lunedì 25 Novembre 2024

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Letteratura A 45 Giri – “Fahrenheit 451”, Ray Bradbury e Fabio Concato

Un libro, una canzone: insieme

La prima impressione inganna

«Posso chiederle da quanto tempo fa il pompiere?»
«Da quando avevo vent’anni, dieci anni fa.»
«E ha mai letto uno dei libri che ha bruciato?»
Lui rise. «È contro la legge!»
«Ma certo.»
«È un buon lavoro. Lunedì bruci Lugones, mercoledì Maupassant, venerdì Verne, cruciali tutti e poi brucia le ceneri. È il nostro slogan ufficiale.»

Una persona accetta sempre una certa dose di rischio quando decide di leggere un classico: spesso la voglia di venire stupiti si scontra inesorabilmente con una trama che fa ormai parte del bagaglio culturale di molti. Mi è successo questo con Fahrenheit 451 di Ray Bradbury. L’idea straordinaria che sta alla base del romanzo è presto detta: in un futuro distopico, in una società iper conformista, leggere e possedere libri è severamente vietato; i tomi che sopravvivono nelle case di pochi coraggiosi vengono bruciati dai pompieri.

Come ho detto, l’idea già di per sé è straordinaria, ma fino ad oggi non penso di averle dato il giusto valore. Nel momento in cui ho letto il romanzo, infatti, ho pensato: “Beh, nulla di nuovo!”. Riflettendoci, però, mi sono resa conto di essere di fronte ad una narrazione rivoluzionaria, e se la prima impressione è quella di non star leggendo nulla di sconvolgente, ciò è dovuto a due fatti principali. Innanzitutto, l’opera è stata scritta ormai più di mezzo secolo fa, e quindi va contestualizzata. In secondo luogo la trama ormai è diventata parte della cultura di massa, la quale restituisce l’opera spesso banalizzata. L’unico modo per ovviare a questo problema, dunque, è aguzzare la vista e scendere più nel particolare delle riflessioni contenute nel romanzo. 

Le due guide del protagonista

Il protagonista, Montag è un pompiere pentito, un uomo che si è svegliato dal proprio torpore esistenziale. Lo ha fatto grazie a una ragazzina incontrata per caso, che scomparirà subito dopo le prime pagine.

Non era un uomo felice, ripeté tra sé. Riconobbe che era questa la verità, indossava la contentezza come una maschera ma adesso la ragazza era scappata, portandola con sé. Non c’era modo di bussare alla sua porta e chiedere che gliela restituisse. (Quanto Pirandello in tutto ciò!)

La figura angelica e salvifica rimane quel tanto che basta per far prendere coscienza al protagonista. Dopo questa epifania, infatti, tutto cambia, la maschera cade, e Montag rimane da solo con sé stesso. Il turbamento investe la sua vita, la pace svanisce, la grande illusione crolla. E Montag comincia a voler leggere libri, libri che fanno pensare, che pongono delle domande. Conosce così un vecchio professore che con le sue parole apre un mondo nuovo e inesplorato al nostro protagonista:

«Io non parlo di cose, signore» aveva detto Faber. «Io parlo del significato delle cose. Siedo qui e so di essere vivo».

Che affermazione rivoluzionaria per Montag che, dopo trent’anni di torpore, si è appena reso conto di essere vivo.

Tra conformismo e ragionamento, assuefazione e riflessione

In seguito il professore svelerà lo scopo, il significato ultimo dei libri in questo romanzo, potentissimo e pericolosissimo per la società descritta:

«Quindi, ora vede perché i libri sono odiati e temuti? Perché mostrano i pori sulla faccia della vita. La gente adattata vuole facce simili a lune di cera, senza pori e senza peli, dunque senza espressione.»

Come non citare, allora, contro l’omologazione, le maschere e le apparenze, Poveri Noi di Fabio Concato? Una canzone che dice una cosa e intende il suo esatto contrario, una canzone “alla rovescia” che mostra tutta l’assurdità di una società dedita alle apparenze e al consumo sfrenato.

Non amo piu’ perche’ ho paura
e poi lo sai, non sono tipo d’avventura
e le avventure sono un po’ pericolose
[…]
evviva i soldi, sara’ il mio motto:
fare la roba e pensare poco.
“Poveri noi…”
E parlo poco con l’altra gente,
diffido sempre cosi’ non rischio niente
non parlo coi perdenti e gli sfigati:
mi turba molto la miseria, gli emarginati

Ecco dunque il vero nucleo rivoluzionario di Fahrenheit 451: non i pompieri che bruciano i libri che, sì, è un’idea straordinaria, ma rimane un’idea. Ciò che rende questo romanzo una lettura che dovrebbero fare davvero tutti sono le riflessioni sul senso della vita, della memoria e del ragionamento critico. Se il lettore andrà in questa direzione, ecco che Fahrenheit 451 non sarà più il solito classico distopico che danno da leggere a scuola insieme a 1984 e a Il mondo nuovo, ma diverrà un inno al pensiero libero e alla cultura, all’anticonformismo e alla lettura.