A tu per tu con Agnese Contini, fuori dallo scorso 11 ottobre con il brano “Desert Earth” per INRI Classic / Universal Music Italia
Attraverso le note della sua chitarra, Agnese Contini con “Desert Earth” vuole raccontare la sua visione della natura e dei rapporti umani: in un mondo in cui l’aridità è protagonista, l’essere umano si trova in una realtà che lo conduce alla distruzione, alla privazione, all’inaridimento e alla demolizione dei legami con gli altri e con la natura stessa. Composto dalla stessa artista, il brano vede la chitarrista salentina accompagnata al violoncello da Ester Ambra Giannelli.
Partiamo da “Desert Earth”, quali stati d’animo hanno ispirato la composizione di questo brano?
«Tutto è partito da una malinconica sensazione scaturita dall’osservare quanto fossero cambiati i luoghi che sin da piccola ho amato. Sono salentina. Il mare, la macchia mediterranea, le campagne con ulivi e vigneti rappresentano il paesaggio salentino per eccellenza. Negli ultimi decenni, l’inquinamento, l’infezione da xylella e gli incendi hanno trasformato tutto questo. Allo stesso tempo ho pensato a come la nostra società attuale si dimostra molto spesso spettatore passivo della realtà che cambia per mano sua».
Hai parlato di un parallelismo tra la desertificazione ecologico-ambientale e l’inaridimento umano. Come si manifesta questo tema in “Desert Earth”?
«Sono sempre stata affascinata dalle colonne sonore del Maestro Morricone nei film ambientati nei deserti americani. Per questo pezzo ho immaginato un viaggio in un ambiente ostile in un futuro immaginario pieno di desolazione, in cui l’uomo è rimasto solo. Credo che nel racconto di questa storia, il connubio perfetto si sia materializzato nel “dialogo” tra chitarra e violoncello. Da una parte la chitarra è come se raccontasse la storia mentre il violoncello ne descrive l’ambiente circostante».
In “Desert Earth” sei accompagnata al violoncello da Ester Ambra Giannelli. Come è nata questa collaborazione e quale valore aggiunto pensi abbia restituito al brano?
«La collaborazione tra me ed Ester è cominciata da circa un anno e mezzo tramite l’etichetta NOS Records Label con la quale ho pubblicato “Dinamiche di volo”. Quando ho iniziato a presentare il mio primo album, la difficoltà principale è stata quella di poter trovare una formazione snella che potesse funzionare durante i concerti. Così insieme ad Ester abbiamo riarrangiato alcuni dei miei brani con il violoncello e il duo si è rivelato vincente».
Tra i tuoi ascolti figurano artisti del calibro di George Harrison e Mark Knopfler. In che modo il loro stile ha influenzato la tua musica?
«Per quanto riguarda George Harrison, mi ha sempre affasciato la sua ricerca spirituale condotta attraverso la musica che scriveva e il suo essere riflessivo. Lo chiamavano il “Quite beatle” anche per questo motivo. Mentre Mark Knopfler credo sia stata la scintilla che ha fatto innescare la mia ricerca sonora».
Cosa rappresenta per te la chitarra e cosa pensi che questo strumento possieda in più rispetto a tutti gli altri?
«Nel mio caso la chitarra è lo strumento che mi ha “vista” crescere e con il quale ho un legame affettivo molto forte. Allo stesso modo penso anche di poter dire che con la chitarra sono cresciuta molto. Mi ha dato e continua a darmi la possibilità di scoprire molte cose di me. Di aprire delle porte. Di migliorami. Questa naturalmente è la mia visione personale oltre che il mio vissuto con lo strumento. Non penso sia uno strumento migliore degli altri, penso solo sia il mio strumento».
Per concludere, quale messaggio speri di trasmettere attraverso la tua musica, specialmente in un periodo così complesso come quello attuale?
«Credo nel potere comunicativo della musica e nella sua capacità di smuovere emozioni o riflessioni. Spero solo di accendere una luce nella nostra consapevolezza».
Nico Donvito
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