venerdì 22 Novembre 2024

ULTIMI ARTICOLI

SUGGERITI

Mar: “Si può trarre tanta forza dalla lotta interiore” – INTERVISTA

A tu per tu con l’artista di origine latino-americana, in uscita con il suo nuovo singolo “I mostri non esistono

A pochi mesi dal singolo di debutto “Collezionisti di pioggia”, Mar torna con un nuovo inedito intitolato “I mostri non esistono”, disponibile per Trident Music/Polydor a partire da venerdì 5 febbraio. Approfondiamo la sua conoscenza.

Ciao e benvenuto. Partiamo da “I mostri non esistono”, che sapore ha per te questo pezzo?

«Il brano “I mostri non esistono” sa di consapevolezza e rinascita. Un prendere atto di quello che è stato nel bene e nel male, sapere che nonostante tante cose a cui non eri preparato ce l’hai fatta; un urlare ai bambini nascosti nei cuori di tutti noi di dirsi la verità e reagire di fronte alle sfide e brutture del mondo, perché a chi verrà poi si potrà insegnare che certe cose esistono, sono reali tanto quanto lo sei tu quando ti guardi allo specchio, ma si possono affrontare e si può trarre tanta forza dalla lotta interiore». 

Un brano che ci invita a riscoprire il nostro lato fanciullo, quali pensieri e quali stati d’animo hanno ispirato questa riflessione?

«Il brano l’ho scritto anni fa quando mi sentivo tanto maturo da ammettere a me stesso di avere paura. Il mondo là fuori mi incuteva terrore e sentivo mancare gli affetti che la vita, per come concepita, dovrebbe darti a priori come elementi naturali: il calore di un abbraccio di mamma o papà; persone che dovevano essere familiari, ma che si comportavano come se tu fossi un passante da borseggiare, sia rubandoti qualche sentimento che danneggiando la serenità della famiglia con azioni poco coerenti con l’essere famiglia.

In quei momenti mi aggrappavo ai pensieri delle poche occasioni in cui ho sentito la leggerezza di essere solo un bambino che giocava col mondo. Chiudendo gli occhi e riguardandoli da grande, mi sono reso conto di quanto quelle piccole isole di serenità di fanciullo mi abbiano salvato, ma anche che a tutto il resto nessuno mi aveva preparato; quindi, mi sono sentito in dovere di dirmi e dire la verità. Che le piccole cose sono importanti e ci salvano, ma se ci inaridiamo perdendo quello sguardo infantile e leggero sul mondo, i suoi mali ci possono toccare fino a sgretolarci e renderci capaci di un male inconsapevole e incontrollabile».

C’è una frase che, secondo te, rappresenta e sintetizza al meglio il significato dell’intera canzone?

«Sì, la frase “Ero un cucciolo d’uomo, mi hanno detto di essere buono ma so che non lo sono; so che voglio e posso ferire”. Che non vuol dire che gli esseri umani nascono malvagi. Intendo più dire che il male esiste e anche se mi dicono che devo essere buono, io ho “pensieri cattivi” e vedo attorno a me “cose cattive”: solo perché sono un bambino o sono buono e vedo solo le cose belle oppure non merito di essere amato? Se nella mia vita qualcosa non è come si dice che dovrebbe essere io sono meno di altri? Le cose, anche se sono un bambino, mi sono accorto che possono essere difficili e si può soffrire, che vorrei poter “uccidere” i mostri che mi hanno ferito, soprattutto se sono persone che ho amato. Ma ora lo so come stanno le cose e so che non c’è niente di sbagliato in me o in come vedo il mondo. E riesco ad essere felice».

Dal punto di vista musicale, che tipo di sonorità hai voluto abbracciare? 

«L’idea è quella che il brano avvolga chi ascolta, come una coperta di linus, creando un ambiente ampio che dia la sensazione che tutto ti sia suonato lì sul momento e ogni volta scopri dei suoni che raccontano un altro pezzo di storia. Fondamentale l’ispirazione venuta dal brano “Iron Sky” di Paolo Nutini, splendido nella live session agli Abbey Road Studios». 

Facciamo un breve salto indietro nel tempo, quando e come hai scoperto che tu e la musica eravate fatti l’uno per l’altra?

«Tra i 6 e i 7 anni grazie le canzoni dei cartoni animati mi hanno insegnato l’italiano, attorno ai 10 anni canticchiavo le mie poesie e attorno ai 12 ho iniziato ad avere le prime band: passando dal cantare Ligabue, Micheal Jackson al metal spinto. Ancora non c’era il pc in casa, ma gli mp3 a pile con appena 100 canzoni che ascoltavi per anni e io passavo le ore a cantare sui terrazzi di casa o davanti gli specchi fingendo di avere il mio pubblico (cosa che faccio tutt’ora) come fosse la cosa più naturale del mondo». 

Hai dei modelli di riferimento? Degli artisti a cui ti sei ispirato nel corso della tua crescita? 

«Sì può chiedere a chiunque mi conosca, ma io dirò sempre Coldplay come primo nome. Sono stato folgorato dalla voce di Chris Martin e dal mix tra la semplicità dei testi, la bellezza delle loro musiche e la verità che ne viene fuori. Per il mondo della musica italiana la forza dei testi di Brunori Sas mi ha fatto innamorare, poi ho nel sangue quella voglia di riuscire a stare su un palco con la grinta che trasudavano i due grandi MJ (Jackson e Jordan) e l’energia di Beyoncé, l’eleganza di Stromae, l’ironia di Masego e la delicatezza di Billie Eilish. Sottolineo quest’ultimo nome perché, anche se lei è una giovane artista molto recente, nonostante avessi conosciuto voci come quelle di Birdy o di Florence, mi ha insegnato che cantare con forza non ha nulla a che vedere con cantare forte, e che godersi il peso di ogni nota e innamorarsi di ogni vibrazione crea un rapporto unico con la musica e chi ascolta, che ha il sapore di casa».

Quali sono i tuoi prossimi progetti in cantiere? Cosa dobbiamo aspettarci dalla tua nuova musica?

«Potrei sembrare banale, ma il primo progetto è continuare a scrivere tanto. C’è sempre una canzone dopo l’ultima che hai iniziato a pensare di scrivere che hai sognato di fare. Insomma, non penso mai di aver detto tutto: voglio far uscire altri brani che ho già, fino ad arrivare al disco. Poi si spera presto di poterli cantare e vivere davanti ed insieme ad un pubblico. Dovete aspettarvi di riflettere ancora, ma anche tanta leggerezza e la voglia di godersi la vita con brani che trasudino libertà e il mio desiderio di godermi gli anni che porto rimanendo anche buon allievo di Peter Pan». 

Per concludere, in un momento complicato come questo, quali sensazioni e quali sentimenti ti piacerebbe riuscire a trasmettere a chi ascolterà “I mostri non esistono”?

«In un momento come questo, in cui siamo stati colpiti da un mostro invisibile che nessuno poteva veder arrivare, vorrei trasmettere quella consapevolezza che non esistono mostri, ma esiste la vita: con tutte le sue facce buffe e le sue smorfie, che spesso ci graffia il cuore e ci sfida a combatterla a mani vuote. Ma noi esseri umani con tutte le nostre storture, siamo comunque capaci di imprese immense, di gesti d’amore, dai più piccoli ai più grandi, che cambiano il segno meno inciso sulle cose o sulle persone e rendono vivere un insieme di accidentate avventure meravigliose». 

The following two tabs change content below.

Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.