giovedì 21 Novembre 2024

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Fuori il mondo come va?: Essere giusti

Raccontiamo l’attualità con una canzone

È da un po’ di tempo che me ne vado in giro per le strade scombinate dei miei pensieri con questa fissazione: essere giusti. Qualche anno fa, nel pieno dell’adolescenza, quest’idea cascava volentieri in uno scenario apocalittico. L’altalenante uguaglianza tra il bene e il banale, da giovani, è una squisita contraddizione. Poi si cresce, anche per poco, e rimane questa specie di rimasuglio, non dico eroico e neanche civile. Qualcosa di romantico, ecco, l’ho detto.

Cercare di essere giusti. Intendiamoci, non parlo certo di raccogliere i prodotti maleodoranti dei cani, o salutare un logorroico conoscente, o non litigare con il kebabbaro che sbaglia a portarti l’ordine. Parlo più di una certa distanza da tenere fra te e il mondo. Una corda che tiene salda la tua vita con tutto ciò che ti circonda. Cercando la sua giusta tensione, in quell’equilibrio che sa di leggerezza.

Bisogna dire che la quarantena non aiuta affatto. E se proprio vogliamo dirla tutta, neanche il mondo ti aiuta proprio al massimo. Essere giusti è come ballare un lento con una ballerina che se la sta facendo addosso dalla pipì. Tutto complicato, tutto di fretta, tutto pronto a cadere e a rompersi in mille pezzi.

Basta un piccolo sfaldamento, un’incrinatura involontaria, e tutto casca giù. E lì è un attimo che quella battuta fraintesa ti mandi in bestia, il traffico ti rovini la giornata, quell’amica che ti da buca finisce per lacerarti dentro, gli anziani diventino mostri, i bambini dei diavoli, la famiglia una prigione, la vita una tortura.

In realtà, a pensarci un attimo, è molto più logico di come possa poi sembrare. Si parte con una bella idea: essere giusti con il mondo. Un mondo che, però, se ne frega il giusto. Così ti arrovelli, ti disfi, ti incasini, cambi piani, cambi persone, e alla fine sei molto più ingiusto di come sei partito.

Dico, senza paura di sparare una fesseria, che i cuori delle persone alle quali nutro un certo tipo di intolleranza, siano probabilmente popolate dai più buoni e sani propositi del mondo. Solo che possiamo vedere solo la corda, non ciò che essa tiene unita. Un po’ come nella canzone di Edoardo BennatoUn giorno credi”.

È strano. Mi guardo attorno rendendomi conto che vivo in una paradossale coesistenza: da una parte i miei più puri sentimenti, dall’altra parte, passabili dimostrazioni di instabile sopportazione verso gli altri. E dopo l’ennesimo traffico, l’ennesima incomprensione, l’ennesimo piano andato in pezzi, ecco che quella bella idea dell’essere giusti diventa solo un ricordo di un mancato obbiettivo. Si cerca così, tutt’al più, di non essere ingiusti. Di solito non lo si diventa mai fino in fondo. Solo quanto basta per galleggiare e non doverci troppo pensare.

Poi, però, succedono altre cose. Cose normali, ma, sotto sotto, straordinarie. E allora si capisce che non è più tanto importanti cercare di essere giusti con il mondo, che tanto quello va per gli affari suoi. L’unica cosa che si può fare per tenere la giusta distanza dal mondo, così da non smarrirlo né da farsi devastare da esso, è circondarsi di persone che giuste lo sono.

E se non lo sono sempre, non importa. Basta che lo siano con te. Quello sì, quello lo posso fare. E guardandomi intorno, direi che in parte l’ho già fatto. Rispecchiarmi negli occhi di persone che mi vogliono bene, sentendomi anch’io, in parte, un poco più buono, un poco più vero, un poco più giusto, qui, in questo mondo.

Non è che ci siano tante cose più belle di questa, a voler ben vedere. Al netto di un kebab caldo alle dieci di sera, o un cane che non mi spaventa quando abbaia.

Ma quella è un’idea di giustizia diversa. Fatemi godere quella che sto vivendo ora, con le persone giuste al mio fianco. Quelle che rendono questo mio momento di vita più leggero. Questo articolo è dedicato a loro, che sanno perché. Eccome se lo sanno.