sabato 23 Novembre 2024

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Fuori il mondo come va?: Ritornare in Paradiso

Raccontiamo l’attualità con una canzone

Sarà che la notte è il palco dei poeti, o anche la tana dei nostalgici e dei cuori afflitti, ma tutto ciò che ci accade nell’arco della giornata sembra prendere senso e forma nell’esatto momento in cui il sole va a curiosare per altri cieli, lasciandoci soli con i nostri pensieri e i nostri dolori. Il sole si porta via la sua luce, e la notte ci soffia la sua solitudine. Qualche luccichio di stelle, una timida luna. Sotto di esse, persone che si tengono compagnia.

Sto con alcune di queste persone, questa notte. Personaggi pazzeschi: facce che hanno tutto da vivere davanti, ma poco per ancorarsi nel mentre. Facce di chi sa tutto ma non conosce niente. Esplosioni di corpi che non riescono a seguire il loro carattere. Timide tracce di sguardi che indicano l’amore e la tristezza che proveranno da grandi. In poche parole: ero circondato da adolescenti. E da una suora. Non adolescente, obviously, anche se le suore sono tutte un po’ adolescenti, dentro di sé.

In ogni caso, si parla del più e del meno, come spesso si fa tra ragazzi quando si da spazio libero ai pensieri nel laborioso tentativo di non far scendere neanche una goccia di silenzio. Tra questi discorsi, la religione islamica. C’è questa ragazza musulmana che parla delle differenze fra la nostra religione e la loro e di come spesso la gente giudica senza conoscere le cose. Ovviamente è tempestata di domande. E il perché non porta il velo, e il perché non si mangia il maiale, e il perché la Palestina e via dicendo..

Il discorso vira sul Paradiso, e qui gran parte delle orecchie dei tavoli attorno si girano sintonizzandosi su quella frequenza. Gli adolescenti hanno molti difetti, ma non quello di non cogliere delle occasioni in cui si parli di loro. E così il tavolo si riempie di occhi e di orecchie, ma anche di domande, pensieri, solitudini e felicità.

La ragazza musulmana parla del suo Paradiso, ma in realtà quello che sta facendo è domandare quale fosse il Paradiso di tutti noi. E così, poco alla volta, tutti i presenti trovano una risposta. C’è chi dice che il Paradiso deve essere per forza verde e azzurro. Chi ipotizza in una fortissima emozione rispetto ad un’esperienza diretta. Un posto pieno di macchine di lusso (questo probabilmente non l’ha detto la suora). Qualcuno che è come un lungo abbraccio con Dio, altri invece sostengono che è ritornare ad amare le persone che non si sono riuscite ad amare qui sulla terra. Si è detto che il Paradiso in fondo sia come la vita che viviamo qui, ma senza alcune noie o distrazioni (niente Instagram nell’aldilà, amici).

Insomma, vedo queste facce, poco più giovani di me, parlare del Paradiso e della vita che verrà. Le guardo e comincio a capire che questi qui sono milioni di anni luce più avanti di me. Perché si è smesso, non tanto di crederci, ma addirittura di pensarlo, il paradiso. Sembra quasi un tabù, una favola da raccontare velocemente ai bambini.

Invece lì, in mezzo a quelle facce, a quei corpi, a quelle timidezze e a quel coraggio, beh, mi sembra un unico grande Paradiso, quello che si raccontano. Come fosse un gigantesco dipinto dove ognuno disegnasse il suo pezzettino preferito. Che poi, a guardarli bene, non c’è poi così tanta differenza tra i vari aldilà. Tra quello musulmano e quello cristiano. Tra quello del più arrogante e del più umile, tra la cattiva e la buona, tra il religioso e l’ateo. Tutto un grande ritornare a casa.

Mi piace questa cosa. Per sapere cosa pensa una persona della vita, chiedigli come si immagina il Paradiso. A volte basta questo per uscire dall’inferno, come dice la canzone Foglie al gelo di Francesco Gabbani.

Ora è notte fonda, me ne torno a casa. Saluto ringraziando tutti della serata e mi incammino con molti pensieri in testa. Mi chiedo come vorrei che fosse il mio paradiso domani. È strano, ma non riesco proprio a figurarmelo. Conosco solo il paradiso che ho vissuto oggi. Una notte con qualche stelle, insieme a degli adolescenti con dentro la forza e l’entusiasmo di tenere in mano il mondo. E una suora.