Raccontiamo l’amore con una canzone
Ho sempre odiato le telefonate. Ricevere una telefonata per me significa che c’è qualcosa che non va, un imprevisto, un problema o un’emergenza. Sarà che nella vita ne ho ricevute sempre più di brutte che di belle, ma quando vedo che lampeggia lo schermo del telefono, inizia a venirmi l’ansia. Chi mi conosce sa che non mi deve telefonare: che mi mandi un vocale di dieci minuti o venti messaggi su Whatsapp, almeno che non sia concordato della serie “ci sentiamo stasera così ci raccontiamo un po’ della vita” oppure “ti chiamo quando parto”. Poi però si cresce e si impara anche a dire “pronto” e, mentre architettiamo nuovi modi per far cadere la linea, ci accorgiamo che in rubrica ci sarà sempre un numero che vorremmo vedere comparire, anche alle tre di notte o la domenica mattina alle sette quando non riesci più a prendere sonno.
Un numero, un solo numero di telefono che ci separa. Quando guardi lo schermo e speri che solo con la forza del pensiero, dall’altra parte ci sia l’altra persona che, in quel preciso momento, sta facendo come te.
Se dovessi pensare a una storia d’amore, vedrei il pezzo del quale vi parlo oggi come la naturale prosecuzione di “Scrivile scemo” dei Pinguini tattici nucleari. Pezzo che, forse, per la precisione, avrebbe dovuto intitolarsi “Chiamala, idiota”, ma Malika Ayane si contraddistingue per la sua eleganza, quindi è stata clemente e ci ha donato “Telefonami”.
Dal suo ultimo album “Malifesto”, Telefonami è una ballata morbida, in perfetto stile Ayane, che ci accompagna nel racconto di una storia d’amore sospesa. Un pezzo con un retrogusto malinconico che non avrebbe neanche bisogno di un commento perché qui dentro c’è tutto, Malika trova l’incastro esatto tra le parole.
C’è un ricordo che porta il tuo nome
Ogni tanto mi viene a bussare
Non ti scrivo per farmi del male
Sarebbe autoreferenziale
Parole e ricordi che si intrecciano nella storia di due amanti che si perdono. La storia di un amore che con il trascorrere del tempo sembra arrivato alla fine oppure, ancora peggio, non decollare mai. Un po’ come se stessimo silenziando un sentimento che dentro di noi brucia come una fiamma nella notte. Ma ci pensate se ogni volta avessimo scritto davvero tutto quello che avremmo voluto scrivere? E tutte le cose che abbiamo scritto e poi cancellato? Allora stiamo in silenzio, perché provare a sparire è la situazione migliore quando non si trovano le parole o non si vogliono affrontare le conseguenze delle nostre azioni, non si vogliono saltare gli ostacoli che la vita ci mette davanti.
C’è un silenzio c’è scritto il tuo nome
Come un altro da collezionare
Sei la frase che appunto ogni giorno
Su un foglio mentale
Questo silenzio però non è invisibile, ha un nome e un cognome stampato in faccia, un silenzio che fa più rumore di qualsiasi gara di moto fuori dalla tua finestra. Così lo rinchiudi in una scatola e lo metti sotto al letto, insieme ai mostri o lo rinchiudi in un armadio, in mezzo agli scheletri. Ci ritroviamo ad ascoltare canzoni su canzoni e a riempire fogli bianchi con pensieri che non abbiamo mai avuto il coraggio di urlare. Quei pensieri e quei discorsi che pensiamo nella nostra testa di notte quando non riusciamo a dormire ma che, una volta davanti a quella persona, si trasformano in un “Ci vediamo presto” o in un “Fammi sapere quando arrivi a casa”.
Imparato che siamo diversi
Assodato che siamo complessi
L’attitudine è troppo prudente
O troppo sentimentale
Quanto è difficile stare al passo con il cuore che continua a correre. Proprio per quelli come me, che vanno a correre solo perché così poi possono mangiare la pizza con gli amici oppure che hanno il fiato così corto che per arrivare al quarto piano devono fermarsi cinque volte. È difficile come quando siamo al semaforo e c’è l’arancione. Si passa o ci si ferma? Teniamo il piede sull’acceleratore oppure rallentiamo e aspettiamo che diventi rosso? Come facciamo a capire se ci sono le condizioni di sicurezza per fermarci senza che nessuno ci si stampi addosso oppure se dobbiamo liberare l’incrocio? Troppo prudenti o troppo sentimentali, passiamo dal giurarci amore eterno a sparire nel bel mezzo di una tempesta, quando più ce n’è bisogno.
Telefonami
Tanto non lo facciamo più
Di quanti argomenti che non sono noi due
Potremmo parlare per ore
O anche per sempre
Se è vero che i silenzi avevano il suo nome, è anche vero che ogni volta che ci illudiamo di sentire la sua voce ci voltiamo di scatto, anche se lui non è qui, anche se lui non entrerà mai da quel portone e non si presenterà mai al lavoro con un mazzo di fiori. Così come non prenderà mai un autobus di campagna per arrivare a casa tua e tu continuerai a fissare quella porta e a rovesciare l’ennesimo caffè. Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare ma a noi, però, anime romantiche che seguono questa rubrica, una speranza rimane ancora. Allora facciamoci forza e prendiamo in mano il telefono. Componiamo quel maledetto numero e lasciamo in disparte la paura e l’orgoglio.
Rimane la possibilità di recuperare l’essenza di quel legame unico e inafferrabile che sembra volato via, perché due anime si possono rincorrere per una vita, ma prima o poi si devono trovare ad un incrocio. Lo stesso al quale il semaforo è sempre arancione. Alzare il telefono e chiedere un semplice “Come stai?”, spesso, può far riscoprire emozioni che con il tempo e con la distanza sembrano passate. Due persone così diverse ma così uguali, così speciali e lontane dal mondo che se le mettiamo insieme… è lì che accade la magia: a volte la somma non torna ma è spettacolare.
C’è sempre una canzone (d’amore) | Playlist
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