’ha tenuto a presentarci il suo nuovo lavoro parlando di canzoni, società e di vita:
Il tempo, nelle sue diverse declinazioni, mi sembra la vera tematica cardine di questo terzo volume. Da “I migliori anni della nostra vita” fino alla più recente “Gli anni miei raccontano” ti sei occupato spesso del mettere in musica il tempo: qual è il valore che gli dai oggi?
<<Il tempo sa essere amico e sa adeguarsi ai bisogni e alle esigenze di ciascuno di noi. Dobbiamo, però, essere consapevoli che non possiamo permetterci di fare la guerra al tempo: è una battaglia persa in partenza. Credo che la cosa fondamentale sia tenere presente che il tempo c’è sempre. Il tempo ci offre l’occasione di sanare delle controversie tra noi e il mondo oltre che tra noi e noi: è sempre dentro alle nostre azioni e per questo non solo lo rispetto, e non lo temo, ma addirittura gli sono grato perché il bilancio della mia vita mi è risultato ottimo>>.
Questo bilancio è affrontato, in qualche modo, anche in ‘Gli anni della trasparenza’ contenuto in questo nuovo progetto…
<<In ‘Gli anni della trasparenza’ faccio un riepilogo di tutte le stagioni della vita e da qui scaturisce la verità che i primi anni, quelli della leggerezza, se ne vanno via con una rapidità purtroppo fulminea ma quelli della trasparenza ci avvolgono facendoci sembrare piccoli dinanzi a questi panni. Dobbiamo chiedere quasi scusa se siamo riusciti a sfidare questo tempo e addirittura a raggiungere un’età dove il tempo stesso si sorprende di come ci siamo arrivati e dell’entusiasmo che ancora pratichiamo restando qui>>.
Dicevi poco fa di non temere il tempo ed il suo passare…
<<Il tempo lo menzionerò sempre perché tanta è la considerazione verso di lui da parte mia ma è interessante, in qualche misura, anche l’idea di doverlo temere. Il tempo non va sottovalutato non perché sia furbo ma perché il tempo rappresenta la giustizia totale: noi possiamo barattare qualsiasi elemento della nostra vita ma con il tempo non si scende a patti e questa è una cosa benefica perché ci costringe a spenderlo sempre bene>>.
In ‘Amara melodia’ ti rivolgi direttamente a quella musica che oggi pare aver dimenticato le glorie della melodia, degli strumenti, dell’ispirazione rifugiandosi in software, studi di mercato e duetti di convenienza. Nel testo dici “hanno vinto i plugin, l’arte passa la mano”: è una sconfitta definitiva a tuo giudizio?
<<Io sono nato con ‘Paleobarattolo’ in cui c’era una tematica molto autocritica perché mi rendevo conto che la società mi costringeva ad una chiusura perché non facessi dei danni, e invece ho scoperto che il danno migliore che ho fatto è stato proprio uscire ed esprimermi nella forma più libera e costruttiva. Oggi dover rinunciare ad un percorso così glorioso di brani di altissima fattura mi sembra, francamente, un tradimento nei confronti della melodia italiana. Un tradimento che non si merita perché la melodia ci ha regalato delle pagine di musica di pura letteratura: quando un artista in 4 minuti riesce a raccontare una storia facendogli superare la dimensione del tempo ed uno spazio assistiamo ad un miracolo. L’autotune oggi rende tutti omogenei ed è una cosa che non accetto: sono un cultore della personalità e rimango convinto che non si possa uniformarci eccessivamente: tutte le volte che l’uomo lo ha fatto ne è derivato spersonalizzazione, dolore e guerre>>.
Il pubblico ha accolto con grandissimo entusiasmo questo tuo nuovo lavoro discografico permettendoti di stabilire un rinnovato record (qui tutti i dettagli): che effetto fa a 70 anni essere ancora primo in tutte le classifiche a dispetto anche di tanti giovani?
<<Siamo tutti una famiglia e c’è una intercambiabilità di ruoli che favorisce la nostra ricerca della stabilità. Il fatto che un artista di 70 anni sia posizionato in cima ad una classifica discografica si riflette anche su quelli che stanno sui posti sottostanti e che ne possono ricevere un beneficio. Se c’è stato un favore da parte del pubblico è soprattutto per il rispetto di una musicalità che tiene fermamente conto della melodia e di una identità intellettuale che ci ha reso apprezzati nel resto del mondo. Lavoriamo sempre senza guardare il calendario perché spesso mente: abbiamo già visto tanti giovani sentirsi più stanchi dei settantenni che ancora vogliono cavalcare l’onda. Io voglio portare con me il ragazzo di 20 anni sull’onda e cavalcarla insieme>>.
Una sorta di esempio positivo
<<Noi continuiamo ad avere bisogno di esempi positivi che sfuggano alle notizie del telegiornale che sono dominate da malcostume, inciucio, violenze e ingiustizie. Non abbiamo una scelta così formidabile della qualità in questo mondo. Finchè non ci sarà una conversione da parte di questi signori che hanno la possibilità di occupare dei posti di primo piano forse poco potrà cambiare: è da loro che ci aspettiamo l’esempio che se non arriva tutto il resto rimane insufficiente>>.
Anche in questo volume ti sei speso per raccontare il nostro Paese e, per certi versi, la sua politica. In ‘L’Italia si desta?’ canti “ma avverto che anche tu ti senti uno straniero“: come la vivi e come la vedi questa nostra Italia?
<<‘Abbiamo rinunciato pure a pane e burro per una fetta d’ipocrisia’: questo è il verso centrale della canzone e quello che credo spieghi meglio il grande cambiamento che abbiamo fatto in ragione di un progresso che ci ha forse privato della fascinazione dell’osteria e di una vita che si mescolava senza troppi fastidi o snobberie: eravamo tutti più inclini ad accettare la verità e le necessità degli altri oltre che a sintonizzarci maggiormente con la natura>>.
Questo è un altro tema che hai particolarmente messo a fuoco in tutto questo progetto tripartito
<<Abbiamo forse perso questo rispetto verso il pianeta: c’abbiamo dato giù con le cattive abitudini dimostrando poca educazione ed attenzione verso quella che è casa nostra. Da qualunque angolazione guardiamo la questione questa è casa nostra e questa è la nostra Italia che abbiamo un po’ fatto a pezzi liberandoci di tante belle ricchezze patrimoniali elargendole ai Paesi stranieri che ne fanno oggi sfoggio a nostro discapito. Dobbiamo, secondo me, riconquistarci la nostra dignità, il nostro valore e quell’invidia che procuravamo al resto del mondo per essere un Paese così esemplare, così pieno di geni e di persone meravigliose>>
In ‘Orfani di cielo’ si assiste ad un tuo ritorno al guardare a Dio a cui canti “che copra queste vergogne, soprusi, violenze e sporche verità”. Sei riuscito a comprendere il perché l’uomo oggi viva queste realtà?
<<Non è Dio a permettere ciò che ci accada ma siamo noi i fautori di quanto ci succede attorno non avendo rispetto del pianeta e andando a sfidare la natura>>.
Ilario Luisetto
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