domenica 24 Novembre 2024

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Il Signore degli Anelli – Le due Torri: Barbalbero e gli Eugenio in via di gioia

Un libro, una canzone: insieme

Ci sono sempre molta tensione e grande aspettativa quando si parla della saga del Signore degli Anelli. Quando qualcuno accenna al fatto di aver cominciato a leggere uno dei libri immediatamente fioccano dal cielo come fastidiosi moscerini tutti i consigli e le osservazioni non richieste del caso. Si passa dalla più banale critica “troppe descrizioni”, all’elogio della splendida prosa, ai consigli su quale edizione sia meglio scegliere. Tutto ciò, in aggiunta alla mia disdicevole tendenza a procrastinare, mi ha portato a leggere molto tardi i libri del Signore degli Anelli, sebbene abbia letto con grande gioia Lo Hobbit parecchi anni fa. Ed ecco la prova di quanto le persone siano più spesso in grado di convincerti a non fare qualcosa rispetto che a farla.

Dunque, dopo questo mio sfogo assolutamente inutile ma estremamente catartico, ecco di cosa parleremo oggi: Il Signore degli Anelli – Le due Torri (edizione Bompiani), di J. R. R. Tolkien.

Un’analisi della trama della suddetta opera mi sembra inutile, dal momento che molti la conosceranno già se non per aver letto i libri, almeno per aver visto quei capolavori cinematografici che sono le trasposizioni realizzate da Peter Jackson. Inoltre, trovo estremamente difficile riassumere in poche righe un libro che contiene così tanti avvenimenti e personaggi interessanti.

Per avere un inquadramento generale su cosa sia quest’opera, vi basterà sapere che Le due Torri è la continuazione de Il Signore degli Anelli. La compagnia dell’anello, che racconta la formazione e una parte del viaggio di tale compagnia, composta da uomini, elfi, nani, hobbit e stregoni, per distruggere l’Anello di Sauron, il grande antagonista della saga. L’opera Le due Torri si apre nel momento in cui la compagnia si divide, ed è costituita da due libri: il primo descrive le avventure e gli incontri della maggior parte dei membri della compagnia, ed è sicuramente dotato di maggior dinamismo del secondo, che vede il viaggio dei due hobbit Frodo Baggins e Samvise Gamgee verso Mordor, per distruggere l’Unico Anello.

Anche solo da questo breve sunto si può capire perché non mi sia possibile parlare del libro nella sua interezza: ogni mio ragionamento sarebbe incomprensibile per chi non conosce già la trama e i personaggi. Dunque tenterò qui una nuova modalità di ragionamento, focalizzandomi su uno tra i personaggi che mi sembrano i più interessanti e meno conosciuti della saga.

Ne Le due Torri le figure a mio parere più peculiari e affascinanti sono quelle di Gollum e Barbalbero, ma, dal momento che dubito che il primo sia totalmente sconosciuto a un qualsiasi essere, animato o inanimato, vissuto in questo secolo, mi concentrerò sulla figura del secondo, ugualmente affascinante ma forse meno conosciuta.

Barbalbero, o Fangorn, è un Ent, un “Pastore degli Alberi”. Lo incontriamo per la prima volta nel libro I de Le due Torri, quando incontra due Hobbit membri della Compagnia dell’Anello, Merry e Pipino. Tolkien lo descrive così:

Aveva il fisico di un Uomo, quasi di un Troll, alto però più di quattordici piedi, molto robusto, con una lunga testa e quasi senza collo. Sarebbe stato difficile dire se ciò che lo ricopriva fosse una specie di corteccia verde e grigia, o la sua stessa pelle. […] Ma sulle prime gli Hobbit notarono soltanto gli occhi. […] Sembrava vi fosse dietro le pupille un enorme pozzo, pieno di secoli di ricordi e di lunghe, lente e costanti meditazioni; ma in superficie sfavillava il presente, come sole scintillante sulle foglie esterne di un immenso albero, o sulle creste delle onde di un profondo lago.

Sono molti i motivi per cui Barbalbero rientra tra i miei personaggi preferiti della saga. Innanzitutto è straordinaria l’alchimia letteraria che si viene a creare tra lui e i due piccoli e buffi Hobbit, per cui ogni scena che li riguarda si risolve in un divertentissimo connubio tra calma solenne e allegra goliardia.

