venerdì 22 Novembre 2024

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Fuori il mondo come va?: Un orecchio in cerca di una voce

Raccontiamo l’attualità con una canzone

L’altro giorno sono andato a vaccinarmi. E fin qua, chi se ne frega. Ero in uno di quei multisala che frequentavo spesso prima dell’epidemia, un posto dove scegliere una moltitudine di storie diverse fra loro. Invece ieri eravamo un migliaio di persone a scegliere un solo gesto, quello di vaccinarsi. E fra noi, una moltitudine di storie.

Me ne stavo lì, in fila, ad ammirare il panorama: giovani, anziani, genitori con i bambini e accompagnatori dei più fragili; tutti lì, ognuno nei suoi pensieri e nei pensieri degli altri. Sarà che io sono un tipo strano, ma a me gli umani mi fanno spesso impazzire. Sembrano egoisti, presuntuosi, arrabattati nelle loro ansie, ma poi ti capita di vederli chiaramente in uno scenario non abitudinario e allora ecco che ti fregano.

Non stiamo vivendo il periodo più drammatico della storia umana, però è facile sentire l’eco dei nostri padri e dei nostri nonni, forti nelle loro disgrazie e ingiustificatamente impavidi nel loro modo di vivere con leggerezza i più grandi gesti.

E allora ti chiedi che differenza c’è fra quelli che andavano in biblioteca dopo che la città veniva bombardata, o dei maestri che insegnavano nei bunker quando sopra le loro case venivano spezzate, con le persone di oggi che zitte zitte si vanno a vaccinare. Senza rumore, ma con l’umile consapevolezza di compiere un atto che ci viene tramandato da lontanissimo: vivere con leggerezza i gesti soffocati dal mondo.

E così mi sono vaccinato, felice e soddisfatto dell’uomo e di questo suo stoico, seppur bizzarro, modo di stare al mondo. La sera stessa sono uscito in centro a fare due passi.

Mi guardavo intorno, ma di quell’idea che mi ero fatto al multisala non v’era traccia. Le ragazze strisciavano nei loro tacchi come modelle impazzite su una passerella ubriaca, i ragazzi le fissavano come prede di un pasto che spetta a loro di diritto, gli anziani delle noiose macchie lungo il marciapiede e le mamme delle oche uscite dalla gabbia.

Ma come è possibile che il (mio) mondo cambi in così poco tempo? La mattina l’uomo si salva e nella sera stessa si condanna nel suo oblio? Dove si può trovare un ordine in questo casino? Un barlume di chiarezza o comunque un modo più giusto, più vero di vedere le cose?

Domande che vanno, e domande che tornano. Bob Dylan direbbe che la risposta sta soffiando nel vento, ma mi sa non in questo Bob, non in questo. Poi ci ripenso, perché sono fatto male ma provo a rimediare, e capisco che il problema non è l’uomo. Il problema non è mai l’uomo. Il problema è solo nostro, anzi, solo mio.

È questo lungo viaggio sul confine che divide la solitudine di un’anima con la leggerezza del gruppo. In ogni caso, una tortura. Però in mezzo c’è un sapore di bellezza. Ci si rende conto di camminare lì quando si aprono nel tuo cuore immense praterie dove la fiducia nei tuoi fratelli cresce, e niente può davvero spaventarti. Perché ci si rende conto di essere sempre soli, ma mai per davvero.

E la salvezza si può trovare in ogni luogo. In un oratorio, in un centro vaccini o al carrefour alle 4 di notte come cantano i Coma_Cose nella canzone Zombie al Carrefour.

Una persona mi ha detto che tutto ciò che noi possiamo fare è seminare luci. Poi sta agli altri accenderle, o lasciarle lì sotto terra. Magari al momento è buio, ma poi guarda che panorama quando sali sulla collina.

Sarà. Magari la collina non l’ho ancora varcata, oppure spesso mi salvo e mi condanno da solo nello stesso giorno. Sono un uomo anch’io, dopotutto. O almeno ci provo.

Però più vacillo in quel confine e più mi viene in mente una frase di Gaber che diceva “siamo come un grido in cerca di una bocca”. Stupenda, solo che vorrei cambiarla. Siamo come un orecchio in cerca di una voce. Qualcuno da ascoltare. Qualcuno che ci mandi al diavolo per questi nostri pensieri stupidi che ci fanno ridere e ci fanno piangere. Una voce divina, una voce fraterna, o una voce dentro di noi, magari.

Vedremo cosa ci serberà il futuro. Intanto sono vaccinato.
È già qualcosa, no?