Intervista alla cantautrice che pubblica oggi il suo nuovo album d’inediti
Torna, in questo 28 ottobre 2022, Giordana Angi con un nuovo album d’inediti dal titolo “Questa fragile bellezza” che si aggiunge alla sua produzione discografica come il quarto lavoro della sua carriera. Un disco che la riporta all’essenza delle cose con dodici tracce scritte, composte e cantante quasi in solitudine per raccontare d’intimità anche se con un taglio musicale a volte possente e dinamico. La bellezza di cui parla è quella della consapevolezza di essere fragili di fronte alla vita e alle sue sfide ma di poterne comunque godere la grandezza e la meraviglia. Ecco come ci ha presentato questo disco:
Ben ritrovata su RecensiamoMusica Giordana. Partiamo da ‘Questa fragile bellezza’, un disco che hai presentato come un album speciale. In che cosa lo è?
«Non c’ho mai pensato per davvero pur avendo sempre percepito questo lavoro come speciale. Sicuramente lo è perchè ci ho dedicato tanto tempo. Un tempo diverso rispetto al solito perchè è stato un tempo più lucido e più sereno sotto tanti punti di vista. Vivo la musica con più tranquillità: mi posso permettere di stare due mesi in più su dei pezzi senza la fretta di una scadenza. Anche perchè quando faccio le cose di fretta non mi sento rappresentata come è avvenuto per ‘Come mia madre‘ a Sanremo 2020. E’ un qualcosa che vivo male. Questo disco, invece, è speciale proprio per l’esatto contrario: mi ci sento dentro».
Il titolo di questo disco non richiama banalmente quello di una canzone ma ha un elemento poetico ed ipnotico allo stesso tempo. Come ti è venuto questo titolo?
«Il titolo, per la prima volta, è nato dopo aver finito il disco. Ero partita da circa 30 canzoni scegliendo, poi, queste 12 per il legame che le unisce e per il loro essere diverse nelle storie e nelle ambientazioni musicali per non annoiarmi ed annoiare. La mia migliore amica, la mia insegnante d’italiano al liceo, mi ha suggerito il tema della fragilità che diventa bellezza. La fragilità intesa come dolore, incomunicabilità e come processo che porta alla consapevolezza. Ed è quella consapevolezza a tradursi in una bellezza profonda. Mi sono staccata dalla mia scrittura ed ho dato un titolo a questo sentire».
Ascoltando l’album si ha la sensazione di un racconto fortemente incentrato sulla parola che spesso racconta di paure e solitudini malgrado dei suoni che, talvolta, utilizza colori e forme più spensierate e leggere. Hai avvertito questa dicotomia?
«Sicuramente ho voluto basare il disco anche su questo. La traccia d’apertura, per esempio, ne è un esempio perfetto. “Notte per andare via”, in realtà, inizialmente s’intitolava “Se non t’incontro” ed era una ballata d’amore di qualche tempo fa. Il testo mi annoiava perchè era un insieme di cose già dette per cui l’ho scardinato e riscritto. Riscrivendolo ho avvertito che stessi, in realtà, parlando di voglia di ripartenza e di evasione. Sulla base di questo ho raddoppiato la velocità dando al suono un tiro energico che ne raccontasse meglio il testo. Questo è un tipo di lavoro che non ho mai fatto prima e al quale, invece, questo disco è fortemente legato».
Credi che la musica abbia ancora il compito di parlare di fragilità?
«Non lo so. Quando scrivo lo faccio per me: per rileggermi e per capirmi. Solo successivamente nasce la voglia di condividere. Una voglia che non ho ancora capito da dove nasce ma che ho sempre avuto fin da quando ero piccola e alla quale ho legato questo grande sogno per cambiare la mia vita. Non so se questo abbia la possibilità di cambiare il mondo».
In ‘Dalla parte di chi’ dici “ogni vita se vuole può ballare”. Nei tuoi testi emerge sempre forte il tema della vita e dell’esistenza. Qual è il tuo rapporto con questo tema?
«Credo di non essere una persona che riflette poco. Vivo la vita come se fosse composta sempre da due momenti: io che sento ed io che elaboro. Raramente vivo serenamente le cose senza pensarci e, anche se l’ho capito con il tempo, è stato questo il motivo che per tempo non riuscivo a capire me stessa. Quando scrivo faccio un lavoro di spontaneità buttando su carta quello che sento e che vivo».
Questo è un album che torna all’essenza concentrandosi sull’io anche dal punto di vista delle collaborazioni. Vieni da ‘Mi muovo’, un disco che conteneva tre duetti importanti, ma questa volta hai scelto di fare tutto da sola: è una casualità o una scelta?
«E’ una scelta nella casualità. Questo è un disco nato spontaneamente in un nucleo molto intimo formato da me, un autore a cui sono molto legata da sempre come Antonio Iammarino ed il produttore Gabriele Cannarozzo. Questo lavoro non ho sentito l’esigenza di condividerlo con altri artisti. Ho preferito tenerlo mio».
Studi ancora lettere e filosofia?
«Durante la pandemia ho finito il primo anno superando tutti gli esami. Poi non mi sono più iscritta per mille motivi e perchè ho voluto sfruttare questo tempo nuovo per dedicarmi a questa ripartenza dopo la pandemia. E’, però, una cosa che voglio assolutamente riprendere quando avrò l’esigenza ed il tempo per farla al meglio».
Credi che quel tipo di percorso di studi condizioni la tua scrittura?
«Penso di si. Per ritornare alla mia migliore amica, prof d’italiano al liceo, ricordo come mi ha guidato nel percorso dello scrivere. Venivo dalle medie convinta di saper scrivere bene e, invece, ad ogni tema lei mi criticava e correggeva ogni frase. Insieme abbiamo fatto un percorso intenso di letture e riscrittura. Quel tipo di lavoro mi ha dato tanto e oggi sento di aver fame di cose nuove da leggere da cui poter apprendere. Devo ringraziare quel tipo di percorso perchè penso che mi abbia formato ed ispirato».
Ilario Luisetto
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