venerdì 22 Novembre 2024

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Dani Faiv: “Nel rap funziona l’omologazione, io punto sull’unicità” – INTERVISTA

A tu per tu con il rapper classe ’93, in uscita con il suo quinto progetto discografico intitolato “Faiv

Tempo di nuova musica per Daniele Ceccaroni, meglio sconosciuto con lo pseudonimo di Dani Faiv, al suo ritorno sulla scena con Faiv, disponibile per Columbia/Sony Music a partire dallo scorso 3 giugno. Approfondiamo la sua conoscenza.

Ciao Dani, benvenuto. Partiamo da “Faiv”, come si è sviluppato il processo creativo di questo disco?

«E’ durato due anni, rispetto ai dischi precedenti ci è voluto più tempo per la realizzazione. Tutto è nato dalla voglia di dimostrare a me stesso e al pubblico che si può anche uscire dalle proprie zone di comfort e puntare all’unicità. Oggi nel rap funziona molto l’omologazione, dai concetti al modo di vestirsi. Io mi volevo staccare da tutto questo, anche se ho sempre provato a farlo negli album passati, tenendo però aperte le porte anche ad altre strade».

L’ho trovato un album molto coerente nei suoni e nei contenuti, si sente che c’è molta ricerca nelle strumentali e delle barre, in generale parecchio lavoro dietro. Se dovessimo parlare di percentuali, quanto c’è di pensato e quanto di istintivo?

«Beh, diciamo che l’istinto fa parte quasi di tutte le strofe e di qualche ritornello. Direi un 70 a 30, perché abbiamo lavorato tanto in gruppo anche con i musicisti, aggiungendo per ogni canzone le cose che mancavano. C’è stato molto ragionamento dietro al concetto disco, ma il processo legato all’ispirazione è stato decisamente naturale ed istintivo».

Nel disco ci sono diversi featuring, mi incuriosisce chiederti c’è stato un qualche criterio per la scelta degli ospiti?

«Anche in questo caso è stato determinante l’istinto, risentendo le canzoni e trovando dei possibili abbinamenti e coinvolgendo gli ospiti partendo sempre da una stima. Non chiamerei mai qualcuno che non mi piace, anche se nell’insieme ci starebbe bene in quel determinato pezzo. Diciamo che provo a far combaciare tutto. Fortunatamente penso di esserci riuscito, perché ci sono tanti artisti che stimo nel rap italiano. Non ho fatto altro che mettere insieme voci e stili diversi. Secondo me, ogni ospite ha dato la sua chiave, io ho semplicemente cercato di trovare una sorta di bilanciamento, il giusto equilibrio».

Per concludere, quali sono gli elementi e le caratteristiche che ti rendono orgoglioso del risultato finale e di “Faiv”? 

«Il fatto che sia un progetto unico, soprattutto per quanto riguarda la scena rap, dove i suoi sono spesso gli stessi e i temi si ripropongono. Ci sono voluti due anni proprio per permettere ad ogni canzone di avere una vita propria. Riascoltando questo disco posso dire: “cavolo sono tutte hit”. Credo che il segreto di “Faiv” sia proprio la cura dei dettagli, gli stessi che fanno sempre la differenza».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.