A tu per tu con il giovane cantautore milanese, in uscita con il suo nuovo progetto discografico “Golden Hour“
A qualche mese di distanza dalla nostra precedente chiacchierata, ritroviamo con piacere Tancredi per parlare di “Golden Hour”, il suo nuovo EP disponibile per Warner Music Italy a partire dallo scorso 21 gennaio. Lo abbiamo incontrato via Zoom all’indomani della pubblicazione, per approfondire la sua ispirata e personale visione di vita e di musica.
Ciao Tancredi, bentrovato. Partiamo da “Golden Hour”, possiamo considerarlo l’inizio di una tua nuova fase artistica?
«Sì, mi sento diverso, nel senso che c’è stata un’evoluzione, un grandissimo miglioramento e questo, secondo me, è dovuto alla possibilità di lavorare affiancato da professionisti che mi capiscono. Con il mio team c’è una sintonia incredibile, per questo riesco ad andare ancora più a fondo ed esprimermi senza senza filtri. Di conseguenza, questo è un progetto vero e molto genuino, sono davvero soddisfatto del risultato».
In che termini ti è stato utile partorire i versi di queste otto canzoni?
«Ho sempre avuto difficoltà a parlare delle mie debolezze, in questo caso ci sono riuscito in maniera molto naturale, perché ho iniziato a parlarne in termini colloquiali, aprendomi sia umanamente che artisticamente. Sono riuscito a cogliere dettagli che prima non riuscivo a riconoscere. Secondo me, la scrittura gioca un ruolo fondamentale in tal senso».
Cimentarsi in questo tipo di autoanalisi è un esercizio che consiglieresti?
«Sì, assolutamente. Oltre all’autoanalisi, credo anche che il confronto sia utilissimo. Avere pareri da altre persone ci regala una visione più oggettiva delle cose, lo consiglio assolutamente, anche per imparare a vivere in modo più leggero, senza tenersi tutto dentro con il rischio di implodere o esplodere».
Dal punto di vista musicale, che tipo di lavoro c’è stato dietro la ricerca del sound?
«L’idea iniziale era quella di fare un progetto totalmente synth wave, diciamo che Dua Lipa e The Weeknd mi hanno accompagnato veramente tanto in questi questi ultimi mesi. Durante la lavorazione ho cominciato a cimentarmi su diversi generi, perchè in alcuni pezzi mi sembrava un po’ di forzare la mano. Così ho deciso di inserire strumenti suonati, ad esempio sono molto orgoglio della presenza del sax in “Golden Hour”, era una cosa che sognavo da tantissimo. Mi piace la musica analogica accostata al digitale, un mix nuovo e innovativo che rende il risultato fresco, ma anche senza tempo».
Per concludere, avendoti seguito sin dall’inizio, qual è il tuo personale un bilancio del tuo percorso finora?
«Sicuramente posso ritenermi soddisfatto nel valutare l’evoluzione di un ragazzo che ha iniziato a scrivere canzoni in camera e che si è ritrovato catapultato in uno studio vero, senza capirci inizialmente niente. Non mi sento certo arrivato, anzi spero di non sentirmi mai pienamente soddisfatto, anche perché il rischio è di non sentirmi più affascinato dalle cose che mi circondano. Oggi sento di essere a buon punto a livello artistico, anche se c’è da migliorare tante cose, ma sono fiducioso di quello che mi aspetta in futuro».
Tancredi Intervista | Podcast
Nico Donvito
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