“Ormai sarai stanco di tenerci sollevati”.
“Hm, stanco? No, non sono stanco. Non mi stanco facilmente. E non mi siedo mai. Non sono molto, mh, flessibile. Ma guardate, il sole se ne sta proprio andando. Lasciamo questo…come hai detto che lo chiamate?”.
“Colle?” suggerì Pipino.
“Ripiano? Gradino?” suggerì Merry.
Barbalbero ripeté assorto le parole. “Colle. Sì, era questo. Ma è un nome troppo rapido per qualcosa che si trova qui da quando fu creata questa parte del mondo. Ma pazienza. Lasciamolo e andiamo”.

Penso però che l’aspetto più affascinante dell’Ent stia nel suo essere un personaggio profondamente “attivista”. Barbalbero è a tutti gli effetti una creatura legata alla natura, guardiano degli alberi ma anche amico e parte di essi. Per questo quando il nemico, Saruman, mette in pericolo il suo mondo disboscando le foreste e uccidendo i suoi fratelli, Barbalbero non può far altro che intervenire, organizzando l’ultima marcia degli Ent, sconfiggendo Saruman e conquistando la sua torre-fortezza.

Con il personaggio di Barbalbero Tolkien fa una grande critica al suo tempo, riversando dentro uno dei suoi personaggi più riusciti il suo spirito “ambientalista”. Ciò fa di Tolkien uno scrittore estremamente critico e profondamente contemporaneo.

Ma dunque, se esistesse un Barbalbero anche su questa nostra Terra, cosa ci canterebbe? Sappiamo che l’autore del Signore degli Anelli ama far cantare i suoi personaggi, e Barbalbero è uno di quelli che canta di più nell’intero libro. Ma cosa ci canterebbe se fosse qui ora? Ci sono centinaia di canzoni relative alla salvaguardia dell’ambiente, ma mi piace pensare che, in coro con Merry e Pipino, il vecchio Ent canterebbe La punta dell’iceberg degli Eugenio in via di Gioia:

[…]
Quasi tutti i ghiacciai dei poli ai confini del mondo saranno sciolti
Nel 2050 non esiteranno più le Maldive
Poco importa, andremo in Sardegna a festeggiare le vacanze estive
Sommersa l’Olanda, scomparsa Venezia
Poco male questo mare così dolce senza sale
Diluito così tanto che lo possiamo imbottigliare
Lo chiameremo l’oceano globale
Amalgamante di tutte le provenienze, colla di ideali
[…]
Tutti i ghiacciai dei poli ai confini del mondo saranno sciolti
Gli animali di tutte le altre specie saranno estinti
Tutti i ghiacciai dei poli ai confini del mondo saranno sciolti
E gli animali di tutte le altre specie saranno estinti
Ma ci saranno le macchine volanti
(Sì, le macchine volanti)
Sfrecceranno ad alta velocità 500, 600 all’ora
Le chiameremo turbo libertà per tutti gli stupidi che dicevano:
“Tutta questa tecnologia vi renderà sciocchi”
Beh, non crederanno ai propri occhi
Case stampate in 3D, depilazione precoce
Niente più peli, congiuntivi, rinoceronti, ingegneri gestionali
L’umanità sarà l’unica sopravvissuta ai disastri ambientali

Ecco dunque la natura che si ribella, che canta la sua denuncia. Quella incarnata da Barbalbero è una natura possente, fiera, ma allo stesso tempo buona ed estremamente simpatica. Ma è anche una natura messa in crisi dalle fabbriche, dalla tecnologia e dall’uomo che non se ne cura. Ed ecco cosa pensa l’Ent, lo spirito della natura, di tutto questo:

Sia maledetto, ramo e radice! Molti di quegli alberi erano amici miei, creature che conoscevo da quando erano noci o ghiande; molti di loro avevano la propria voce, che ormai è muta per sempre. Vi sono deserti pieni di ceppi e di rovi, là ove un tempo si udiva il bosco cantare. Io sono rimasto inattivo. Ho permesso che continuassero. Ma ora deve finire!